Cucinamanumaxosa

‘A cimma di Fabrizio


‘A cimma di FabrizioPortata: Secondo piattoOrigine: Liguria
‘A cimma di FabrizioRaccolta: "Ricette da leggere"Difficoltà: MediaIngredienti per 8/10 persone:1,2 kg pancetta di vitello100 gr polpa di vitello80 gr poppa [tettina]1/2 cervellaqualche pezzetto di filone2 granelli [testicoli]50 gr burro1 manciata pinoli1 pizzico maggiorana1 pizzico spezieparmigiano grattugiato8 uova1 spicchio d'agliosale1 manciata piselli1 manciata funghi secchi2 l brodo di verdurePreparazione:Utilizzare la pancetta di vitello con la sacca già pronta, preparata dal macellaio: lavarla, lasciarla sgocciolare e asciugarla.Preparare il ripieno: Far rosolare nel burro tutti i tipi di carne, scolarli e disporli su un tagliere. Tritare finemente la polpa, la poppa e l’animella; tagliare il resto a pezzetti.Raccogliere il tutto in un recipiente aggiungendo i piselli, i pinoli, l’aglio schiacciato, la maggiorana e i funghi ammollati e strizzati. Sbattere le uova e aggiungerle al composto ormai freddo; insaporire con sale, spezie e abbondante parmigiano grattugiato. Mescolare bene. Riempire con il composto i due terzi della sacca della pancetta; cucire l’apertura della sacca, avvolgere e legare la cima in un pezzo di tela bianca. Metterla a cuocere nel brodo caldo per un’ora a tegame scoperto; incoperchiare e lasciar bollire per due ore. Lasciar raffreddare sotto un peso che le faccia perdere l'acqua in più. Tagliare e servire.E' buona anche da sola ma si accompagna bene con qualche salsa di vostro gradimento. Maionese, tartara, aiolì, salsa verde, ecc.Nota:"'A cimma" [La cima - Traduzione dal dialetto ligure]"Ti sveglierai sull'indaco del mattino quando la luce ha un piede in terra e l'altro in mare ti guarderai allo specchio di un tegamino il cielo si guarderà allo specchio della rugiada metterai la scopa dritta in un angolo che se dalla cappa scivola in cucina la strega a forza di contare le paglie che ci sono la cima è già piena è già cucita [a cimma a l'è già cin_na, a l'è ca cuxia]. Cielo sereno terra scura carne tenera non diventare nera non ritornare dura. Bel guanciale materasso di ogni ben di Dio prima di battezzarla nelle erbe aromatiche con due grossi aghi dritti in punta di piedi da sopra a sotto svelto la pungerai aria di luna vecchia di chiarore di nebbia che il chierico perde la testa e l'asino il sentiero odore di mare mescolato a maggiorana leggera cos'altro fare cos'altro dare al cielo Cielo sereno terra scura carne tenera non diventare nera non ritornare dura e nel nome di Maria tutti i diavoli da questa pentola andate via Poi vengono a prendertela i camerieri ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere tocca allo scapolo la prima coltellata mangiate mangiate non sapete chi vi mangerà."Fabrizio De Andrè, Le nuvole, 1990"E’ l’arte di De Andrè far diventare poesia gesti semplici e quotidiani. Un ennesimo omaggio a Genova, alle sue tradizioni, ai suoi contrasti, ai colori forti e definiti, ai profumi leggeri e sfumati: terra e mare, storie e momenti, vissuti, immaginati o sognati, prendono la concretezza della lingua e dei sapori di questa città. Carne, maggiorana e aghi per cucire diventano i protagonisti di una poesia insieme forte e delicata, di un’immagine che sottende altri significati: gli ingredienti e la preparazione di questo classico piatto della cucina genovese si caricano di nuovi significati, e allo stesso tempo trasmettono a tutto quello che li circonda il valore antico e immutabile di una ricetta che si tramanda di generazione in generazione da secoli. Il testo originale della canzone, scritto in collaborazione con Ivano Fossati, è in dialetto genovese.""‘A cimma di Fabrizio"