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Sanità e paradossi (V): esami indispensabili o inappropriati?


Sono passate poche settimana da quando, nel precedente post, commentavo la sentenza della Cassazione che indirettamente consigliava ai medici di non fidarsi troppo dell’anamnesi e di prescrivere sempre l’esame più adatto ed utile a risolvere il problema clinico. Insomma bando a dubbi e titubanze e via con gli accertamenti diagnostici per il bene dell’assistito, anche per prevenire accuse di trascuratezza e malapratica, con inevitabile incentivo per la medicina difensiva.A stretto giro di posta, per usare un’espressione giornalistica un po’ logora, è arrivata la doccia fredda che propone l’ennesimo paradosso sanitario. Questa volta tocca ai radiologi tirare le orecchie ai colleghi prescrittori, ma per motivi opposti rispetto ai giudici: i medici pratici prescrivono troppi esami in modo inappropriato, addirittura un terzo del totale sul milione di RX-grafie, TAC, ECO, Risonanze etc.. che vengono eseguite annualmente in Italia. Con inevitabili conseguenze, facilmente intuibili: sprechi di risorse, sovraccarico per le strutture, rischi radiologici per gli assistiti etc..E' facile valutare le prescrizioni altrui, specie con il senno di poi e senza essersi immischiati nella relazione clinica! L'arma principale per la gestione dell'incertezza in medicina è la conoscenza, l'acquisizione di nuove informazioni per ridurre il rischio di errore cognitivo e di malapratica. Per valutare l’appropriatezza delle richieste bisogna mettersi nei panni di chi affronta un problema "ex ante", cioè in posizione di ignoranza o di conoscenza imperfetta rispetto a chi invece è in grado di valutare e giudicare "ex-post", cioè dopo che è terminato l'iter clinico e sono state acquisite tutte le informazioni in base alle quali è possibile rivalutare le decisioni.  La psicologia della decisione ha coniato, per questo tipo di distorsione, una specifica categoria, ovvero indsight bias (bias del senno di poi), che consiste nella tendenza a dare un senso agli eventi passati, descrivendoli come conseguenze inevitabili di condizioni che erano presenti fin dall’inizio.La valutazione a posteriori è tipica del contesto emergenziale: in PS il codice bianco o verde viene attribuito sempre dopo che sono stati eseguiti tutti gli accertamenti, spesso in modo "automatico" o perché previsti da protocolli o linee guida diagnostiche. Ad esempio in caso di dolore precordiale non correlato a coronaropatia l’assistito verrà dimesso, con il codice verde, solo dopo essere stato sottoposto a ripetuti ECG, esami del sangue e spesso anche ECOcardiogramma. Va da se che non è possibile attribuito il codice di priorità prima di iniziare l'iter diagnostico o addirittura rinunciando all'esecuzione degli esami i quali, se negativi, saranno tipicamente inappropriati. Insomma non sempre si è in grado di decidere a priori se un esame è o meno appropriato a prescindere dai casi particolari, dalla tipologia del disturbo e del contesto clinico.Il problema si pone a maggior ragione di fronte a sintomi aspecifici, vaghi, atipici, di sospetta  origine "funzionale" o psicosomatica e che pongono comunque un problema di diagnosi differenziale con veri e propri disturbi organici. Si tratta delle situazioni tipiche della medicina generale che deve affrontare una variegata gamma di sintomi spesso nelle fasi iniziali di un processo patologico, di difficile interpretazione e inquadramento diagnostico. Chi negherebbe, ad esempio, un'ecografia ad un paziente che lamenta sintomi di dispepsia funzionale, anche se la probabilità a priori di malattia è, sulla base dell'anamnesi, abbastanza bassa? E' tra questi accertamenti che si annidano il maggior numero di esami inappropriati, che tuttavia possono essere definiti tali solo al termine dell'iter clinico.Di fronte all'incertezza, alle zone grigie, a sintomi anomali, inspiegabili e fuori dagli schemi - la casistica quotidiana della MG che non supera la soglia nosocomiale e probabilmente rimarrà  anche al disotto di quella diagnostica - è giocoforza fare ricerche non tanto per confermare un'ipotesi particolare ma solo per escludere la presenza di una condizione patologica, per confutare un'ipotesi di malattia con bassa probabilità. Che fare in questi casi? Negare un minimo di accertamenti perchè probabilmente risulteranno a posteriori inappropriati? Rischiare di scontentare l'assistito e con l’insoddisfazione anche la ricusazione?Il medico dipendente non ha problemi di questo tipo e può negare l’accertamento di dubbia appropriatezza, forte della sua posizione di "autorita'" specialistica, anche perchè non rischia di subire conseguenze. Ma per il MMG è diverso, la sua posizione è piu' delicata e deve sempre mediare. Ecco un ulteriore esempio pratico in un altro settore della diagnostica, quello degli esami ematici. Una percentuale vicina al 30% delle prescrizioni di esami del sangue sono rilasciate dal MMG a fronte della richiesta degli assistiti, in genere sani e asintomatici, di eseguire "tutti gli esami" a scopo rassicurativo e sulla spinta delle raccomandazioni dei media sulla prevenzione. Sono in gran parte esami a rischio di inappropriatezza, ma come fa il MMG “medio” negare sistematicamente la prescrizione?Quale soluzione, allora? C’è chi propone di far valutare clinicamente ai radiologi tutti gli assistiti prima di ogni RX-grafia, ECO, TAC, RMN etc., anche per poter condividere la responsabilità medico-legale e relazionale per l’eventuale diniego dell’esame di dubbia appropriatezza.  Ma non è certo una proposta praticabile nella routine dell’ambulatorio generalistico, a prescindere dai problemi logistici e dalle risorse di tempo e relazione tra i vari professionisti.