ZORRO E' VIVO

IRAN UCCIDE LA VITA


IRAN. RADICALI MOBILITATI PER SALVARE DUE RAGAZZI GAY > 12 febbraio 2008: Continua la mobilitazione internazionale per salvare i due ragazzi condannati a morte in Iran perché omosessuali. > > In pochi giorni oltre 12.500 persone hanno sottoscritto la petizione (www.petitiononline.com/irangay) rivolta alle autorità iraniane per salvare la vita di Hamzeh Chavi e Loghman Hamzehpour. > I due ragazzi, di 18 e 19 anni sono stati arrestati a Sardasht, nell'Azerbaijan Iraniano, lo scorso 23 gennaio, con le accuse di "mohareb" e "lavat" (essere nemici di Allah e sodomia); hanno confessato, sotto tortura, di amarsi e rischiano ora la pena di morte. > Il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito con Nessuno tocchi Caino aderisce all'iniziativa del Gruppo EveryOne che ha indirizzato una lettera ad Abolfazl Zohrevand, Ambasciatore in Italia della Repubblica Islamica dell'Iran, in cui si chiede un incontro urgente per discutere del caso dei due giovani, che sta suscitando clamore in tutto il mondo, e della preoccupante situazione sulla violazione dei diritti umani in corso nel Paese. FIRMA QUI http://www.petitiononline.com/irangay/petition.html IRAN: nove donne e due uomini attendono di essere uccisi a colpi di pietra Data di pubblicazione dell'appello: 24.01.2008Status dell'appello: attivo Secondo informazioni in possesso di Amnesty International, almeno nove donne (Iran E., Khayrieh, Kobra N., Fatemeh, Ashraf Kalhori, Shamameh Ghorbani, Mokarrameh Ebrahimi, Leyla Ghomi e Hajar) e due uomini (Abdollah Farivar e un cittadino afgano di cui non si conosce il nome) rischiano la lapidazione. IRAN E. una donna di etnia araba del clan Bakhtiari, stava parlando con un ragazzo, figlio di un vicino di casa, quando è stata aggredita e ferita a coltellate dal marito. Il ragazzo avrebbe successivamente ucciso il marito con lo stesso coltello. Quando la polizia ha interrogato la donna, lei avrebbe ammesso l’adulterio con il figlio del vicino per poi ritrattare la confessione. Un tribunale della città di Khuzestan l’ha condannata a cinque anni di prigione per complicità nell’omicidio del marito e alla lapidazione per adulterio. Il verdetto è stato confermato dalla Corte suprema nel 2006. Il suo avvocato ha presentato appello e la stessa Corte suprema, nel giugno 2007, ha annullato il verdetto ordinando al tribunale di Khuzestan di svolgere un nuovo processo, di cui non si hanno dettagli. La donna è attualmente detenuta nella prigione di Sepidar, nella città di Ahvaz. KHAYRIEH è stata condannata a morte da un tribunale di Khuzestan per complicità nell’omicidio del marito e adulterio, reato per il quale è stato imposto il metodo di esecuzione della lapidazione. Sembra che la donna avesse subito violenza da parte del marito e avesse iniziato una relazione con un parente di quest’ultimo, che poi avrebbe commesso l’omicidio. Il caso è stato trasmesso al Capo dell’autorità giudiziaria, per ottenere l’autorizzazione a eseguire la condanna. KOBRA N. è stata condannata a otto anni di prigione per complicità nell’omicidio del marito e alla lapidazione per adulterio. Prima di essere ucciso, il marito tossicodipendente l’aveva costretta per due anni a prostituirsi. Nel 1995, dopo essere stata duramente picchiata dal marito, si era confidata con un suo cliente, il quale aveva poi compiuto l’omicidio. Dopo essere stato condannato a morte, l’assassino è stato perdonato dalla famiglia della vittima dietro il pagamento di un risarcimento in denaro (diyeh). Kobra N. si è rivolta alla Commissione per l’amnistia e la clemenza chiedendo la commutazione della condanna a morte. È ancora in attesa di una risposta, detenuta nella prigione di Tabriz. FATEMEH ha ricevuto due condanne a morte, nel maggio 2005, da parte di un tribunale della provincia di Tehran: la prima sentenza è stata emessa per complicità nell’omicidio di un uomo conosciuto come Mahmoud; la seconda, alla lapidazione, per aver avuto una “relazione illecita” con la vittima. A uccidere Mahmoud era stato il marito di Fatemeh, condannato per questo a 16 anni di prigione. Il caso è in esame presso la Corte suprema. ASHRAF KALHORI madre di quattro bambini, è stata condannata alla lapidazione per adulterio e a 15 anni di prigione per aver preso parte all’omicidio di suo marito. Nonostante abbia dichiarato che la morte del coniuge era stata accidentale, la polizia l’ha accusata di aver avuto una relazione con un uomo e di aver incoraggiato quest’ultimo a compiere l’omicidio. Durante un primo interrogatorio, la donna avrebbe ammesso l’adulterio, ritrattando la confessione in un secondo momento. L’esecuzione, inizialmente fissata alla fine di luglio del 2006, è stata temporaneamente sospesa dal Capo dell’autorità giudiziaria. SHAMAMEH GHORBANI (conosciuta come Malek) è stata condannata alla lapidazione per adulterio nel giugno 2006, dopo che i familiari avevano ucciso un uomo trovato nella sua abitazione. Il suo caso è ora in riesame presso la Corte suprema. MOKARRAMEH EBRAHIMI è stata condannata alla lapidazione per aver avuto una relazione extraconiugale con Ja’far Kiani, che è stato già lapidato. Nell’ottobre 2007 l’avvocato della donna ha fatto sapere che il Capo dell’autorità giudiziaria aveva rinviato il caso alla Commissione per l’amnistia e la clemenza. LEYLA GHOMI condannata alla lapidazione, pare sia detenuta nella prigione di Evin a Tehran. Non si conoscono altri dettagli sul suo caso. HAJAR è stata condannata alla lapidazione da un tribunale di Mashhad nel settembre 2007. L’uomo accusato di aver avuto rapporti sessuali illeciti con lei sarebbe stato condannato a 100 frustate. ABDOLLAH FARIVAR è stato arrestato nel novembre 2004 e condannato alla lapidazione per aver avuto un rapporto sessuale illecito con una ragazza di 16 anni, cui stava impartendo lezioni di musica. Ha dichiarato di aver ammesso la propria colpa in tre distinti interrogatori ma di non averlo fatto una quarta volta (secondo il codice penale, quattro confessioni costituiscono prova di colpevolezza). In seguito ha sostenuto che, siccome sua moglie aveva problemi di salute che le impedivano di avere rapporti sessuali, aveva contratto un “matrimonio temporaneo” (sigheh) con la ragazza di 16 anni, rendendo in questo modo “legale” e non adulterino il rapporto sessuale. UN UOMO AFGANO DI CUI NON SI CONOSCE IL NOME è a rischio di lapidazione per aver stuprato la cognata sedicenne, nel 2003. Per due volte la condanna è stata annullata perché l’imputato aveva confessato la propria colpa solo tre volte, e non quattro, come prevede il codice penale. Il terzo processo si è svolto nel 2007 e il verdetto alla lapidazione è stato confermato dalla Corte suprema. Il giudice del processo ha usato la discrezionalità che gli è concessa dalla procedura penale iraniana e, in assenza della quarta confessione, si è detto convinto della colpevolezza dell’imputato. Il 15 gennaio 2008, in occasione del lancio del rapporto “Iran. Porre fine alle esecuzioni mediante lapidazione” (MDE 13/001/2008), Amnesty International ha rivolto un appello urgente al governo iraniano, chiedendo di modificare il codice penale del paese abolendo la terribile pratica della lapidazione e, nel frattempo, assicurare il rispetto della moratoria sulla lapidazione imposta dal Capo dell’autorità giudiziaria nel 2002. Per approfondimenti consulta il rapporto di AI "Iran. Porre fine alle esecuzioni mediante lapidazione" alla pagina: http://www.amnesty.org/en/news-and-updates/report/campaigning-end-stoning-iran-20080115  http://www.amnesty.it/appelli/appelli/Iran_Lapidazione?page=appelli