ZORRO E' VIVO

ANTONIO RUSSO VIVE


L'informazione che non muoreantonio
Francavilla a mare - . Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli. Il giornalista abruzzese Antonio Russo, ucciso il 16 ottobre 2000 a Tbilisi, in Georgia, era uno di loro e pagò con la vita il dovere di indagare gli aspetti più controversi della guerra in Cecenia.Per il sesto anno consecutivo la Fondazione “Antonio Russo” lo ricorda, premiando i più autorevoli inviati speciali nei territori di guerra con il Premio Nazionale sul Reportage di Guerra “Antonio Russo”. Paolo Carinci  Zorro è vivoPREMIO ANTONIO RUSSO   Reporter di Guerra. Il Premio Russo FRANCAVILLA AL MARE. Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli.
Antonio Russo (Francavilla al Mare, Chieti, 3 giugno 1960 - Georgia, 16 ottobre 2000) è stato un giornalista, ucciso in circostanze misteriose nei pressi della città georgiana di Tiblisi.Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veti le realtà della guerra e - diceva - le atrocità che le popolazioni civili erano costrette a subire.Russo è stato per molti anni free lance e reporter internazionale di Radio Radicale. Tra le sue corrispondenze più note quelle dall'Algeria, durante gli anni sanguinosi della repressione, dal Burundi e dal Rwanda, che hanno documentato la guerra nella regione dei grandi laghi, e poi dall'Ucraina, dalla Colombia e da Sarajevo.Russo fu inoltre inviato di Radio Radicale in Kosovo, dove rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali.In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi. Di lui non si ebbero notizie per due giornate intere, in cui lo si diede già per disperso.Antonio Russo è deceduto tra la notte del 15/16 ottobre 2000 in Georgia, dove si trovava in qualità di inviato di Radio Radicale per documentare la guerra in Cecenia. Il suo corpo fu ritrovato ai bordi di una stradina di campagna a 25 km da Tbilisi, torturato e livido, con tecniche riconducibili a reparti specializzati militari. Il materiale che aveva con sé - videocassette, articoli, appunti - non fu ritrovato, anche il suo alloggio fu ritrovato svaligiato da appunti e video (pur senza toccare oggetti di valore).Le circostanze della morte non sono mai state chiarite, ma molti hanno avanzato pesanti accuse al governo di Vladimir Putin a Mosca: Antonio Russo aveva infatti cominciato a trasmettere in Italia notizie scottanti circa la guerra, e aveva parlato alla madre, solo due giorni prima della morte, di una videocassetta scioccante contenente torture e violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Secondo i suoi amici, Russo aveva raccolto prove dell'utilizzo di armi non convenzionali contro bambini ceceni [1].ricordo la sua voce, su radio radicale, la mattina mentre facevo colazione prima di andare a scuola. da pristina, nascosto in una cantina durante la pulizia etnica della città, dopo che i serbi avevano gentilmente pregato i giornalisti di togliersi dalle palle e quelli non se l'erano fatto ripetere... e ricordo l'ansia per tre giorni di silenzio, quando si pensava che l'avessero preso, e poi di nuovo la sua voce energica, dopo una fuga in colonnato con i profughi fino a skopje.poi la cecenia, i suoi dubbi, le ricerche, poi all'improvviso il ritrovamento del suo corpo e l'eco del suo annuncio: aveva dei filmati, davanti ai quali aveva pianto, filmati orribili, forse torture su bambini ceceni, agghiacciante e incontrovertibile prova di gravissime violazioni dei diritti umani da parte dei russi, gli stessi che in quei giorni cercavano di tagliare fuori il partito radicale dall'onu accusandolo di... pedofilia e narcotraffico.e dopo quella morte di 16 ottobre 2000, la morte di un giornalista italiano ammazzato a percosse... silenzio. peggio, cazzate.la guerra in cecenia è un abominio e il comportamento della stampa a riguardo anche. la velina del provvidenziale terrorismo islamico è stata recepita e riferita, e una volta che il conflitto ha cessato di essere di moda, le sinistre hanno provveduto a indignarsi di qualcos'altro in qualche altro salotto.ma dopotutto, non riesco a pensare che il sacrificio di Antonio sia stato inutile... finchè ci sono ancora persone che ricordano il suono della sua voce. PAOLO  CARINCIMartiri della verità: a 8 anni dall'omicidio di Antonio Russo
martedì 14 ottobre 2008 di GIULIO SAVINA   Paolo Guzzanti nel suo blog telematico ha rivolto un vibrante "Je accuse" contro Putin, l'"Innominato" di San Pietroburgo ed il suo partner italiano, il "bravo" Don Rodrigo, Silvio Berlusconi. Nel suo strale Guzzanti ha enumerato in una lunga lista i nomi (settantacinque, si trovano scritti sul settimanale Tempi) dei giornalisti, io li chiamo martiri della verità, morti nella Federazione Russa e nei paesi dell'ex URSS dal crollo del Muro di Berlino ad oggi. In questo elenco compare anche il nome di uno dei più coraggiosi reporters italiani, Antonio Russo, martirizzato, dopo essere stato rapito e torturato, alle 2 del mattino  del 16 Ottobre del 2000 vicino il Passo Gombori, a 35 km ad Est da Tbilisi. Nel 2000, prima di Antonio erano, finiti morti ammazzati:   Iskandar Khatloni, di Radio Free Europe/Radio Liberty's Tajik Service, ammazzato a colpi di ascia a Mosca il 21  Settembre . Stava investigando su abusi di diritti umani dell'Esercito russo in Cecenia; Georgiy Gongadze, scomparso a Kiev il 16 Settembre del 2000 e trovato cadavere il 3 Novembre a Kiev decapitato ed in parte disciolto nell'acido. Stava investigando su un caso di corruzione che coinvolgeva l'amministrazione dell'ex Presidente ucraino Uchman; Sergei Novikov, proprietario dell'omonima Radio Novikov, assassinato con quattro revolverate in Smolensk il 26 Luglio.I suoi colleghi dicono a causa i suoi reportages su casi di corruzione del Governatore locale; Igor Domnekov, un giornalista del giornale indipendente Novaia Gazeta (lo stesso giornale su cui scriveva Anna Politkovskaia), ammazzato a martellate a Mosca il 16 Luglio. L'assassino l'aveva confuso per Oleg Soultanov, un collega che stava investigando su casi di corruzione; Alexander Yefremov, corrispondente del giornale siberiano Nashe Vremya, ammazzato vicino Grozny il 12 Maggio, dopo essere saltato con la sua automobile su una mina telecomandata; Vladimir Yatsina, un fotografo dell' ITAR-TASS,  assassinato il 20 Febbraio  da un gruppo di rapitori ceceni   Il corpo di Antonio invece venne rinvenuto privo di vita, abbandonato sul ciglio della strada, in un passo tra i campi alle prime luci dell'alba del 16 Ottobre del 2000. Accanto c'era del nastro adesivo che la polizia sospetta sia stato utilizzato per imbavagliarlo. Un paio di ore prima gli amici georgiani del reporter erano andati a trovarlo nella sua casa a via Nikoladze a Tbilisi: la porta era aperta, sfondata, l'appartamento in disordine, Antonio non c' era.   Il cadavere di Antonio era contorto, congelato. I suoi assassini,abili professionisti dell'assassinio di Stato, si erano assicurati di non lasciare segni sul suo corpo. Gli amici georgiani quel giorno lo stavano aspettando al villaggio di Mirzaani per le celebrazioni dell'anniversario di Nico Pirosmani, un artista, pittore pre-impressionista, nato lì nel diciannovesimo secolo.   Il medico legale riportò che Antonio "morì per un trauma toracico che provocò la frattura di numerose costole, dello sterno e la lacerazione del tessuto polmonare sinistro, un trauma causato da un corpo contundente rigido e non tagliente. I danni non erano certamente il risultato di un incidente stradale o di una caduta dall'alto".   Non si sa se la sua cassa toracica sia stata sfondata da una pietra, da un pezzo di metallo, o dalla pressione del peso di una automobile passata su di un asse di legno appoggiata sul suo corpo. Si trattava, gli inquirenti dissero, "di una metodica che prevede lo schiacciamento senza lasciare tracce esterne, tipica dei servizi russi". Anche il suo telefono satellitare, la telecamera digitale, il computer portatile e le videocassette sparirono (ma non alcuni oggetti di valore come la sua catenina d'oro) e così la sua auto.   Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veli le realtà della guerra e le atrocità che le popolazioni civili subivano. Antonio non fu mai uno che cercava i riflettori. Lasciava ad altri la gloria. Possedere poco denaro ed evitare la massa erano il suo stile. "Codino, anello, braccialetto: Antonio non passava di certo inosservato",così lo ricordano a Radio Radicale.   E non passavano inosservate le sue obiettive relazioni durante il conflitto in Kosovo e i suoi stretti legami con i membri dell' Esercito di liberazione del Kosovo (UCK), molti dei quali ancora ricordano l'aiuto offerto loro da Antonio quando membri dell'UCK furono circondati dai macellai dei reparti militari serbi.   "For a year, Antonio Russo was considered by Prishtina residents as the characteristic resident of the town, who always used the opportunity to meet and talk to people. The children of Prishtina remember Antonio when he gathered them in groups in front of stores and bought them hamburgers. He was the last foreign journalist to leave Kosovo, whereas for his reports for 'Radio Radicale' during the war he received a series of awards for journalism," concluded the paper.   I figli di Pristina ricordano ancora Antonio, quando riuniti dei bambini in un gruppo di fronte ad un fast food comprò per tutti loro hamburgers. Inviato di Radio Radicale in Kosovo, vi rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali.   In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi.   Oltre che in Kosovo Antonio aveva rischiato la vita in Africa (Algeria, Burundi, Rwanda), in Colombia, Ucraina, Bosnia scoprendo dei segreti che sarebbero restati tali senza i suoi documenti scritti e filmati. Dietro la sua morte in Georgia c'è un filo di fatti e di sospetti che più di qualcuno afferma portino al Cremlino e alla aggressione russa alla Cecenia. Gli amici ceceni e georgiani di Antonio credono che lui sia stato assassinato dai servizi segreti militari russi dopo avere scoperto l'uso di armi non convenzionali contro i bambini ceceni.   Esiste anche un video (in possesso della TV georgiana Rustavi 2) girato il 25 Settembre del 2000 in occasione della conferenza dei Movimenti dei Verdi georgiani e ceceni, durante la quale Antonio oltre ad aver confermato l'uso di armi batteriologice a Shatili ed Arghuni, regioni della Georgia ai confini colla Cecenia, affermò di essere in possesso di prove inconfutabili (una videocassetta) riguardanti il genocidio dei Ceceni da parte dei militari russi. Dopo aver affermato ciò Antonio ebbe una discussione con una persona della platea, la persona visibile nel video, non venne identificata e alcuni ipotizzano che quegli potrebbe essere l'uomo dei "servizi" russi. Una settimana dopo la conferenza, i primi di Ottobre del 2000, il Ministero degli Esteri georgiano ricevette una nota di protesta dal governo di Putin in cui si lamentava la eccessiva libertà di espressione di A. Russo permessa dalle autorità georgiane.   Attraversando le montagne verso la Cecenia, fece amicizia con il leader dei ribelli, Aslan Mashkadov, che stava conducendo la guerra contro le truppe russe. Le sue amicizie coi leaders ceceni indipendentisti e le notizie, scottanti, circa la guerra che dava in Italia non passarono di certo inosservate. Le spie dei Russi in Georgia, anche tra i Ceceni rifugiati nella Valle del Pankisi, informavano i militari dell'intelligence russa. I suoi racconti, i suoi reportages infastidivano chi voleva tenere celati i reali interessi politici ed economici che si muovono dietro l'instabilità del Caucaso e che hanno portato al recente conflitto tra Georgia e Russia.  Un membro del Partito radicale transnazionale, Mamouka Tsagareli offrì un movente: "Stava raccogliendo materiale concernente la richiesta russa (di Putin) di espulsione del Partito radicale dall'Onu (per ingerenza del movimento, che ha per le Nazioni Unite lo status di organizzazione non governativa, negli affari interni della repubblica cecena.   Anche Mamuka Areshidze e Gia Gachechiladze e Surkho Idiev affermano che l'assassinio di Antonio fu istigato da chi non voleva che venisse divulgato il contenuto della video cassetta di Antonio che provava la violazione dei diritti umani durante il conflitto russo-ceceno.   A Tbilisi un giornalista americano J. Silverman azzarda l'ipotesi di un coinvolgimento di servizi deviati georgiani che su istigazione del GRU russo hanno dato a dei banditi Ceceni filorussi l'autorizzazione ad eliminare Antonio. Giornalisti, politici ed investigatori georgiani, incluso il procuratore georgiano Dzhamlet Babilashvili affermano che Antonio possa essere stato ucciso per impedire che i suoi documenti venissero alla luce. Anche le Brigate di al Qaida  attribuirono la morte di Antonio all'apparato dell'intelligence di Putin. Sin dalla caduta dell'URSS si è visto uno scioccante numero di politici dissidenti e di reporters assassinati. La vasta maggioranza di questi omicidi rimane e rimarrà ancora un mistero fino a quando una gola profonda non comincerà a parlare. Sono d'altronde passati solo 19 anni dalla caduta del Muro ma la Russia rimane e rimarrà un embrione di democrazia (qualcuno parla di feto abortito) finché ci saranno uomini del KGB ora FSB e del GRU sempre più coinvolti in casi di corruzione e crimine organizzato e, come provato da Anna Politkovskaia, di terrorismo e genocidio.   All'OSCE Freimut Duve afferma che "ci sono personaggi di potere - affari, mafia, terroristi, o governo e altri poteri amministrativi - che tentano di silenziare le voci critiche appena essi realizzano che queste voci saranno udite. Ma più questi poteri occulti fanno così meno il loro scopo sarà raggiunto.Tentando di mettere a tacere essi producono il contrario,cioè una esplosione di non-silenzio. L'attenzione della gente si alzerà sempre più".   "Rischiava la vita contro la morte, per raccontare le vittime delle guerre", questo è il ricordo di Marco Pannella. Anche Uchi un ceceno-kisti che vive in Pankisi (la Valle dove vivono 5.000 rifugiati ceceni) e che ospitò in casa sua Antonio, ricorda con grande gratitudine e colle lacrime agli occhi suo "fratello" Antonio, "l'italiano amico del popolo ceceno".   La Signora Beatrice,madre di Antonio,sottolinea:"Le infamie hanno bisogno del buio, voi giornalisti potete portare la luce della verità: fate conoscere la verità.Con la verità scompare anche la giustizia. Se però  la nostra memoria rimane vigile", continua la Signora Beatrice, "le atrocità non possono durare a lungo. L'infamia ha bisogno del buio.La luce e la conoscenza  sconfiggono le infamie nel mondo".   Ha ben ragione Guzzanti quando dice di essere in crisi di coscienza e che le parole del Cavaliere sulle cause e responsabilità della guerra in Georgia (tutte attribuite al georgiano Saakashvili) lo han fatto vomitare. Quelle parole dette alla platea del PDL sono l'indicazione della nuova strategia geopolitica (geoenergetica) del Cavaliere che ha già invitato gli Italiani ad investire in azioni ENI ed ENEL. Putin e Berlusconi sono ormai in joint venture. Alle persone oneste non interessano le strategie energetiche di Putin e Berlusconi, alle persone pulite interessano di più gli eroi caduti  per la difesa dei diritti umani, per la Verità: Antonio Russo, Ilaria Alpi, Anna Politovskaia, Alexander Litvenenko e tutti i martiri della Verità.