Libramente

Mandami a dire.


Di Pino Roveredo“Dolce tesoro mio, come stai? Anche oggi ti ho cercata al telefono e tu non c’eri, ma lì, nella tua lontananza, ti trattano bene? Mi raccomando: se solo ti sfiorano un capello, tu mandami a dire.”, così Pino Roveredo entrò a far parte, se non ad interpretare il ruolo di protagonista, di una delle mie pigre giornate in cui scelsi la compagnia di un libro. Scavando nella misera, seppur a volte sorprendente libreria di casa, della quale mia madre mese dopo mese arricchiva di qualche nuova uscita, un pomeriggio presi la scaletta per salire su in cima a sbirciare quei libri impolverati e dimenticati da tutti. Scartandone vari, vidi un libro dalla copertina grigia e, girandolo, lessi questa frase. Senza pensarci più di tanto m’impossessai di esso e mi rintanai nella mia stanza per iniziarne la lettura. Anzitutto mi stupì rendermi conto ben presto che non si trattava di un vero e proprio romanzo, bensì di una serie di racconti brevi. Il secondo è quello che regala il titolo al libro e di cui una citazione è scritta sul suo retro. Credo sia stato un caso, un puro caso, iniziare a leggere Pino Roveredo. Credo che, sempre per puro caso, entrò ad occupare le mie giornate radicandosi sempre più nei miei sentimenti. Il modo che ha di raccontare le cose, tante volte le sue di cose, assomiglia a un qualcosa di triste e profondo che, tuttavia, è legato al lettore, a me, come poche altre cose lo sono state. Leggendo la citazione con cui inizio il post, è facile lasciarsi ingannare pensando, con l’aria di chi sta osservando le nuvole, ad un’intensa storia d’amore tra due persone. Si tratta invece di una storia d’amore, per certi versi, emarginata dal gruppo. Le storie d’amore, quelle dei film, quelle sdolcinate, romantiche, uguali, eterne … tutte quelle criticherebbero la follia di questa storia. E’ una storia nata in manicomio, quelli che oggi non esistono più, tra due persone sensibili alla vita. La profonda tenerezza che nasce immergendosi nei pensieri del protagonista, un pazzo (come oggi lo si chiamerebbe) è una sensazione che ti tiene fisso al libro fino alla sua fine. Il lettore si augura che il prossimo racconto sia all’altezza del precedente o, perché no, migliore. E Pino non tradisce. Ogni racconto è all’altezza di questo blog e di tutti i lettori che lo hanno letto e lo leggeranno. Dicevo, è una storia, quel racconto, che lascia il vuoto. Una di quelle storie che racconteremmo come delle barzellette, forse. La storia di una ricerca, di una lacrima, di un fiore bianco, di un sentimento folle nel cuore di un insano. E’ una lettera mai spedita, un pensiero non arrivato, un messaggio perso nel via vai della vita. “Ancora una cosa volevo chiederti: come mai le lettere che ti scrivo finiscono tutte per tornarmi indietro? Non sarà mica che hai cambiato casa o città? Se sì, mandami a dire, così non mi scrivo più da solo. E continuo a cercarti anche col telefono, però da anni non risponde nessuno, ma non mi arrendo, tu sai che ho la testa dura dell’amore, così da un mese ogni giorno faccio un numero diverso e, siccome la coincidenza esiste, prima o poi ti troverò.” Ho salito quella scaletta cercando la compagnia di un libro per lasciarmi trasportare da un romantico racconto. Quello che trovai fu Mandami a dire di Pino Roveredo, racconti per tutti divisi in tanti argomenti che noi, ognuno di noi, dovrebbe leggere almeno una volta.Come vedete, la mia è una recensione un po' personale, forse troppo. Comunque sia spero di aver incuriosito qualcuno. Baci, S.