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Lo strano caso della moglie dell’ambasciatore e la clinica dei VIP


Questa volta l’ambasciatore russo in Italia, a differenza di tanti VIP frequentatori della Clinica romana Pio XI che staccano pingui assegni senza better ciglio, ha reagito eccome. Inforcata la penna ha vergato una pacata lettera di rimostranza e chiarimenti per l’ordine dei medici della capitale (http://www.repubblica.it/cronaca/2015/01/17/news/lambasciatore_russo_e_la_stangata_in_clinica_parcella_da_18mila_euro_per_visitare_mia_moglie-105118352/?ref=HREC1-5).Nel mese di ottobre la moglie era stata ricoverata nella prestigiosa clinica privata per 24 ore, a seguito di un disturbo intestinale, e dimessa, peraltro senza una diagnosi e in buona salute, dopo un turbillion di accertamenti diagnostici e consulenze:visita cardiologica, angiologica, ortopedica, gastroenterologica, anestesiologica, oncologica, dermatologica, oculistica; EGDS, colonscopia, (con sala operatoria, anestesista ecc), test bioumorali, ecocolodoppler, ecografia, RMN vertebrale, TAC con mdc total body, densitometria ossea per un totale di quasi 18000 Euri, di cui 5000 per la parcella, peraltro ancora non incassata, del medico che in clinica aveva coordinato e seguito personalmente tutti gli interventi medico-sanitari eseguiti a tempo di record dai vari professionisti.L’episodio ha fatto scalpore per la parcella salata recapitata al malcapitato ambasciatore ma il suo significato è ben più ampio e pone prima di tutto una questione di metodologia clinica e di appropriatezza. Questi elementi sembrano proprio i grandi assenti  nel tortuoso percorso imboccato dalla signora suo malgrado, che ha combinato in una mezza giornata un classico check-up a 360 gradi con indagini cliniche relative al disturbo lamentato, definito di natura ipocondriaca dal medico coordinatore della composita equippe.La vicenda ha amplificato e fatto emergere, come in una sorta di analisi al microscopio, alcuni dei vizi che si annidano sotto traccia nella pratica clinica quotidiana: accertamenti diagnostici richiesti a tappeto senza un precisa ipotesi diagnostica, misconoscimento del ragionamento epidemiologico, scarsa considerazione per le probabilità a priori e per le inferenze bayesiane, medicina iper-difensiva per una fiducia acritica nella tecnologia a prescindere da sensibilità,  specificità, verosimiglianza, valori predittivi e a scapito dei precetti della logica e della metodologia clinica. “E se c’era una cosa di cui non mi accorgevo?” ha ribattuto il dott. Pietropaolo alla contestazione del giornalista di Repubblica: “Quello sarebbe stato un errore grave. Se tutti a una certa età facessero dei Chek-up si intercetterebbero molte malattie” (sic!).Per non parlare di linee guida, protocolli e percorsi diagnostici, buone pratiche cliniche, valutazione rischio/beneficio ed effetti collaterali/complicazioni, criteri di appropriatezza diagnostica, clinica ed organizzativa, evidentemente sacrificati sull’altare del mercato sanitario per solventi.  Pare che lo stesso trattamento venga riservato a tutti i clienti big/vip che accedono agli ambulatori e alla degenza, forse convinti di ricevere grazie alle esorbitanti parcelle il migliore trattamento medico-sanitario disponibile sul mercato.  Si sa che celebrità, soggetti facoltosi, grandi manager e professionisti, membri a vario titolo delle diverse caste socio-economiche non frequentano di certo affollati ambulatori, corsie o pronti soccorsi intasati delle strutture pubbliche o private convenzionate con il SSN. A loro è riservata la sanità privata al 100%, quell’esclusiva corsia preferenziale e di seria A che alla dimissione presenta il conto. La sensazione è che struture pubbliche e private convenzionate, da un lato, e sanità privata al 100%, dall'altro, si collochino in mondi paralleli separati da una barriera insormontabile per incomunicabilità culturale e scientifica.  A quanto pare gli esami sono risultati tutti negativi e quindi era verosimilmente una delle tante virosi intestinali autolimitanti stagionali, che si risolvono spontaneamente con qualche farmaco sintomatico, dopo un'attenta valutazione anamnesi ed un normale esame clinico. Insomma bastava saper aspettare 24-48 per concedere una vigile attesa all’opera della vis sanatrix naturalis, prescrivendo banali sintomatici come antinausea, anti-acidi o fermenti lattici, senza bisogno di inutili accertamenti diagnostici, inappropriati e superflui. Insomma una sorta di accanimento diagnostico e preventivo, di matrice scientista e positivista, a base di un ricorso ossessivo alla tecnologia medica e sordo al banale buon senso clinico, quello del vecchio medico di famiglia! Verrebbe da commentare: è il mercato sanitario allo stato puro, bellezza, condito con generose dosi di medicina difensiva e un malinteso scrupolo professionale, naturalmente in scienza e coscienza. Fin dalla sua nascita l’economia sanitaria si esercita nell’analisi del cosiddetto “fallimento del mercato in sanità” (asimmetria comunicativa, funzione di agenzia, induzione della domanda da parte dell’offerta, conflitti di interesse, comportamenti opportunistici, azzardo morale etc..); forse in questo episodio gli economisti sanitari accademici potrebbero trovare un case study per le loro lezioni e la dimostrazione empirica di un macroscopico e trionfale fallimento del mercato.