il cucchiaino

La strada per arrivare


La strada sotto i piedi non si vedeva quasi. Se avesse allungato le braccia, stendendole al massimo, anche le mani sarebbero risultate invisibile, cancellate nella nebbia che avvolgeva tutto.Continuava a camminare. A volte proseguiva con passo sicuro per alcuni metri, certo di aver trovato la direzione che cercava, come se l'avesse fiutata, come se d'improvviso l'istinto lo guidasse sul serio. Come se fosse riuscito a sentire la voce che lo chiamava.Quasi sempre queste brevi falcate decise si interrompevano,  si bloccava e non restava altro che starsene lì fermi, inghiottiti dalla nebbia e divorati dai dubbi, dalle incertezze, dalla paura di sbagliare.Poi un'ombra di coraggio, i piedi si intravedevano di nuovo, le mani, anche se invisibili nella nebbia, si muovevano. Ce la poteva fare. Una parte di sè ne era convinta. C'era solo da sperare che fosse la parte più forte. Non poteva permettersi di venir sopraffatto dai dubbi, dalle paure, dalla stanchezza perfino. Altrimenti non sarebbe mai arrivato.Ogni tanto nella nebbia si vedevano delle luci. Sembravano lampioni. O forse lanterne.Quando riusciva ad arrivarci vicino, con la certezza che lì avrebbe potuto vedere di più e finalmente trovare la strada, la luce si spengeva. Era ovvio che non era quella la luce che l'avrebbe portato a casa. Qualcun'altro c'era arrivato prima di lui. Tutto questo non era d'aiuto.All'improvviso un vento freddo fece rabbrividire ogni parte del corpo. Capì che era quasi novembre. Se davvero era novembre doveva affrettarsi.Tra la nebbia, in lontananza una luce si accese.  Gli sembrò che lo stessero chiamando.Riprese a camminare con passo sicuro in quella direzione. Avrebbe trovato la strada per nascere.