Solo Gesu' Libera

Se Avessi Un Pastore (4 Parte)


COLLABORARE CON LUI NEL SERVIZIO DEL SIGNORE Molti si lamentano, perché il pastore accentra tutte le attività della chiesa in se stesso, ma non so quanti ancora di questi si sono domandati il perché di questa sua attitudine. L’esperienza mi ha insegnato che, quasi sempre, il pastore "accentratore" è stato costretto a questa posizione da un popolo, che non è disposto ad eseguire o ad eseguire scrupolosamente il servizio del Signore. Un servo, che sente bruciare lo zelo di Dio nel proprio cuore, spesso, è indotto a fare quello che altri dovrebbero fare, ma che purtroppo non fanno. Forse la legittimità di questa posizione è discutibile, ma indubbiamente essa è spiegata dalla situazione illustrata, che, se non giustifica pienamente il pastore nel compimento di opere, che non gli sono state espressamente "preparate" da Dio, non giustifica neanche il popolo infedele, che doveva compierle e non le ha compiute. Purtroppo, molti condannano il pastore, che fa tutto, ma non sono però disposti a fare qualche cosa, per impedire che "uno solo" debba prendersi cura della pulizia e della manutenzione dei locali, dell’amministrazione della cassa, delle visite, della cura degli ammalati, delle assistenze, della Scuola Domenicale, dell’attività evangelistica... e poi anche della "preghiera e della Parola" (Atti 6:4). Io vorrei conoscere, alla luce di Dio, quello che potrei fare io e vorrei manifestare la mia disposizione ed il mio entusiasmo verso l’opera, che potrebbe rendermi collaboratore del mio pastore nel servizio, anche umile, dell’Evangelo. Non m’importerebbe il genere di lavoro, grato od ingrato, palese o segreto, perché vorrei semplicemente impedire che il mio pastore fosse costretto a fare quel che potrei e dovrei fare io. Oggi il numero dei sordi è aumentato e specialmente, quando sono rivolti appelli concernenti compiti senza onori, pochi mostrano di avere udito, ma io vorrei avere gli orecchi ed il cuore aperti, per essere sensibile ad ogni appello, che fosse rivolto alla mia coscienza affinché il mio pastore sapesse che almeno uno sarebbe sempre pronto nel servizio di Dio per la chiesa e per il mondo. Con una ramazza in mano per le pulizie della sala o con dei trattati da distribuire, presso il letto di un ammalato o in visita in una casa affranta dal dolore, davanti ad una scrivania, per scrivere lettere o davanti ad un gruppo di ragazzi come monitore... mi sentirei sempre un servo di Dio vicino al mio pastore.   SALVAGUARDARE LA SUA PERSONALITÀ DA INFIDI ATTACCHI. È stato detto che, per distruggere l’equilibrio e l’ordine di una famiglia, è sufficiente demolire l’autorità del padre ed è stato anche aggiunto che, per distruggere l’equilibrio e l’ordine di una comunità, basta intaccare la personalità e l’autorità del pastore. Per questo motivo l’inferno suggerisce i più diversi metodi per far perdere stima e rispetto a coloro che sono stati chiamati da Dio, per essere conduttori del popolo. Il mezzo più comune suggerito dal tentatore è costituito dalla maldicenza, che quando è esercitata con malefica abilità, riesce a fermare e neutralizzare l’opera del pastore, forse più di qualsiasi altra cosa, perché allontana la comunità da lui e la rende indifferente od ostile al suo ministerio. Non sono pochi i qualificati... cristiani, che raccolgono l’invito del diavolo per "sparlare" del proprio pastore e, generalmente, fra costoro non mancano mai i difensori di una giustizia, concepita sotto il profilo di una legalità arida e crudele. D’altronde, trovare motivi di maldicenza non è difficile, perché, come ho detto al principio, il pastore non è perfetto e non è infallibile; sbaglia come gli altri e come gli altri deve perfezionare il proprio carattere, ancora lontano da quello del Maestro. Iddio lo ha costituito pastore, non perché lo ha trovato "perfetto", ma perché ha trovato nel suo cuore la disposizione e la consacrazione richieste per l’opera del ministerio. Ma, ripeto, difetti ed imperfezioni non mancano nella vita del pastore e non mancano nemmeno nel seno della sua casa e della sua famiglia. Queste lacune dovrebbero essere "comportate" nella carità cristiana e, caso mai, dovrebbero essere affrontate con franchezza nell’esercizio della comunione fraterna. Anche un pastore può avere bisogno di esortazione e di consiglio e ogni fratello può, con amore sincero, esprimere queste cose al proprio pastore. Il tentatore, invece, suggerisce di tacere davanti al pastore e di parlare o sparlare di lui dietro le spalle, suggerisce, come mettere in evidenza i suoi errori, le sue imperfezioni, forse, insegna il modo di ingigantire le cose, oppure di far dire tutto quel che è male e far tacere tutto quel che è bene. Non è "maldicenza" riferire il vero, non è peccato difendere la giustizia e far conoscere le cose che devono essere conosciute". Frasi come queste si odono continuamente nei circoli dei maldicenti, che sembrano essere i soli difensori della verità; essi sembrano ignorare che tutto quel che viene fatto o detto, per diminuire l’autorità del ministerio, rappresenta un grave peccato davanti a Dio e nei confronti della chiesa. Le cose che i Corinti dicevano di Paolo erano vere, almeno in parte; quello che Aronne e Maria dissero di Mosè corrispondeva alla realtà, ma l’opera dei primi e dei secondi è stigmatizzata dalla Scrittura, come attività deleteria svolta, per rovinare l’opera del Signore. Quando un servitore di Dio è ritrattato, come incapace, indegno, disonesto; quando il suo ministerio è descritto con le tinte più fosche e con i termini più dispregiativi, difficilmente può ancora espletare il proprio servizio efficacemente nel seno della chiesa. Le sue parole potranno tutto al più suscitare sarcasmi e raccogliere sorrisetti e le sue iniziative ed i suoi programmi potranno soltanto essere seguiti dall‘indifferenza o dalle   reazioni violente. Nessuno o pochi ascolteranno le sue parole, le sue esortazioni, le sue riprensioni, ma molti saranno pronti a dire più o meno apertamente: "Medico, cura te stesso e la tua famiglia! " Se io avessi un pastore, non vorrei rendermi complice dell’opera demolitrice dei maldicenti, anzi, vorrei essere pronto a mostrare un viso sdegnoso a tutti coloro che vorrebbero farmi ascoltare le loro parole velenose. Vorrei che il mio pastore avesse una vita santa ed una famiglia ordinata e, perciò, cercherei di essere al suo fianco con il mio affetto fraterno, per incoraggiarlo e al momento opportuno consigliarlo, ma mi guarderei bene dallo spiare la sua vita o la sua casa, per scoprire l’errore da mettere in mostra. Non vorrei ascoltare parole di maldicenza e non vorrei mai pronunciarle, anzi, quando sentissi circolare qualche voce negativa nei confronti del pastore, cercherei di individuarne l’origine per andare dal fratello o dalla sorella, che hanno promosso la cosa ed invitarli a venire con me dal servo del Signore, per parlare con lui affettuosamente, affinché gli sbagli fossero corretti e gli equivoci chiariti. Si, vorrei che il mio pastore fosse sempre amato e stimato da tutti e nessuno perdesse la benedizione del suo ministerio. Senza farmi difensore del male o sostenitore dell’ingiustizia, cercherei di mettere in risalto il valore della unzione divina e quindi della "chiamata" di Dio. A coloro che sparlassero del pastore consiglierei di pregare per lui e, possibilmente, di parlare con lui, per chiarire, chiedere e, quando necessario, consigliare ed esortare.