Il Tragitto

Il Tragitto Vol. 78


Arrivarono a New Przemysl che iniziava ad albeggiare. La Città era un catino delimitato da costruzioni sparpagliate ma vive. Qualche architetto funzionalista aveva ridotto all'essenziale la bellezza e l'aveva messa al servizio delle esigenze di sovrappopolazione del posto. Così non esistevano casette singole o ville isolate ma solo palazzi (non palazzoni) dignitosi e imponentidisegnati lungo le strade che dalla stazione di dipartivano a raggiera fino al suburbio, fino ai bordi della terra affidata al Termitaio. Frankie prese le sue poche cose nella sacca e seguì Rudge attraverso la calca, sempre eccitante, dei lavoratori impegnati a dipanarsi verso il luogo a loro assegnato. Uscirono e trovarono una piazza immensa, abbellita al centro da una fontana ciclopica e asciutta, senza tritoni o Nettuno, solo un pannello in pietre e sassi lavorati da cui fuoriuscivano schizzi della bevanda meravigliosa. Alto almeno dieci metri estendeva la sua presenza fin verso i Giardini che, a meridione, coronavano l'inzio della cittadina vera e propria, come dei capelli che segnino la chierica di un calvo. Il ragazzo era impressionato dal silenzio e dalla solennità delle strade e degli ambienti, e non perché fosse quasi il cominciamento del mattino, ma perché aveva la netta impressione che quello fosse lo status abituale del luogo. Migliaia di persone inscatolate in stupendi edifici, pronti a riversarsi all'aperto e raggiungere un altro loculo o qualche cantiere da cui innalzare il sogno ad occhi aperti. Si mossero attraverso la piazza e s'incamminarono, mentre la folla andava diradandosi, lungo un ampio viale ideato per i pedoni più che per le rade macchine. Frankie sentiva un'aria fresca e promettente colmargli i polmoni mentre i primi raggi dell'alba si facevano strada attraverso il chiostro delle sue palpebre. Il sentimento era meraviglioso. Rudge si preoccupava di fargli da Cicerone snocciolandogli i nomi di tutte le arterie principali che solcavano con i piedi e di tutte le viuzze e vicoli laterali che si aprivano improvvisamente, a destra come a sinistra. Dopo venti minuti di buona camminata sempre in compagnia delle ombredegli edifici svettanti nel cielo terso di quel giorno, arrivarono a destinazione e Rudge fece scattare la serratura della porta di ingresso di un palazzo ornato da minuscole ninfe e satiri lungo i cornicioni solenni. "Questa non pare una città, ma un tempio." Fece in tempo a dire il Ragazzo prima di sparire all'interno dell'ingresso che dava sulla tromba di un ascensore antico e curatissimo. "é una città elegante e utile." Mormorò il suo nuovo compagno. "Non c'è nulla che sia veramente fuori posto, ma non la devi pensare come un dormitorio e un posto di uffici e piccole fabbriche. Qui trovi anche i mercati all'aperto e le discoteche chiassose. Non siamo gente che non sa divertirsi. Però, ogni cosa a suo tempo, come si dice." "Prima il dovere, poi il piacere." Sorrise Frankie. "Si fanno belle feste da queste parti nei giorni comandati. L'amministrazione chiude un occhio se qualcuno alza il gomito o fa qualche stupidaggine." "Ah, già questo è positivo.""Comunque non vi è dubbio che la maggior parte del tempo è dedicata all'espletamento dei propri compiti." Arrivò l'ascensore e salirono improvvisamente silenziosi, fino a sbocciare al quinto piano. S'aprirono le vetuste porte e subito furono su un pianerottolo ben illuminato ed entrarono da una porta sormontata dalla targhetta 15 RUDGE. Al Ragazzo piaceva l'idea di non essere in tanti, e di non essere nello spirito del cantiere anche quando si chiudevano le tende. Un po' di privacy per Lui era decisiva dopo che l'aveva persa completamente nel tragitto precedente. Su indicazione del compagno depose il suo lieve carico in una stanzetta a fianco del bagno. Poi si tolse qualche piccolo dubbio :"é facile trovare lavoro nell'indotto del termitaio? Sai, Io ho poca esperienza. Non sono né operaio specializzato, né mulettista né quant'altro e....." Rudge lo interruppe con un cenno. qualcuno era entrato dalla porta principale e si stava avvicinando rapidamente al loro posto di conversazione. La porta si spalancò senza bussare e una donna vi fece la sua apparizione. Era una ragazza non brutta ma lievemente contratta, con un viso da scoiattolo, piccoli occhiali con montatura in acciaio e capelli lunghi poco sotto l'orecchio, d'un nero non naturale. Dietro il vitreo spartiacque delle lenti si indovinavano degli occhi in perenne movimento e d'un nocciola rappreso, occhi di chi ha una vaga paura e ha trascorso un'infanzia fra sensi di colpa ed eccessive incombenze. "Lei è Veronica, la mia fidanzata" Mormorò dopo averla vista entrare. "Ha la chiave della porta d'ingresso". Lei accennò un sorriso sincopato e faticoso mentre Frankie si avvicinava per scambiare i due baci rituali sulle guance ma veniva fulminato immediatamente e costretto a ripiegare il suo posto. Quella ragazza portava con sé ombre e disguidi, sordidezza e terrori. Il tutto ben celato da un trucco finemente calibrato e non invadente. Ma pur sempre un trucco. "Mi aspetti un attimo? Poi riparliamo di quello che hai accennato..." Fece il padrone di casa. Il Ragazzo annuì e si portò verso la finestra per gettare un'occhiata fugace al pozzo interno dell'edificio.