Criticinema

Il figlio di Saul


DATA USCITA: 21 gennaio 2016GENERE: DrammaticoANNO 2015REGIA: Laszo Nemes ATTORI: Geza Rohrig, Levente Molnàr , Urs RechnSCENEGGIATURA: Laszo Nemes , Clara RoyFOTOGRAFIA: Matyas ErdelyMONTAGGIO: Matthie Taponier PRODUZIONE: Laokoon FilmgroupDISTRIBUZIONE: Teodora FilmPAESE: UruguayDURATA: 107 Min La Storia 1944. Campo di concentramento di Auschwitz Saul Auslander ( Geza Rohrig) con altri prigionieri fa parte dell’unità speciale Sonderkommando, ed è costretto dai nazisti ad assisterli nel compiere gli efferati crimini che noi tutti conosciamo: derubare i prigionieri, ucciderli e bruciarne i corpi, quindi disperderne le ceneri. Saul si rende conto di ciò che fa e un giorno trova un modo per sopravvivere e riscattarsi: salvare un ragazzo morto dalle fiamme, cercare un rabbino che celebri la funzione funebre e poi sotterrarlo come giusto che sia. Saul fa di tutto: nasconde il corpo del ragazzo morto nelle baracche, perché manca il rabbino, volta le spalle ai propri compagni e smette di pensare ai piani di ribellioni e fuga. Saul per giustificare il suo comportamento con i compagni dice che quel ragazzo è suo figlio. Bravissimo il regista che attraverso il viso di Saul sempre in primo piano ci trasmette angoscia, paura, disagio. Un film che sentiamo più che vedere, i nazisti urlano, impartendo ordini atroci ai Kapo. Non vi sono primi piani dei forni crematori, delle valigie, delle pile di abiti ammucchiati: tutto viene sentito. Le immagini sono sfocate tranne il viso di Saul. Il suo sguardo è perso nel nulla, gli occhi sbarrati privi di vita ci fanno capire la tragedia di questo uomo che è costretto ad essere un aguzzino per sopravvivere. La cosa che ci colpisce è che troviamo gerarchie, scambi, e ruberie all’interno dell’unità speciale. Il film, assoluta rivelazione all’ultimo Festival di Cannes, poi insignito del Gran Premio della Giuria, è un gran film nonché un capolavoro osannato dalla critica di tutto il mondo. Non vi è colonna sonora, solo gride soffocate, urla strazianti che ci provocano disagio, angoscia, sofferenza e disgusto per i nazisti e per tutti coloro che non vedevano perché si giravano da un’altra parte.   ANGY