Cureprimarie

Staffetta generazionale a rischio paternalismo


Il graduale passaggio di consegne tra medici pensionandi e giovani colleghi prospettato dall'Ente pensionistico medico (part time a fine carriera, con dimezzamento del massimale e parziale anticipo della pensione per coprire i mancati compensi, che andrebbero ad un giovane medico da affiancare al massimalista) può forse funzionare sul piano economico, ma non regge su quello deontologico, relazione e della responsabilità professionale (http://www.fimmgroma.org/news/news/italia/9315-enpam-part-time-a-fine-carriera,-ecco-come-sar%C3%A0). Come può Il medico titolare continuare a gestire formalmente i 1500 assistiti in carico, "subappaltandone" nel contempo la metà ad un giovane "garzone" di bottega, che tra l'altro non è stato formalmente scelto dalla gente. Che fine fanno il rapporto di fiducia tra curante e assistiti e il principio della libera scelta del cittadino? E la responsabilità professionale della gestione della salute della popolazione a chi compete? Con questa soluzione si crea un rapporto ambiguo tra medico pensionando e giovane collega, analogo a quello dell'associazionismo vigente all'inizio degli anni ottanta. All’indomani del varo della prima riforma sanitaria, la “mitica” 833 del 1978, si pose il problema dei supermassimalisti, ovvero dei mutualisti/ condotti anziani che avevano accumulato fino a 3-4000 assistiti, specie nelle zone rurali meno appetibili. Per convincerli rientrare nel massimale di 1500-1800 scelte, rinunciando agli assistiti in eccesso senza ricorrere alla ricusazione, fu inserito nella convenzione un consistente aumento della quota capitaria in modo da compensare la perdita economica derivante dalla consistente riduzione del numero di “mutuati”. Onde evitare il trauma della ricusazione per migliaia di “mutuati” in alcune regioni, come la Lombardia, fu escogitato il cosiddetto “associazionismo”, in base al quale l’anziano mutualista veniva affiancato da un giovane medico, scelto a sua discrezione e a prescindere da graduatorie, punteggi di merito etc..., per assistere i pazienti eccedenti il massimale di scelta.  Una pessima soluzione, di stampo clientelare e paternalistico/nepotistico, penalizzante per i medici neo-inseriti in base alla graduatoria convenzionale, che venivano ad essere collocati in ambiti territoriali del tutto virtuali, poiché il rapporto ottimale era falsato dalla presenza dei medici associati, in sovrappiù rispetto alla “pianta organica” ufficiale. Oggi i giovani medici di allora, passati dall’altra parte della barricata generazionale in posizioni dirigenziali sindacali e nell’ente previdenziale, ripropongono a distanza di 30 anni una formula ambigua per favorire il passaggio di consegne tra generazioni; lo scarsissimo appeal della proposta ENPAM  è testimoniato dalle reazioni dei colleghi usciti dalle scuole di formazione in MG, timorosi di essere ridotti al rango di “portaborse” o addirittura di dover subire una sorta di “caporalato”, senza tutele e regole. Tutto dipenderà dai criteri in base ai quali verrà scelto il giovane medico da “associare” all’anziano professionista. Di sicuro sarà favorevole alla proposta ENPAM la cerchia parentale del medico pensionando, nello spirito del familismo nazionale.