Giappo

Il "kawaii" e il mistero delle gambe storte


Si sente spesso in giro che le donne giapponesi hanno le gambe storte. Molto più raro è sentir dire che i maschi giapponesi hanno le gambe storte. Effettivamente quando si cammina tra migliaia di arti inferiori femminili giapponesi, peraltro esibiti fino a vette difficilmente raggiunte in Italia, la stranezza c'è e a volte è quasi comica. E gli uomini non sembrano avere lo stesso problema. Ma è davvero un problema fisico? A quanto pare l'origine del particolare non sembra essere un fatto ortopedico, ma un paradossale fatto estetico e culturale.La donna giapponese non ha le gambe storte per motivi genetici, ma sembra gli diventino storte per l'abitudine di sedersi in un modo chiamato "seiza" che è inizialmente molto doloroso, ma a cui poi ci si abitua, dicono. Inoltre, la donna giapponese cammina storta. I piedi nella camminata non si alternano paralleli, ma convergono verso un punto. L'effetto, se sommato al fatto che spesso le donne fanno passetti piccoli, diventa agli occhi di un non giapponese qualcosa di impacciato e francamente brutto. Ma il fatto è gli occhi giapponesi sono diversi da quelli occidentali non solo per il taglio, ma anche per come vedono il bello, il brutto, il femminile e il sensuale. Sembra infatti che nella stortezza della camminata c'entri il concetto di "kawaii", che si può tradurre in italiano con "carino".Il concetto di "kawaii" che sta diventando un simbolo stesso di giapponesità e che è ora materia di seriosi studi sociologici è molto esteso, ma può essere intuito semplicemente guardando al fenomeno "pikatchu" e analogo pupazzismo, per i quale il giappone letteralmente impazzisce. Cosi la camminata goffa e incerta con i piedi all'indentro non è più brutta, ma diventa dolce, simpatica, ispira tante coccole, soddisfa desiderio di dare protezione, come la camminata goffa di un pinguino, come l'incedere buffo del panda, come i primi passi di un cagnolino (tutti mooolto kawaii).Quindi dietro la camminata quasi zoppa c'è tanta tenerezza?L'altro giorno, comprando dei sandali in un mercato di nishi-nippori la signora che li vendeva ci ha spiegato che la maniera tradizionale di usare i sandali è quello di lasciare il calcagno fuori dal legno. Effettivamente, il sabato e la domenica si vedono donne che passeggiano con l'abito tradizionale giapponese usando i sandali in questo modo "scalcagnato", che le costringe a passi piccoli e veloci, e con le punte dei piedi rivolte all'indentro. Ragioni profonde potrebbero quindi essere dietro la camminata buffa. La donna fino a cinquant'anni fa non doveva muoversi troppo e il sandalo alto, scomodo, indossato in modo da impedire movimenti fluidi e rapidi sembra adattarsi bene, metaforicamente, ma anche praticamente, alla realtà di una donna relegata in casa. Una donna che ispira tenerezza, che richiede assistenza, che si muove poco e in modo "carino". Se questa spiegazione fosse corretta suona ironico vedere come le donne disinibite di Shinjuku, con le loro minigonne vertiginose su autoreggenti e tacchi a stiletto riprendano in maniera non consapevole la camminata di una donna controllata, obbediente e immobilizzata dai propri sandali...