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La ragazza X: E' l'ora dei conti

Post n°279 pubblicato il 13 Giugno 2008 da custode83
 

La ragazza X venne da me come sempre per cenare insieme. Le aprii la porta baciandola dolcemente, come mai avevo fatto. Spiazzata compiacente dal mio atto mi sorrise, occhi socchiusi a sentire l'amore che avevo iniziato a provare. Non sapeva però che quell'amore non fosse per lei, ma il risultato del mio processo evolutivo spirituale. Mi staccai, aprii gli occhi incrociando gli sguardi. Il fiato le si spezzò di colpo, terrorizzata dai miei occhi, l'ignoto le si apriva innanzi, subito deglutendo esclamò con voce fievole: "cos'è successo? Mi fai paura".
La guardai profondamente e si sentì colpita, voleva scappare, ma la curiosità di sapere era forte. La accontentai: "riesco ad amare", scoppiò a ridere fino alle lacrime, io a suo fianco avevo pena di lei e della scarsa considerazione verso di me. Rimasi serio così a lungo che alla fine rivedé il suo comportamento e tornando imbarazzata e seria mi chiese: "stai dicendo sul serio?", annuii: "ho la faccia di uno che scherza?". La percosse un fremito di riso, mi prese la testa fra le mani avvicinandosi dolcemente: "ma mio caro, le persone non imparano ad amare da un giorno all'altro. Tutti sanno amare, non è una cosa che si impara". Ero ancora serio: "non è così per me". Andammo in salone tra i suoi sbuffi, mi aveva sempre considerato un pazzo ed in tanti anni insieme la sua opinione non era cambiata, come la sua voglia di denaro. Dimenticammo per un attimo la discussione preparando la cena, parlando del più e del meno riguardo ai soliti argomenti noiosi. Quella sera le risate non furono però sincere da parte sua, i suoi occhi mostravano ancora la paura. Feci finta di niente, in fondo poteva tutto passare, col tempo l'abitudine se la sarebbe fatta. Abitudine...avrei voluto non avesse paura di me, non mi considerasse un folle o un pazzo, affrontare la vita con la sua forza d'animo accanto e starmi vicino. Invece...maledetti soldi e maledetta paura. Ed in quella cena vedevo rimbalzare nel mio animo le sue proposte di seduzione, ammiccamenti, sorrisi falsi a farmi illudere di essere accettato vicino a lei. Ma rimasi impassibile. A mano a mano la paura in lei aumentava, forse pensava la volessi uccidere, o farle del male. Avrei potuto sorridere, avvicinarmi e parlarle serenamente illudendola di accettare ancora il falso amore, ma perché? Le persone avevano sempre avuto paura di me e continuavano ad averla. La sua era solo viva rispetto al passato, così forte da risuonare come un eco, normale amministrazione.
Alla fine della cena ero ancora fermo su me stesso ed i suoi tentativi di seduzione non avevano avuto alcun effetto. Spostò il piatto di colpo in avanti, si mise le mani sul voltò con un sospiro ampio: "ma come fai ad essere così gelido?". Ero stufo di ripetere come sempre le stesse cose: "sono un uomo". Urlò: "ma che significa? Sei un uomo e per questo puoi scegliere di ignorarmi tutta la sera? Volevo solo passare una serata tranquilla e tu hai rovinato tutto". Mi irritai alquanto di quelle illazioni: "non devo fare tutto io, puoi anche prendere tu l'iniziativa. Vuoi sapere perché ti ho ignorato? Voglio essere amato", sgranai gli occhi, "tu sai amare? Dimostramelo!". Rimase sconvolta, a bocca aperta, senza parole per alcuni secondi: "dimmi, cosa vuoi che faccia?". Mi alzai di scatto voltandole le spalle, vibrante di ira: avevo appena acquisito conoscenze di portata inestimabile, la capacità di amare aveva aperto aree del mio cervello nascoste fino a quel momento, e nella saggezza acquisita dall'evento illuminante non riuscivo a sopportare una tale inettitudine.
Si alzò dalla sedia: "preferisco andare via, stasera sei nervoso, si vede, tornerò quando sei più tranquillo tesoro". Mi girai calmandomi all'istante, si bloccò incredula. Le dissi: "non sono nervoso, anzi, sono molto disposto a parlare. E non voglio farti del male", una smorfia comunicò la sua agitazione riguardo la mia percezione, continuai: "dopo tanto tempo...ancora non mi conosci, sai di cosa sono capace". Sapeva a cosa mi riferissi, abbassò lo sguardo dandomi ragione: "va bene, andiamo in camera? Parliamo tranquilli, però non come al solito perché non riesco poi a dirti tutto ciò che penso".
Entrammo in camera, lei si sdraiò sul letto chiudendo gli occhi per riprendersi e farsi coraggio, io, silenzioso come al solito mi sedetti sulla sedia della scrivania iniziando a fissarla. Iniziò il discorso dopo un sospiro: "ok, ammettiamo che tu riesca ad amare, che tutto quello che hai detto stasera è vero. Perché ti comporti diversamente dal solito?". "Non sono mai stato amato...". "Si è questo che c'entra?". "Avrei voluto fossi tu". "Avrei voluto?!? Perché proprio ora?". "E' accaduto ora". "Ma cosa??? Tu non puoi cambiare in una sera! Le persone non cambiano da un giorno all'altro!". "Non è così per me". "Ma la smetti di dire sempre le stesse frasi? Non sei credibile! Nessuno crederebbe a ciò che dici, ti rendi conto dell'assurdità!". "Mi rendo conto, ma la verità è questa". "Vuoi che io ti ami!?!", si alzò a falcate fino a venirmi incontro, mi alzò la testa per baciarmi, le spezzai la presa alzandomi con una mano sul suo petto spingendola con forza indietro fino a ributtarla sul letto. I miei occhi erano socchiusi come un felino, chinato su di lei come una preda. Mi battei sul petto due volte: "l'amore non è un bacio. Sta qui dentro". Non mi capiva, non aveva mai capito e forse mai avrebbe capito. Terrorizzata si sedette sul cuscino rannicchiando le gambe, allora decisi di rilassare l'atmosfera tornando sereno, marcia indietro e di nuovo in piedi accanto alla sedia. Mi fissava sperando non ci fosse un mio scatto violento nei suoi confronti, mentre l'unica cosa nei miei pensieri era la sua paura. Paura che non mi consentiva di confrontarmi apertamente. Scossi la testa, non potevo continuare.
"Mi chiedo perché sto ancora insieme a te". Si sciolse e le caddero le braccia, "come sarebbe a dire?". "Sì, io non capisco perché tu dovresti interessarmi. Cos'hai di così attraente, cos'hai di così di valore...perché dovrei scegliere te per nel mio futuro? Tu...tu che ti sei sempre fatta idee sulla famiglia, dimmi per quale motivo io dovrei volere una famiglia con te". Rimasi a fissarla pronto ad una risposta, si sedette sul letto aprendo bocca, ma non uscì nulla; abbassò la testa, le mani congiunte fra le gambe, pensava, valutava. Alzò la testa: "ma che dovrei dirti?". Alzai io allora il tono: "vedi? Nemmeno tu sai una cosa, una sola per cui avere stima di te. Io vorrei solo poter dire 'io ho affianco una persona che vale', invece non lo posso dire! Stiamo qui, su questo letto, lo facciamo, poi basta ognuno pensa a sé, ognuno ha la sua vita e non ci siamo avvicinati in tutti questi anni". Camminai lentamente fino a fianco di lei ed abbassando la testa le sussurrai: "io posso fare sesso benissimo anche con una bambola gonfiabile, non ho bisogno di te. Se è solo questo il motivo per cui restiamo insieme sappi che non mi interessa più".
Alzò la mano quasi a toccarmi il volto, in uno scompenso emotivo confusionario, arrendendosi osservando la mia irremovibilità davanti al suo gesto. Gemeva, agitando le braccia, e le smorfie non si contavano. Alla fine si fermò: "io...esisto. Questo solo basta per essere importante". Lo sconforto totale cadde su di me, mi buttai all'indietro sulla sedia, la frase era riuscita a penetrare in me, aveva ragione, anch'io la pensavo a quel modo: "in fondo chi ama ama tutti". Subito scattai: "chi mi deve stare vicino a lungo non può però essere...così...senza motivo...non sono un servizio, sono una persona. Vorrei avere vicino una donna di valore". Mi stava osservando con un semi sorrisetto mentre mi divincolavo nei pensieri, sapeva di aver avuto effetto stavolta. Ma risposi: "non basta, non se devi starmi vicino".
Si buttò sul letto come un sacco di patate: "anni, anni spesi inutilmente, buttati. Ricominciare...", mi guardò: "sai cosa significa ricominciare alla mia età?". "Sì lo so, ho valutato anche questo prima di decidere. Se ci fosse stato anche un solo motivo, uno solo, per rimanere con te, io sarei rimasto". "Ma allora è finita", iniziava a piangere.
"Si, è finita". Mi toccò il braccio, gli occhi nei miei occhi senza paura apparente: "vieni qui, ti prego abbracciami, ti prego". "Io non ho nessun motivo per darti nulla". Si sbatté sul letto nel lato dove non potevo vederla, piangendo a dirotto. Dopo mezzo minuto uscii dalla stanza a lavare i piatti.
La stanza era buia al ritorno e da dentro sentivo solo singhiozzi. Accesi la luce, mi sedetti sul letto mettendole una mano sulla spalla iniziando a parlare. Ma interrompendomi balzò in piedi uscendo. La seguii in sala, stava prendendo le sue cose, non la fermai. Era indiavolata. "Te ne vai?". "Sì che me ne vado, che domande, e non cercare di fermarmi", stava mentendo. Mi dispiaceva: "possiamo ancora parlare, poi è presto, abbiamo appena cenato". Sbatté la borsetta sul tavolo: "ah, sì, e di cosa? Mi hai appena detto che non valgo nulla". "Beh...", mi grattai la testa, "io comunque ho aspettato maturassi in questi anni, io l'ho fatto". "Ancora con questo discorso?!? Io non ci riesco, sai cos'ho passato nella mia vita. Sai che vorrei solo una famiglia felice e tu non mi dai sicurezze", mi accusava con il dito puntato. Le risposi con tono pacato: "ho aspettato anni". Abbassò il dito nello sconforto e con voce dolce: "e non puoi aspettare ancora un pò?". Pensai velocemente: "due mesi". "Due mesi?!? Sono pochissimi. Io pensavo a qualche anno". Aprii le braccia vistosamente stupito: "no no no no no no!!! Aspetta...aspetta un attimo: tu saresti dovuta essere più matura di me, saresti dovuta essere tu a darmi lezioni di vita. E io dovrei aspettare anni? Ma tesoro...se aspetto che tu diventi matura diciamo...in tre anni!?!, poi passerà un pò prima di avere un buon rapporto insieme, quindi qualche altro anno. A quel punto però sarai quasi in menopausa, che famiglia vorresti fare???". Si incurvò scossa con gli occhi aperti e tristi, stava quasi per piangere: "va bene, hai ragione, come sempre, hai sempre ragione tu, ti odio per questo. Due mesi, so cosa vuoi, diventerò indipendente, non ti chiederò più soldi, vedrai. E questo che vuoi vero?". "S...sì, per il momento può bastare". "Per il momento? Ma che vuoi, che vuoi tu da me!", tornò ad urlare. Era incredibile, ma l'esperienza di diventare un uomo aveva fatto nascere l'esigenza di avere a mio fianco una persona con caratteristiche incredibilmente mature, al contrario di tutti questi anni. Le risposi: "no, no, non fraintendere! Per me va bene ciò che hai detto, se riesci a farlo io capirò che vuoi stare con me e lo desideri solo per amarmi. Allora è deciso, due mesi?". Annuì più volte: "due mesi". Mi abbracciò e mi feci abbracciare, non potevo lasciarla di colpo, aveva segnato la mia crescita in tutto questo tempo, mi era stata vicina quando la sua sola presenza mi bastava. Aveva il diritto di un'altra possibilità, l'abbracciai teneramente, rimanemmo minuti. Sapevo di non avere una donna affianco, sapevo non lo sarebbe diventata, ma la speranza era forte e se lei sarebbe stata la donna della mia vita io ne sarei stato felice.

 
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