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L’accesso alla conoscenza dà a tutti la possibilità di lavorare per la ricerca, e a molti i mezzi per trarne vantaggio e raggiungere significativi traguardi. Tali possibilità hanno contribuito a sviluppare una fitta rete di relazioni e la possibilità di confrontare subito e completare il percorso sperimentale. Sicuramente stimola in modo positivo la concorrenza nell’immediato sviluppo delle scoperte. La ricerca vive una nuova era. Ma oggi è ancora possibile affermare che è l’intuito del singolo a fare la differenza? Il mercato premia la storia, non il futuro. La scoperta viene immediatamente assimilata, studiata e storicizzata. Non esistono più fasi intermedie. Il cannibalismo delle novità viene a prevalere e ad incidere sulla valorizzazione dell’idea originaria. Spesso la corsa per la messa in rete di nuove conoscenze per contro gioca il fatto che esse perdono quasi da subito la loro paternità, il diritto d’autore si annebbia mettendone in dubbio l’origine. Di fatto la novità si rivela non più miracolo inventivo ma mera coincidenza, che in assenza di quell’inventore avrebbe avuto origine comunque, con tempi diversi. Allora subentra l’aspetto economico, legato direttamente con l’esigenza di esistere e di darsi la possibilità di vivere, la corsa esasperata alla scoperta come fonte di denaro e di sostentamento, sembra perdere così il suo valore effettivo trasformandosi (per il mercato) in un valore spesso più simbolico che reale. E’ giusto allora essere gelosi del proprio creare? È giusto mettere in rete il frutto di proprie intuizioni per il bene dell’umanità? di quale umanità si parla? Di quel destinatario anonimo della rete che insofferente si appropria dell’intuizione per trarne profitti? L’ambizione di emergere, l’innato desiderio di primeggiare va dapprima a scontrarsi con una realtà, la realtà che porta a demolire l’egocentrismo individuale.