ZORRO E' VIVO

LA VERITA' DI CALCARA


Le verità di Vincenzo Calcara sul web Doveva uccidere Paolo Borsellino con un fucile di precisione sulla statale tra Palermo ed Agrigento. Poi la vittima designata e il carnefice mancato si incontrarono, in carcere, e bastò quell’incontro per stravolgere la vita di un uomo d’onore “riservato”, scelto e reclutato direttamente da Tonino Vaccarino e alle dipendenze del capomafia Francesco Messina Denaro. Doveva essere la punta di diamante del sistema mafioso trapanese, è diventato uno tra i pochi “pentiti” che veramente possono fregiarsi di questo aggettivo e meritare la riconoscenza addirittura della famiglia Borsellino. Vincenzo Calcara, che oggi vive in località segreta, ha sempre raccontato tutto quello che accadeva negli anni 90 nelle famiglie mafiose, in particolare in quella di Trapani. Ha raccontato di quanto la mafia fosse cambiata dalle dichiarazioni di Buscetta, ha parlato di “super commissioni”, una sorta di Conclave formata da diverse rappresentanze, non solo mafiose, ma anche ecclesiastiche e “statali”. Ha raccontato citando nomi e circostanze inconfutabili. Vincenzo Calcara si era attaccato morbosamente a Paolo Borsellino, voleva sdebitarsi, voleva pagare il suo debito con la giustizia, voleva dare il suo contributo per la vittoria dello Stato su Cosa Nostra. Peccato che fosse rimasto paradossalmente il solo a crederci e a volerlo, assieme a Falcone, Borsellino e un’altra decina di magistrati. Oggi il suo lavoro continua con il fratello di Paolo, Salvatore, che si è ripromesso di essere cassa di risonanza per Vincenzo. Con i documenti che Calcara gli ha fatto avere, Salvatore è stato persino sentito dalla Procura di Caltanissetta. Ma tutto tace. Dopo essersi consultato con avvocati e magistrati, Salvatore ha deciso di iniziare a pubblicare integralmente tutta la documentazioni che Calcara gli ha fornito. Nomi, Cognomi e circostanze, senza nascondere nulla. E’ la prima volta che del materiale così scottante, delicato e inedito sarà reso pubblico sulla rete. Molti inizieranno a tremare, perché si rileggeranno in quei fogli manoscritti, con grafia quasi nobile. Dal sito di Salvatore Borsellino: del memoriale di Vincenzo Calcara si trovano tracce nelle motivazioni delle sentenze, di diversi processi, del processo Calvi, al processo Antonov per l'attentato al Papa, al processo Aspromonte, al processo per l'omicidio Santangelo, figlioccio di Francesco Messina Denaro, ai processi Alagna+15 e Alagna+30, alla sentenza del Giudice Almerighi, nei quali tutti si è dimostrata la piena attendibilità di Calcara nononostante i numerosi tentativi di screditarlo. Ma Calcara non è stato mai messo a confronto con altri pentiti come Leonardo Messina o Gaspare Mutolo o come Giuffrè, che, quindici anni dopo di lui, ha parlato di quelle stesse cose di cui lui aveva già parlato tanti anni prima. Non è stato mai chiamato a deporre nel processo Andreotti anche se aveva parlato del notaio Albano quando nessuno ne conosceva neppure il nome, non è stato mai chiamato nel processo Canale, non è stato mai utilizzato nell'istruttoria sui Mandanti Occulti delle stragi del 92 o nell'istruttoria del processo, mai arrivato alla fase dibarrimentale, sulla sottrazione dell'Agenda Rossa, nonostante io stesso avessi portato al tribunale di Caltanissetta le parti del memoriale dove di quell'agenda proprio si parlava. E’ normale che in Italia si debba ricorrere a questo estremo tentativo di diffusione? Una nota per gli addetti ai Servizi. Tentare di manomettere, distruggere quei documenti, o peggio far visita a Salvatore non servirebbe proprio a nulla. Copie di quei documenti sono custoditi nei luoghi più disparati, in tutta Italia, quindi evitate. Nomi di cardinali in attività, rispettabili uomini politici. Affari tra mafia, massoneria, politica e Vaticano. Ora si comincia a ballare. Ora si comincia a capire il “gioco grande” che Falcone aveva capito, e che Borsellino stava iniziando a decifrare. Ecco un assaggio di Giorgio Bongiovanni: Tra i mesi di aprile e maggio del 1981 mentre si trovava a Milano dove, su disposizione della propria famiglia, era impiegato presso l’aeroporto di Linate al fine di agevolare il traffico di droga proveniente dalla Turchia e diretto negli Stati Uniti via Sicilia, gli venne ordinato di far rientro al suo paese natale poiché c’era un «lavoretto» da svolgere. Una volta a Castelvetrano si era recato a casa di Francesco Messina Denaro nella quale erano riuniti diversi uomini d’onore di spicco a lui noti: Vincenzo Culicchia, deputato al consiglio regionale in Sicilia, Stefano Accardo detto «cannata», Vincenzo Furnari, Enzo Leone, componente del Consiglio Regionale della Sicilia, Antonino Marotta e il suo padrino Tonino Vaccarino. Su un tavolo all’interno dell’abitazione due grosse valigie, una delle quali ancora aperta. Conteneva un enorme quantità di biglietti da cento mila lire. Caricate le valige, tutti i presenti, ad eccezione di Messina Denaro, si diressero all’aeroporto di Punta Raisi dove, grazie all’ausilio di uomini già predisposti, imbarcarono il voluminoso e prezioso carico sottobordo. Allo stesso modo ne ripresero possesso una volta giunti a Fiumicino. Ad attenderli un corteo di lusso. Tre auto scure di grossa cilindrata, Monsignor Paul Marcinkus, direttore dello IOR, la banca vaticana, un altro cardinale e il notaio Francesco Albano. Tutti gli uomini di spicco salirono su due delle tre auto con le valigie, mentre Calcara e altri sulla terza autovettura. L’appuntamento era presso l’abitazione del notaio Albano situata sulla via Cassia. Il pentito, travestito da carabiniere e il maresciallo Giorgio Donato, che aveva percorso tutto il tragitto da Milano con lui, rimasero di guardia davanti all’entrata dell’edificio fino a quando non ricevettero la comunicazione che tutto era a posto e quindi potevano andarsene. In compagnia del militare il Calcara fece ritorno a Paderno Dugnano, alle porte del capoluogo lombardo, dove si trovava in stato di sorvegliato speciale dopo un periodo di detenzione. Il responsabile incaricato di controllare i suoi movimenti era proprio il maresciallo Donato.