Nelle caffetterie "italiane" sparse nel mondo i nomi sono sempre un pò buffi, un pò sbagliati, esagerati, impropriamente applicati, ma suonano esotici e sensuali ai non italiani. Anche il Tully's, la caffetteria italiana del BSI-Riken, non è da meno. Per esempio il caffè si chiama "caffè" e si può prendere in tazze di taglio diverso che letteralmente sono "piccolo", "grande" e ...."enorme". A me viene un pò da ridere nel sentire la gente chiedere "can I have an enorme caffè, please?" vabbè, non è di questo che voglio parlare. Oggi, quasi morto per il fuso orario che costringe il mio corpo a mangiare alle 4:30 del mattino mentre l'orologio dice mezzogiorno e mezza, dopo pranzo vado a prendere il mio bel caffè. Chiedo letteralmente un "espresso americano, please" perchè i nomi sono italiani nella caffetteria italiana. La cassiera dopo quindici frasi di convenevoli tipo buongiorno, grazie di essere qui, e bla bla bla mi dice "otto?" e io penso "no, uno" ma rimango interdetto e non dico niente. Lei insiste "otto? otto?" e io "mmmhhhhh". Lei, a quel punto produce una variazione: "hotto or aisd " e io capisco. Era "hot or iced", caldo o ghiacciato? Allora me la rido tra me e me e dico "otto, otto". Lei si scusa, ovviamente tantissimo, e mi fa lo scontrino. Insomma, la cassiera e i giapponesi tutti non riescono a terminare le parole per consonante (tranne che per la enne e la esse che sono molto frequenti) e diventano divertenti quando parlano inglese che invece è pieno di finali consonantiche. Ma non è solo una difficoltà del parlato, infatti il giapponese ufficiale, nelle parole di derivazione inglese, che sono tantissime, risente continuamente di questa regolarizzazione fonologica. Eccone alcune divertenti: escareta, da escalator (scala mobile); erebeta, da elevator (ascensore), terebi da television (tv), setto da set (menu), poketto da pocket (tasca). In questo sono simili ai vecchietti sardi che tagliano o allungano i nomi stranieri per renderli conformi alla loro lingua. Mia nonna ad esempio diceva "Taire Mecchendo" parlando del suo eroe Tyler Mcandless della telenovela "Capitol", ve la ricordate?
Biru, otto, escareta, ovvero l'irresistibile tentazione della vocale finale
Nelle caffetterie "italiane" sparse nel mondo i nomi sono sempre un pò buffi, un pò sbagliati, esagerati, impropriamente applicati, ma suonano esotici e sensuali ai non italiani. Anche il Tully's, la caffetteria italiana del BSI-Riken, non è da meno. Per esempio il caffè si chiama "caffè" e si può prendere in tazze di taglio diverso che letteralmente sono "piccolo", "grande" e ...."enorme". A me viene un pò da ridere nel sentire la gente chiedere "can I have an enorme caffè, please?" vabbè, non è di questo che voglio parlare. Oggi, quasi morto per il fuso orario che costringe il mio corpo a mangiare alle 4:30 del mattino mentre l'orologio dice mezzogiorno e mezza, dopo pranzo vado a prendere il mio bel caffè. Chiedo letteralmente un "espresso americano, please" perchè i nomi sono italiani nella caffetteria italiana. La cassiera dopo quindici frasi di convenevoli tipo buongiorno, grazie di essere qui, e bla bla bla mi dice "otto?" e io penso "no, uno" ma rimango interdetto e non dico niente. Lei insiste "otto? otto?" e io "mmmhhhhh". Lei, a quel punto produce una variazione: "hotto or aisd " e io capisco. Era "hot or iced", caldo o ghiacciato? Allora me la rido tra me e me e dico "otto, otto". Lei si scusa, ovviamente tantissimo, e mi fa lo scontrino. Insomma, la cassiera e i giapponesi tutti non riescono a terminare le parole per consonante (tranne che per la enne e la esse che sono molto frequenti) e diventano divertenti quando parlano inglese che invece è pieno di finali consonantiche. Ma non è solo una difficoltà del parlato, infatti il giapponese ufficiale, nelle parole di derivazione inglese, che sono tantissime, risente continuamente di questa regolarizzazione fonologica. Eccone alcune divertenti: escareta, da escalator (scala mobile); erebeta, da elevator (ascensore), terebi da television (tv), setto da set (menu), poketto da pocket (tasca). In questo sono simili ai vecchietti sardi che tagliano o allungano i nomi stranieri per renderli conformi alla loro lingua. Mia nonna ad esempio diceva "Taire Mecchendo" parlando del suo eroe Tyler Mcandless della telenovela "Capitol", ve la ricordate?