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Il governo torna alla carica sulle prescrizioni diagnostiche inappropriate

Post n°75 pubblicato il 27 Luglio 2015 da bellegi0
 

Verso la fine di aprile la proposta di introdurre la responsabilità patrimoniale per i medici (dipendenti e convenzionati) rei di prescrizioni diagnostiche inappropriate aveva provocato lo sconcerto della categoria e delle organizzazioni degli assistiti. Secondo l’emendamento elaborato dalla Conferenza delle Regioni entro 30 giorni dall'entrata in vigore le regioni dovevano stabilire le indicazioni prioritarie e le condizioni di erogabilità delle prestazioni di assistenza specialistica (Ecografie, TAC, Risonanze, esami ematici etc..). In caso di violazione dei protocolli di appropriatezza era prevista una riduzione del trattamento economico accessorio, nel caso di dipendenza, o degli incentivi economici per i medici convenzionati.

A seguito delle proteste, la proposta di far pagare ai medici gli esami diagnostici prescritti in modo inappropriato era stata criticata pubblicamente e di fatto accantonata dalla stessa ministra della salute, con una dichiarazione che aveva tranquillizzato tutti. Ora invece, con un clamoroso voltafaccia, rispunta in un'intervista domenicale a La Repubblica del responsabile per la Spending Review, l’economista Gudgeld, e viene subito inserita con un colpo di mano parlamentare nel maxi-emendamento del governo al disegno di legge enti locali, addirittura con la previsione di un successivo voto di fiducia, vista la ripetuta mancanza del numero legale in Senato.

Quest’ennesima iniziativa di promozione per legge dell'appropriatezza diagnostica è criticabile per due ordini di motivazioni generali. Prima di tutto perchè in caso disintomi aspecifici non si possono applicare criteri di appropriatezza pre-definiti in astratto che, è bene ricordarlo, sono per definizione codificati partendo da popolazioni selezionate e disturbi specifici. In secondo luogo la parte pubblica, con questa proposta, applica al delicato settore delle prestazioni diagnostiche la logica punitiva ispiratrice delle Note CUF (poi AIFA) per i farmaci a carico del SSN: chi sbaglia paga!

A suo tempo una delibera regionale lombarda di analogo contenuto - l’obbligo della diagnosi per le richieste di indagini cliniche - fu “contestata” dai sindacati* con argomentazioni valide anche per questa tematica affine. In entrambi i casi vale la distinzione tra conoscenza a priori o ex-ante (implicita nelle linee guida e nei protocolli di appropriatezza) e quella invece che si concretizza via via nel corso del processo clinico, fatta di riflessione nel corso dell'azione, tentativi ed errori, adattamento degli strumenti di conoscenza all'evoluzione dell’iter diagnostico, in quella sorta di conversazione riflessiva con la situazione problematica, definita dal cognitivista Schoen fin dagli anni ottanta.

Va da se che questo approccio è tipicamente a posteriori, o ex-post, e si realizza sia nella fase diagnostica sia in quella terapeutica, in un processo interattivo, di aggiustamento progressivo tra rappresentazione della realtà ed esiti degli interventi diagnostico-terapeutici. La dialettica tra conoscenze a priori (Linee Guida, criteri, Percorsi diagnostici etc..) e a posteriori vale in particolare per le indagini diagnostiche prescritte per la valutazione di un rischio biologico e per l'inquadramento diagnostico dei disturbi aspecifici osservati in MG.

La logica a priori irrigidisce il processo conoscitivo-terapeutico in schemi fissi e teoricamente adatti a tutte le situazioni, trascurando sia i casi particolari, sia la multiforme casistica di disturbi aspecifici (astenia, febbricola, malessere generale, calo ponderale e del desideriosessuale, prurito, sudorazioni, crampi, dolori e gonfiori addominali, dispespie, toracoalgie e dispnee, cefalea e artralgie "sine materia", eritemi e formicolii, faringodinie, disturbi psicosomatici in genere etc...) di presentazioni atipiche, di sintomi strani e bizzarri, che non superano la soglia diagnostica e restano sospesi come in una sorta di limbo clinico.

Per le caratteristiche epidemiologiche della MG, non è sempre possibile abbinare alla prescrizione di un esame una chiara diagnosi o ipotesi diagnostica e di riflesso individuare alcuni accertamenti appropriati, pre-definiti in modo rigoroso ed univoco. Si tratta della parte tacita e non codificabile della professione medica, inerente alla peculiarità della disciplina; il MMG deve affrontare quotidianamente sintomi bizzarri, vaghi, aspecifici, indefiniti, al confine tra fisiologia e patologia, soma e psiche, funzionale ed organico, che raramente arrivano all'attenzione della medicina di II° livello, difficili da schematizzare e ricondurre a modelli standardizzati di comportamento e decisioni appropriate.

Esiste una categoria di assistiti che esemplifica in modo peculiare queste difficoltà pratiche e costituisce nel contempo una delle maggiori sfide diagnostiche per il medico di MG: gli assistiti che presentano i cosiddetti MUS, acronimo inglese che sta ad indicare i sintomi medici inspiegabili. Le statistiche dicono che questi disturbi rappresentano il 15-30% delle consultazioni ambulatoriali e restano inspiegabili anche dopo accertamenti diagnostici e consulenze specialistiche ripetute. Il guaio è che l’etichetta di MUS (Medical Unexplaned Symptom) viene attribuita dopo che sono stati portati a termine uno o più tentativi per trovare una spiegazione diagnostica sulla base di indagini cliniche.

E’ quindi logicamente impossibile stabilire a priori se un assistito è portatore di uno di questi sintomi e, d’altra parte, la fenomenologia clinica dei MUS è così variabile e multiforme che è praticamente impossibile stabilire, sempre a priori, quali siano gli accertamenti appropriati per ogni singolo caso. In queste situazioni, a quale pool di criteri di appropriatezza diagnostica si dovrà fare riferimento per prescrivere accertamenti in modo corretto, onde evitare di pagare di persona per esami inappropriati? Il compito è praticamente impossibile dal punto di vista metodologico e pratico.

L’annunciata manovra governativa è un proposito velleitario e controproducente e le ricadute saranno tutte sulla gente, costretta a fare la spola tra un ambulatorio e l'altro, da uno specialista all'altro per fare gli esami, per poi finire in un centro privato dove mettendo mano al portafoglio si può fare di tutto e di piu'. Ecco quindi il primo vero provvedimento di privatizzazione (mascherata) della sanità, camuffata da promozione dell'appropriatezza, che nessun'altro governo di centrodestra aveva mai osato introdurre e che apre la strada alle assicurazioni sanitarie. Un evidente autogol per il partito da sempre paladino della sanità pubblica, con un probabile effetto boomerang elettorale per il governo.

A parte l'intrinseca difficoltà di stabilire quali sono gli esami giusti in ogni situazione e di applicare i relativi protocolli, questa norma sarà la pietra tombale per la più grande rivoluzione e semplificazione burocratica, a costo zero per il sistema e gli ammalati, ma purtroppo ancora lettera morta in molti contesti: vale a dire l'obbligo per lo specialista, a norma di convenzione e delibere regionali, di prescrivere ulteriori accertamenti per rispondere al quesito clinico del medico di MG, utilizzando il ricettario regionale a disposizione di tutti i professionisti del SSN, senza costringere gli assistiti ad un'inutile andirivieni tra ospedale e studio del MMG, con relative attese, perdite di tempo, procedure telefoniche per la prenotazione etc..

Questa semplice regola di buon senso, assieme all'obbligo di certificazione di malattia INPS alla dimissione dopo il ricovero ospedaliero, rappresentano due caposaldi per migliorare e semplificare la vita dei pazienti e del sistema nel suo complesso. Ma proprio per questo sarà la prima vittima degli effetti perversi delle norme proposte per contenere le prescrizioni inappropriate/difensive elaborate dal consigliere economico governativo, che paradossalmente proclama di voler migliorare il livello di efficienza delle strutture e soprattutto dei servizi per gliassistiti. Infine i medici saranno indotti a prescrivere sul ricettario personale gli esami a rischio di inappropriatezza, onde evitare di dover pagare personalmente, mentre gli assistiti si dovranno rivolgere alle strutture private.

*Perchi volesse approfondire ecco le considerazioni del 2009 sull'obbligo delquesito diagnostico in Lombardia: https://dottorbelleri.files.wordpress.com/2014/08/quesito-

 
 
 

Staffetta generazionale a rischio paternalismo

Post n°74 pubblicato il 27 Giugno 2015 da bellegi0

Il graduale passaggio di consegne tra medici pensionandi e giovani colleghi prospettato dall'Ente pensionistico medico (part time a fine carriera, con dimezzamento del massimale e parziale anticipo della pensione per coprire i mancati compensi, che andrebbero ad un giovane medico da affiancare al massimalista) può forse funzionare sul piano economico, ma non regge su quello deontologico, relazione e della responsabilità professionale (http://www.fimmgroma.org/news/news/italia/9315-enpam-part-time-a-fine-carriera,-ecco-come-sar%C3%A0).

Come può Il medico titolare continuare a gestire formalmente i 1500 assistiti in carico, "subappaltandone" nel contempo la metà ad un giovane "garzone" di bottega, che tra l'altro non è stato formalmente scelto dalla gente. Che fine fanno il rapporto di fiducia tra curante e assistiti e il principio della libera scelta del cittadino? E la responsabilità professionale della gestione della salute della popolazione a chi compete? Con questa soluzione si crea un rapporto ambiguo tra medico pensionando e giovane collega, analogo a quello dell'associazionismo vigente all'inizio degli anni ottanta.

All’indomani del varo della prima riforma sanitaria, la “mitica” 833 del 1978, si pose il problema dei supermassimalisti, ovvero dei mutualisti/ condotti anziani che avevano accumulato fino a 3-4000 assistiti, specie nelle zone rurali meno appetibili. Per convincerli rientrare nel massimale di 1500-1800 scelte, rinunciando agli assistiti in eccesso senza ricorrere alla ricusazione, fu inserito nella convenzione un consistente aumento della quota capitaria in modo da compensare la perdita economica derivante dalla consistente riduzione del numero di “mutuati”.

Onde evitare il trauma della ricusazione per migliaia di “mutuati” in alcune regioni, come la Lombardia, fu escogitato il cosiddetto “associazionismo”, in base al quale l’anziano mutualista veniva affiancato da un giovane medico, scelto a sua discrezione e a prescindere da graduatorie, punteggi di merito etc..., per assistere i pazienti eccedenti il massimale di scelta.  Una pessima soluzione, di stampo clientelare e paternalistico/nepotistico, penalizzante per i medici neo-inseriti in base alla graduatoria convenzionale, che venivano ad essere collocati in ambiti territoriali del tutto virtuali, poiché il rapporto ottimale era falsato dalla presenza dei medici associati, in sovrappiù rispetto alla “pianta organica” ufficiale.

Oggi i giovani medici di allora, passati dall’altra parte della barricata generazionale in posizioni dirigenziali sindacali e nell’ente previdenziale, ripropongono a distanza di 30 anni una formula ambigua per favorire il passaggio di consegne tra generazioni; lo scarsissimo appeal della proposta ENPAM  è testimoniato dalle reazioni dei colleghi usciti dalle scuole di formazione in MG, timorosi di essere ridotti al rango di “portaborse” o addirittura di dover subire una sorta di “caporalato”, senza tutele e regole. Tutto dipenderà dai criteri in base ai quali verrà scelto il giovane medico da “associare” all’anziano professionista. Di sicuro sarà favorevole alla proposta ENPAM la cerchia parentale del medico pensionando, nello spirito del familismo nazionale.

 

 
 
 

La tormentata storia della Nota 48 tra ospedale e territorio

Post n°73 pubblicato il 21 Giugno 2015 da bellegi0
 

 

Fin dal loro esordio, nel lontanissimo 1993, le Note CUF/AIFA sui farmaci prescrivibili sono state oggetto di controversie, incomprensioni e proteste da parte della MG per la scarsa sensibilità dimostrata dagli specialisti nei confronti delle limitazioni prescrittive. La riforma del 1999, per porre rimedio ad un’evidente asimmetria nell’osservanza delle Note, introdusse una comma ad hoc, il cosiddetto obbligo di appropriatezza, che poneva sullo stesso piano tutti i medici operanti nel S.S.N - sia convenzionati che dipendenti, accreditati, specialisti o generalisti - riguardo all'osservanza delle disposizioni limitative emanate dalla CUF/AIFA.

Le Note più gettonate per volumi prescrittivi e costi per il SSN sono 4, vale a dire quelle per statine (13), anti-ulcera (48), antibiotici iniettivi (55) e FANS (66); non a caso sono anche quelle che più spesso provocano  incidenti critici tra i MMG ed i colleghi del II livello, con relative tensioni e ripercussioni sugli gli assistiti riguardo all'osservanza delle Note stesse. Delle quattro Note sopra citate quella sugli Inibitori di Pompa Protonica (IPP) è certamente la più soggetta a ulteriori provvedimenti regolatori regionali, che si sono susseguiti negli anni per tentare di migliorarne l’appropriatezza prescrittiva.

Già una ricerca sull'osservanza dell’obbligo di appropriatezza alla dimissione all’indomani della sua emanazione (MD 26-26/2000: https://medicidistrettorezzato.files.wordpress.com/2015/06/note-cuf-md_.pdf ) aveva dimostrato che nel 76% dei casi il farmaco prescritto non rientrava nei criteri di rimborsabilità della Nota CUF, in base alla diagnosi presente nel cartellino di dimissione, mentre la nota 48 faceva la parte del leone, con un 32% di prescrizioni inappropriate.

 

Sono passati ormai 15 anni da quei dati preliminari ma a quanto pare la situazione è peggiorata, nonostante l’entrata in commercio dei generici, tanto da indurre la giunta regionale del Lazio a contromisure per correre ai ripari. A riprova di quanto venga a tutt’oggi disattesa la Nota 48, dal mese di giugno 2015 è stato introdotto un Piano Terapeutico regionale sugli IPP, a cui sono tenuti gli specialisti che prescrivono questa categoria terapeutica dopo una degenza ospedaliera o al termine della visita specialistica ambulatoriale.

 

La delibera 232 del 15.6.2015 dispone che la prescrizione di IPP debba essere accompagnata dalla redazione della scheda regionale (valida un anno) contenente il piano terapeutico da trasmettere alle ASL, mentre  il MMG dovrà provvedere alle prescrizioni successive alla prima su ricetta rossa SSR, esclusivamente in presenza della scheda prescrittiva, barrando sulla ricetta del SSR la casella “S”. I servizi farmaceutici delle ASL di residenza dell'assistito vigileranno sulla corretta applicazione della delibera, portando all'attenzione delle commissioni aziendali sull’appropriatezza prescrittiva comportamenti non conformi, sia degli specialisti che dei MMG. (http://www.fimmgroma.org/news/news/lazio/9224-inibitori-di-pompa-protonica-regione-lazio-introdotto-il-piano-terapeutico-regionale-per-le-prescrizioni-specialistiche-e-ospedaliere)

 

Per una strana coincidenza sulla stessa materia era intervenuta poche settimane prima la SIMG nazionale che, aderendo all’iniziativa Fare di più non significa fare meglio promossa da Slow Medicine, ha stilato il proprio elenco di pratiche a rischio di inappropriatezza.  Il terzo punto della “lista nera” stilata dai generalisti è dedicato proprio all’uso degli inibitori di pompa protonica e recita in testualmenteNon prescrivere di routine inibitori di pompa protonica (IPP) a pazienti senza fattori di rischio per malattia ulcerosa. Nella malattia da reflusso gastroesofageo prescriverli alla più bassa dose in grado di controllare i sintomi, educando il paziente ad auspicabili periodi di sospensione. (http://www.slowmedicine.it/pdf/Pratiche/scheda%20SIMG.pdf)

 

Le note AIFA sono oltre da 20 anni l'emblema della schizofrenia del sistema, per la discrasia delle norme prescrittive vigenti nei nosocomi (prontuari terapeutici ospedalieri) rispetto alle regole prescrittive del territorio dettate a livello nazionale dall’AIFA (PTN e Note AIFA). Fortunatamente il numero complessivo delle Note è diminuito nel corso dei decenni ed alcune delle più controverse sono state abolite (colliri anti-glaucoma, eparine a basso peso molecolare etc..) lasciando sempre più spazio ai Piani Terapeutici rivolti a farmaci di nicchia e al loro naturale prescrittore, ovvero lo specialista. Tuttavia nonostante l'introduzione dell'obbligo di appropriatezza per legge nel lontano 1999 molte Note AIFA sono tutt’ora ignorate al momento della dimissione dal nosocomio, come dimostra l'iniziativa del Lazio, generando equivoci e tensioni a non finire tra assistiti e medici curanti. Tuttavia anche l’ultimo provvedimento regolatorio laziale è destinato al fallimento senza la collaborazione di tutti i diretti interessati.

 

 
 
 

Sorridete, ma senza esagerare!

Post n°72 pubblicato il 08 Giugno 2015 da bellegi0
 

Tutto era iniziato con una strana ricerca. Se leggete un racconto tenendo una matita tra i denti, senza che tocchi le labbra, alla fine lo troverete più divertente, per via dello strano effetto che ha il sorriso forzato sul vostro giudizio e sullo stato emotivo. Strano ma vero, ma anche le azioni possono influenzare i sentimenti in modo imprevisto e un po’ bizzarro. Questa, in soldoni, è la tesi della teoria della “retroazione somatica” in base alla quale “solo dopo vare fatto qualche cosa ne deduciamo, vedendo ciò che abbiamo fatto, come ci sentiamo”. Insomma azione motoria e reazione emotiva sembra proprio che si influenzano vicendevolemente in entrambe le direzioni, e non in modo unilaterale con generalmente si portati a pensare, ad esempio dopo aver goduto del buonumore per via di uno sketch comico. Da qui l’idea che sorridere spesso “a prescindere” fa bene allo spirito e all’umore, come succede in televisione dove tutti sorridono a profusione.

Ma c’è però anche il rovescio della medaglia, come certifica una ricerca psicologia americana pubblicata recentemente su una rivista del settore. Il sorriso auto-prodotto - e non quello "reattivo" per uno stimolo divertente o amichevole, tipo una battuta di spirito - di chi sorride spesso perchè convinto di poter migliorare il proprio umore non sempre produce l'effetto sperato; anzi proprio in chi è a conoscenza della teoria della retroazione somatica, che spiega il fenomeno stesso, il sorriso “forzato” provoca tristezza invece che buon umore. Al contrario chi ignora la teoria beneficia del fatto di sorridere spesso in modo volontario e non per reazione, nel senso che il suo umore migliora significativamente (Mente & Cervello di giugno a pag. 102-103).

Insomma il fenomeno può essere ricondotto all'area delle profezie che si auto-avverano, per quello che appare una sorta di placebo somatico (il "finto" sorriso, auto-indotto e non spontaneo) che sortisce un effetto emotivo (l'esito sullo stato timico di chi sorride). Non è un caso: anche il placebo farmacologico funziona meglio, ad esempio sul dolore, nelle persone che ignorano l'esistenza dell'effetto placebo stesso, come profezia che si auto-avvera. Di questi effetti strani e "irrazionali" se ne erano accorti molto tempo prima i teorici della pragmatica delle comunicazione, quando descrivevano i doppi legami e i limiti della volontà cosciente correlati ad ingiunzioni paradossali, del tipo "sii spontaneo", "sii autonomo", "bee happy, dont worry". Ora la ricerca psicologica sembra proprio confermare le conclusioni di allora, ridimensionando l’efficacia del sorriso auto-indotto.

 
 
 

Lo strano caso dell'AFT del distretto partenopeo N.33...

Post n°71 pubblicato il 30 Maggio 2015 da bellegi0
 

Non vado con il primo che capita: il mio medico di famiglia lo scelgo io! Con questo slogan si è sviluppata nel mese di maggio la campagna promozionale della FIMMG, a base di cartelloni pubblicitari e di una petizione pubblica sul sito www.change.org,  a sostegno della vertenza sindacale culminata con lo sciopero del 19 maggio per difendere la libertà di scelta dei cittadini e il ruolo libero-professionale del MMG.

Contestualmente nell’ASL di Napoli, distretto 33, è stata approntata e inaugurata a fine maggio la locale AFT (Aggregazione Funzionale Territoriale) con la tradizionale parata di autorità locali. Vi faranno parte alcuni MMG volontari che senza alcun compenso e su turni di 3 ore al di, in una fascia oraria ritenuta critica e strategica, si proporranno come alternativa al PS per contenere il fenomeno dei cosiddetti “codici bianchi”. Si stratta di un modello organizzativo inedito ed improprio di AFT, senza alcuna corrispondenza con quanto detta l’articolo 1 legge Balduzzi a proposito dei compiti delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (http://blog.libero.it/cureprimarie/13210142.html); inoltre per funzionare prescinde dal tradizionale rapporto di fiducia basato sulla scelta-revoca del medico di fiducia, in quanto presuppone la turnazione oraria dei medici nella sede dell’AFT stessa, a cui afferisce un bacino di potenziali utenti notevolmente superiore a quello del singolo MMG.

Ecco ciò che accade in periferia, nel mentre a livello nazionale  il sindacato più rappresentativo esalta pubblicamente il ruolo di libero professionista e, in particolare, la relazione personale e stabile tra MMG e assistito, che la controparte vorrebbe invece edulcorare o addirittura superare per superiori esigenze organizzative, come quelle che hanno ispirato l’inedita formula di AFT napoletana, con buona pace delle rivendicazioni libero-professionali e di libertà di scelta del sindacato nazionale. Ma sarà effettivamente in grado l’AFT del distretto 33 di intercettare una fetta consistente di codici bianchi, prima che si rivolgano ai PS della zona?

Quella di ridurre gli accessi al PS facendo turnare per 3 ore al giorno in un'unica sede da parte MMG volontari, che nelle intenzioni dovrebbero pure svolgere compiti di medicina di iniziativa, appare un obiettivo piuttosto ambizioso, che denota anche un’interpretazione distorta dei compiti attribuiti alle AFT dalla legge “Balduzzi”. Da almeno un decennio le associazioni professionali e scientifiche della MG ribadiscono che la mission e la vocazione della MG non è di vicariare in modo ancillare il PS, ma di gestire la cronicità con strumenti adeguati, che hanno ben poco a che fare con modelli organizzativi improvvisati dagli obiettivi velleitari.

Solo in Unità Complesse/case della salute di grandi dimensioni, con copertura H24, ben organizzate e dotate di strumentazioni e personale adeguati, con buona immagine e visibilità pubblica, radicate storicamente e socialmente nel territorio (ex presidi ospedalieri dismessi e ristrutturati) è possibile intercettare un modesta quota di codici bianchi. Sara quindi abbastanza improbabile che con sole 3 ore di ambulatorio al di, gestito da medici volontari, non retribuiti, a rotazione continua e senza adeguati investimenti si possa ridurre in modo significativo gli accessi impropri al PS.  

Infine se lo sciopero nazionale del 19 maggio si proponeva di bloccare le fughe in avanti di alcune regioni in fatto di nuove forme organizzative, di superamento della libera scelta (degli assisti) e della libera professione (del medico), sembra proprio che i buoi siano fuggiti dalla stalla prima della chiusura delle porte e in modo selvaggio!

 
 
 
 
 

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Un blog di: bellegi0
Data di creazione: 08/09/2012
 

MI PRESENTO....

Sono un medico di Medcina Generale che esercita la professione dal 1981 in un paese alle porte di Brescia in medicina di gruppo. Da anni svolgo anche l'attività di animatore di formazione nei ranghi della SIMG (Societa' Italiana di Medicina Generale), di ricercatore in Medicina Generale (audit, governo clinico, formazione sul campo, ricerche epidemiologiche ed osservazionali) tutor del tirocinio valutativo per l'esame di stato e docente alla scuola di formazione in Medicina Generale di Brescia.

Ho collaborato con le principali riviste Italiane della MG, come Occhio Clinico, Medicinae Doctor e rivista SIMG. Dall'inizio del secolo modero e partecipo alle discussioni pubbliche su Mailing Lista locali (rete UNIRE di Brescia), nazionali e sui gruppi professionali di FaceBook. I miei interessi spaziano dalla metodologia clinica alla psicologia cognitiva, alle medical humanities in generale, con paticolare riferimento alla diagnosi e all'errore in MG.

Sito Web personale: www.giuseppebelleri.it

 

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