ZORRO E' VIVO

UN SINDACO PER DAVVERO


"Sveglia Pd, la repressione dei crimini è un onore"Vincenzo De Luca, sindaco di SalernoDe Luca: vado in giro con i vigilantes e Salerno applaudeFEDERICO GEREMICCASALERNOIl primo errore che non andrebbe commesso - intendiamo da parte dei dirigenti del Pd - è quello di archiviare le considerazioni di Vincenzo De Luca, sindaco democratico di Salerno, come uno sfogo impolitico o, peggio ancora, come «volgari attacchi personali». Il secondo potrebbe essere prenderlo per uno sprovveduto. Grave. Comunista da una vita, segretario del Pci salernitano per anni (soprannome: Pol Pot), tre volte sindaco della città e nell’intermezzo deputato per due legislature, Vincenzo De Luca - 59 anni che compie oggi - sta cambiando faccia a Salerno: tanto che nell’ultimo sondaggio «Governance Poll» del Sole-24 Ore, pubblicato a gennaio, risulta essere il sindaco italiano che ha più incrementato il proprio consenso dal giorno dell’elezione. Oggi è al 75%, con 18 punti in più rispetto a quanto ottenne il 12 giugno 2006: quando tornò sindaco guidando una lista civica alla quale si contrappose metà dei ds e l’intera Margherita... Con lui chiacchieriamo naturalmente di sicurezza: intanto perché è il ramo al quale il centrodestra ha impiccato il governo Prodi e il Pd di Veltroni, e poi perché De Luca le «ronde» («Equivoco lessicale», dice) le ha istituite otto anni fa e ha dotato i suoi vigili urbani di manganelli (che per ipocrisia ha dovuto definire negli atti amministrativi «mazzette di segnalazione notturna») nel 2006. Settimane fa, durante uno dei «giri di controllo» che compie ogni giorno a capo di una pattuglia di vigili, una prostituta (che aveva espulso per già dieci volte) l’ha aggredito, spaccandogli gli occhiali: «E un’altra, polacca, appena ci ha visto ci ha detto: “Se solo mi toccate, prendo il miglior avvocato di Salerno e vi metto in un mare di guai”. E ha ragione: ci ridono dietro, per le nostre leggi. Siamo il Bengodi d’Europa. E noi, arroganti, supponenti e astratti, sulla sicurezza continuiamo a fare discorsi finti, per uomini finti... Finirà che affogheremo nei nostri sociologismi e nella nostra inconcludenza». E’ un discorso aspro, quello di De Luca: che intanto ha cancellato dalla città gli ambulanti abusivi extracomunitari, costruendo per loro un grande «mercato etnico»: «Dopodiché, se ne trovo qualcuno che vende sui marciapiedi, lo prendo a calci nel culo». Ma non sono accuse, le sue: sono considerazioni, affilate come rasoi solo perché parla e ragiona alla maniera di un uomo della strada. Per esempio, mentre mostra orgoglioso il Salone dei Marmi, aula consiliare e sede delle riunioni del governo Badoglio, dice: «Lo sa qual è la tragedia? E’ che tante volte noi alla gente diamo l’impressione di ragionare più dal punto di vista del romeno che ruba che da quello del pensionato che è stato derubato. In queste faccende, per tanti miei amici e compagni la parola responsabilità non è mai esistita, è sempre colpa di qualcos’altro, del contesto, della storia, della società: e invece ci sono responsabilità personali che vanno punite, e reati che vanno repressi. Anzi: è venuta l’ora che noi si impari a dire la parola repressione con un senso d’onore». Prende dal tavolo la prima pagina de «Il Mattino»: in città una ragazza è scampata ad una violenza all’uscita della stazione: «Io sono il sindaco: che gli vado a dire, a quel padre? Gli vado a parlare di integrazione e di solidarietà? Noi dobbiamo dire cose vere a uomini veri, non cose finte a uomini finti che immaginiamo solo noi. Ci vogliono parole serie. E verità. E’ per questo che non mi convince quello che stiamo dicendo dopo la sconfitta a Roma, e cioè che sulla sicurezza noi siamo meno credibili della destra. Noi non siamo meno credibili della destra: noi dobbiamo cominciare a dirci che non siamo credibili per niente. Perché un governo che non riesce a varare nemmeno per decreto uno straccio di provvedimento sulla sicurezza, è un governo che fa ridere: non è che è meno credibile, che è un modo per consolarsi». Usciamo in macchina. Ora siamo in uno dei parchi della città e vediamo all’opera le «ronde». «Un’altra cazzata. Io non so se la Lega al Nord fa le ronde armate: ma credo di no, e penso che dirlo sia un tentativo di criminalizzare iniziative che i cittadini accolgono col massimo favore. Comunque, i miei sono volontari: pensionati, ex carabinieri, ex sindacalisti che vigilano sui bambini che giocano e hanno come arma un cellulare del Comune». I passanti lo salutano, gli dicono «bravo sindaco». Del resto, lo vedono spesso in giro con la sua squadra di vigili. «E sembra che a noi questo ci faccia schifo. Siamo altezzosi. Sento i miei dirigenti parlare in tv e spaccherei lo schermo. Non parlano, insegnano. Non dicono, pontificano. Sono lì tutti impettiti come se venissero dallo sbarco in Normandia: e invece veniamo da una tragedia. Uno dei nostri problemi è che abbiamo un gruppo dirigente campato in aria e totalmente sradicato dal territorio». E l’opposizione, la destra, di fronte ad una linea di governo così? «L’esponente più a destra in consiglio comunale sono io...». E’ ipotizzabile che De Luca sappia che reazione possono determinare considerazioni così. Infatti lo sa: ma sostanzialmente se ne frega. E per una ragione bella solida: «Io non faccio opposizione a nessuno, non mi iscrivo a correnti, sto con Veltroni che ha fatto il massimo e dico queste cose perché penso che a questo punto ce le dobbiamo dire. Dopodiché me ne sto per i fatti miei e torno a fare il mio lavoro di sindaco. Però noi ci dobbiamo liberare dal complesso di superiorità che abbiamo; e dobbiamo mettere da parte una supponenza che ormai è irritante. E per parte mia, vorrei fosse chiaro, non è che chiedo i carri armati in città: un rafforzamento della presenza della polizia, più pattuglie di notte e telecamere nelle zone più a rischio, perché poi non è che la gente chissà che chieda. Magari cose normali: ma visibili. Che diano la sensazione che almeno si è capito qual è il problema, e che ce ne si occupa». Al contrario, gli pare che si perseveri nell’errore. «Conosco Verona. Città splendida, gente che lavora dalla mattina alla sera: e noi stiamo provando a farla passare per un covo di naziskin, cercando di lucrare in maniera sbagliata su una cosa che poteva accadere anche a Firenze o a Bologna. E’ la stessa logica arcaica per la quale si pensava di vincere a Roma con l’antifascismo: cosa che ora ci dovrebbe far considerare fascisti e criminali anche le decine di migliaia di compagni che hanno votato Alemanno». E però cambiare è dura, dice De Luca mentre mostra i manganelli in dotazione ai suoi vigili. «E’ dura perché, per come la vedo io, mi faccio una domanda: quanti sono disposti, nel centrosinistra, a mettere nel loro vocabolario la parola repressione? Il salto che dobbiamo fare oggi è questo. Precisamente come fece Blair: duri col crimine e duri con le ragioni del crimine. Ma appunto: prima di tutto il crimine. Nell’immediato, esiste una sola risposta: la repressione. E allora diamola, questa risposta. E poi pensiamo all’integrazione, per le cui politiche - come tutti sanno, mentre raccontano favole - non c’è una lira». Torniamo verso il municipio. Strade linde. De Luca mostra l’area sulla quale dovrebbe sorgere il termovalorizzatore: un’impresa, per la quale un supporto tecnico forte gli è stato dato da Sergio Chiamparino, «ottimo sindaco e persona concreta». Dice: «Anche lui ha avuto i suoi guai quando ha preso iniziative sul terreno della legalità, perché è come se ci vergognassimo, come se dare sicurezza prima di tutto alla povera gente ci facesse sentire di destra. Sì, di destra: quando ormai gli steccati non esistono più. Le differenze non sono ideologiche, e non sono per l’eternità: oggi per me di sinistra è solo difendere il primato dei diritti universali, volere una sanità e una scuola pubblica, garantire il diritto alla mobilità di cittadini e merci. Sul resto, basta ideologismi. E vorrei che quelli come me accettassero il fatto, finalmente, che il mondo di cui siamo figli non esiste più».