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Meglio gli esami dell'anamnesi!


Da quando la tecnologia ha fatto irruzione sulla scena clinica i medici hanno imparato a diffidare sempre più degli strumenti che, prima dei test di laboratorio e per immagine, erano i principali ferri del mestiere: l’anamnesi e l’esame obiettivo. La scoperta dei limiti, per scarsa sensibilità e specificità, che affliggono il tradizionale approccio clinico al malato (l’esame fisico è gravato da un 20% circa di falsi negativi) ha accentuato l’esigenza di trovare conferme oggettive dagli strumenti diagnostici messi via via a disposizione dall’evoluzione tecnologica.Questo spostamento di baricentro ha portato con se una crescente incertezza e diffidenza verso le “rappresentazioni” cliniche del medico, per forza di cose venate di soggettività, quando elaborate con la sola raccolta delle informazioni anamnestiche e la semeiotica fisica al letto del malato. Poco importa che esami bioumorali, TAC, ecografie, RMN etc.. siano a loro volta operatore dipendenti e potenzialmente viziati da falsi, valori predittivi deboli, rischi di errore, imprecisione e dubbi interpretativi.Ad enfatizzare l’esigenza di “oggettività” in medicina arriva una recente sentenza della corte di Cassazione (N. 20904 del 12 settembre) con motivazioni destinate a pesare sulla pratica clinica per le loro ricadute comportamentali e segnatamente prescrittive. Secondo i giudici il medico non deve "fidarsi" delle informazioni che il paziente riferisce al momento dell'anamnesi, ma deve ricorrere a tutti gli esami diagnostici possibili in base alle evidenze del suo stato psico-fisico, privilegiando sempre l’ “accertamento più complesso ed esaustivo” (nel caso specifico la più precisa TAC in alternativa all’ecografia).La Cassazione entra a gamba tesa nella metodologia clinica, enfatizzando il ruolo delle indagini diagnostiche rispetto all'anamnesi e all'obiettività clinica, evidentemente giudicate poco attendibili. Eppure tra le due certamente l'anamnesi, se ben fatta e puntigliosa, gioca un ruolo cardine nel processo clinico, talvolta anche più rilevante dell'esame fisico. Ne sanno qualche cosa i medici di MG che, non disponendo di strumenti tecnologici a portata di mano, devono fare buon viso a cattivo gioco e sfruttare al massimo le risorse a loro disposizione, vale a dire l’esame obiettivo e soprattutto la raccolta dei dati anamnestici remoti e prossimi. Peraltro negli ultimi anni a fronte del calo delle quotazioni diagnostiche di molti segni clinici - per scarsa specificità o per un significato patognomonico rivelatosi illusorio - si è assistito ad una speculare rivalutazione della dimensione narrativa, della ricostruzione storica delle vicissitudini sanitarie, sia per una rilevanza diagnostica intrinseca che per la valenza formativa e cognitiva.In ogni caso questa sentenza da un'ulteriore formidabile spinta alla medicina difensiva, già così pervasiva e di di cui non si avvertiva la necessità. «L'applicazione del principio della Cassazione mina l'appropriatezza dei percorsi diagnostici, costringendo i sanitari a sottoporre i cittadini a un innumerevole numero di esami» ha commentato il segretario della CGIL medici Massimo Cozza, sottolineando come già ora la medicina difensiva comporti “oltre 10miliardi di sprechi di spesa sanitaria” per prescrizioni inappropriate e non di rado a rischio jatrogeno, specie in campo radiologico.La squalifica dell'anamnesi anche sul piano giuridico, a favore degli esami diagnostici, potrebbe avere particolari ricadute pratiche sulla medicina generale poichè il generalista è un "anamnesiologo" per antonomasia. Non tanto per una scelta eccentrica o retrò ma per necessità, non potendo ricorrere alla tecnologia diagnostica come invece è ormai prassi nelle strutture di Pronto Soccorso e nelle corsie ospedaliere. A meno che anche la MG si attrezzi con dotazioni strumentali alla sua portata, ad esempio nelle future forme organizzative complesse, come ecografi, spirometri etc.., oppure tramite la telemedicina, ad esempio teleconsulti cardiologici con ECG etc..