STRISCE BIANCONERE

Juve: non si vede la fine della crisi


Dopo l’illusorio successo in Coppa Italia sul Napoli, la Juventus di Ciro Ferrara ritrova il feeling con la sconfitta: l’inguardabile formazione bianconera perde 1-0 sul campo del Chievo collezionando il quinto k.o. nelle ultime 7 gare di campionato. La discesa verso le zone anonime della classifica prosegue senza interruzioni e il quinto posto è una realtà per i torinesi, fermi a quota 33 dal 6 gennaio. Ferrara sfata un altro tabù: il Chievo, dal 2001 ad oggi, non aveva mai battuto la Juventus in una gara di Serie A. Con la nitida vittoria diventano 27 i punti dei veneti che marciano senza patemi verso la salvezza. La squadra di Domenico Di Carlo può sorridere dopo una prestazione incoraggiante: i veneti mettono in campo corsa e schemi. Tutto il contrario rispetto alla Juve che rischia di finire al tappeto prima ancora che gli spettatori prendano posto sugli spalti. Pronti, via e il Chievo sfiora il gol. Abbruscato, dopo appena 45 secondi, si presenta davanti a Buffon: il portiere, al rientro dopo un mese di stop, salva con un intervento provvidenziale. Dopo il lampo iniziale, il match non decolla: le pessime condizioni del terreno non aiutano le due squadre. La Juve, con l’ultimo arrivato Paolucci in attacco a far coppia con Del Piero, non punge per niente. Il Chievo cerca di sfruttare gli spazi che gli ospiti concedono: al 24’ serve una chiusura provvidenziale chiusura di Melo per fermare Rigoni. La Juve trema al 29’: Chiellini spedisce nella propria porta il pallone crossato da Pinzi, ma l’autogol è cancellato per una spinta di Abbruscato ai danni del difensore bianconero. Il vantaggio dei gialloblu è solo rinviato e arriva, meritato, al 33’. Sardo, contrastato in maniera comica da De Ceglie, può calciare senza problemi da 20 metri: palla all’angolo basso, 1-0. Chi si aspetta la reazione della Vecchia Signora rimane deluso: in campo c’è solo il Chievo che, senza strafare, va vicino al bis con Luciano che al 43’ non inquadra la porta da posizione defilata. All’intervallo, la prestazione della Juve si riassume con lo zero: niente gol, niente tiri, niente occasioni. L’inizio della ripresa non propone variazioni: nell’area di Sorrentino arriva solo una punizione di Diego al 50’. Al 66’ Del Piero, invisibile per un’ora, regala al portiere gialloblu una punizione soft: Sorrentino compie la prima parata della sua giornata. La Juve alza la voce solo per protestare contro l’irruenza di Granoche: l’attaccante del Chievo tocca pochi palloni ma in compenso usa molto i gomiti. Stende Grygera e concede il bis con Zebina, prima di rifilare una tacchettata al naso di Cannavaro. Il difensore centrale rimane in campo e al 76’ cerca fortuna nell’area avversaria: Sorrentino non ha problemi e può godersi da spettatore il finale: la Juve, fedele al copione seguito per tutto il giorno, non tira fino al 90’. A caldo, dopo un incontro negli spogliatoi, Ciro Ferrara è amareggiato. «E’ un periodo negativo, e non voglio trovare degli alibi. Non voglio pensare alle assenze, oggi avevo una rosa ristretta ma chi è andato in campo ha cercato di dare il massimo. Abbiamo subito la rete ma non abbiamo avuto una grandissima reazione, non abbiamo creato occasioni. Nel finale abbiamo provato il tutto per tutto, di sicuro giocare una partita del genere su un campo così non è da serie A. Ma il campo era lo stesso per noi e per loro». Che cosa si può fare per risollevare la squadra? «Ci sono giocatori che non sono in grossa condizioni, ma non ho tante scelte: gli uomini sono contati. Qualcuno avrebbe bisogno di rifiatare, ma in questo momento non ce lo possiamo permettere. Dal punto di vista del morale i ragazzi sono penalizzati». Ferrara non intende però gettare la spugna: «La dirigenza deve valutare la squadra, l’allenatore, ma se il problema è l’allenatore la società me lo verrà a dire. Ma direttamente non mi è mai stato detto, anche se si parla, e si ragiona. In questo momento si prospetta una qualsiasi tipo di valutazione. Io sono convinto che la squadra abbia dei valori che in questo momento non riesce ad esprimere». Secondo Ciro il problema non è il modulo, che può variare ma non troppo dal rombo con Diego dietro le due punte. «In questo momento è giusto fare giocare i giocatori nei ruoli che hanno sempre ricoperto, sarebbe inutile portare Diego sull’esterno e snaturarlo. L’intenzione è dare certezze ai ragazzi e metterli nelle condizioni migliori per esprimersi». La via d’uscita? «Non va bene niente- ragiona Ferrara- se il problema è il tecnico la società lo valuta e giudica ci conseguenza. Ci sono state sette sconfitte, ma cerco di migliorare e di far sentire la fiducia, lavorando sull’autostima. Io ci credo ancora, fortemente».
Il numero uno era al rientro, dopo l’operazione al menisco, e sperava di ritrovarsi dentro una scenografia più accogliente: «L’auspicio era quello di rientrare con una vittoria, e non certo così, ma la prestazione che abbiamo fatto non poteva portarci più in alto». Panorama desolante, insomma: «Quello che si vede - continua nell’analisi il portiere bianconero - è che in trasferta le squadre ben organizzate riescono comunque a creare quattro, cinque occasioni, e ci sta. Ci sta di meno che noi non riusciamo a creare lo stesso, a impensierire i nostri avversari. E quando sei sterile, finisce che gli altri ne approfittano». Ieri l’ha fatto Sardo con un rasoterra tracciato in una foresta di gambe, avvistato troppo tardi da Buffon. Che, al pronti e via, aveva già fatto un mezzo miracolo, stoppando il tiro di Abbruscato, lasciato in terre desolate, in area bianconera però.
Si presenta abbacchiato, arrabbiato e deluso, Giorgio Chiellini, che pigia l’allarme: «Non è vero che non ci sono obiettivi o stimoli - avverte il difensore juventino - perché la verità è che qui rischiamo di stare fuori dalla Champions League». D’altronde, lui è da settimane che lo va dicendo. E non perché non abbia voglia di vincere, o ambizione, solo non vuole andare in giro a raccontar frottole: «Allo scudetto non ci pensiamo già da Natale - aveva detto Chiello - anzi, dobbiamo essere concentrati per qualificarci alla Champions League». La sceneggiatura continua a essere disastrosa, e per essere chiaro, Chiellini non bada troppo alla forma: «A fare figure di m. non piace a nessuno». Fin troppo chiaro. E di farle, i giocatori sono stufi. Però, difende l’allenatore, perché basta accennargli l’argomento dell’esonero che subito ti stoppa: «Cambiare tecnico? In campo ci andiamo noi». L’impegno non è in discussione, e neppure progetti di ammutinamento: «Da parte di tutti c’è stato il massimo impegno, e anche con il Chievo ce l’abbiamo messa tutta». Si parla, e ci si confronta, ma sul campo tutto pare tragicamente immutabile: «I risultati ci girano contro - continua il difensore - e non riusciamo a creare un’azione. Anche sfortunati, perché neppure ci entra un tiro della domenica. Inutile, facciamo fatica». Il dramma è che il copione è sempre lo stesso. Una vittoria, una sconfitta, e via così. Da settimane. Alla fine diventa pure un tarlo mentale: «Abbiamo sette giorni per recuperare - dice ancora Chiellini - e per azzerare la testa. Però tra la partita di oggi, la vittoria di Parma e la sconfitta con il Milan non c’è differenza: sono tre partite che non tiriamo in porta». Colpa della squadra, dunque, non di altri. Senza troppi alibi, men che meno della contestazione dei tifosi, che anche ieri s’è alzata dalla curva, dal primo minuto: «Dispiace, ma in campo non si sente nemmeno».