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Mr. da Vinci: Prologo


Ieri, girovagando senza meta tra vari blog, sono incappato in questo post che mi ha risvegliato pulsioni lontane e profonde…Ora non posso fare a meno che iniziare una serie di post (pochi, vi assicuro) sul tema.La cosa che colpisce di più non è che uno scrittore, sicuramente molto bravo, capace di creare suspance e tenere il lettore avvinghiato al tomo, parli di argomenti scottanti o di tabù. Ciò che più colpisce nell’opera di Dan Brown è che egli, nell’introduzione al suo libro, scriva:“Tutte le descrizioni di opere d’arte e architettoniche, di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo rispecchiano la realtà”.Questo lo espone, non solo alle critiche letterarie, ma anche a quelle storiche, e religiose dato il tema.Non solo, ma in interviste rilasciate in occasione dell’uscita del romanzo diceva:“Quando ho iniziato le ricerche per scrivere il Codice da Vinci ero scettico. Ero assolutamente convinto che sarei riuscito a provare la falsità della teoria su Santa Maria Maddalena e tutto il resto. Ma dopo diversi viaggi in Europa e due anni di ricerche mi sono convinto: sono credente” (Good Morning America, ABC Television, 3 dicembre 2003).In un’altra intervista rilasciata all’NBC il 9 giugno 2003 nel programma The Today Show, alla domanda: “In quale percentuale ciò che racconta è basato sulla realtà, cioè su cose realmente avvenute?”, risponde: “Assolutamente tutto. L’arte, l’architettura, i rituali segreti, le società segrete, sono tutti fatti storici”.Sul suo sito internet (www.danbrown.com) Dan Brown afferma di avere studiato a fondo la produzione artistica e le teorie di Leonardo da Vinci.Nonostante queste affermazioni, gli accenni costanti al genio toscano fatti ne Il Codice da Vinci dimostrano che Brown ha una conoscenza alquanto confusa di Leonardo. C’è un semplice dato che lo rivela: nella versione originale del romanzo, Brown chiama l’artista “da Vinci” invece che Leonardo o Leonardo da Vinci. Si tratta di un errore così madornale che il traduttore, scrupoloso, ha scritto “Leonardo” tutte le volte che Brown ha usato “da Vinci”, tranne che nel titolo, che rivela immediatamente la scarsa familiarità di Brown con Leonardo, nonostante gli anni di “intenso studio” e le informazioni scovate in una non meglio identificata scuola d’arte di Siviglia.In conclusione: il Codice da Vinci altro non è che un’accozzaglia di invenzioni difficilmente confutabili dal lettore comune, costruite su alcuni, pochissimi dati reali, ma facilmente verificabili. Ciò rende all’apparenza il racconto più che verosimile e insinua nella mente di chi legge più del dubbio, spesso la convinzione di avere in mano La Verità e non più un romanzo. Il post citato all’inizio ne è una semplice dimostrazione.Tra le decine di invenzioni confutabili con relativa semplicità, ma da esperti, anche agnostici, del settore (nonostante gli anni di “intenso studio”), in prossimi post ne citerò alcune, per me piuttosto importanti, e che sono alla base della teoria, pardon, della Verità di Brown.