ZORRO E' VIVO

L’impero della vergogna


L’impero della vergognaintervista con Jean Ziegler Il Manifesto ha pubblicato il 23 maggio un'intervista a Jean Ziegler, esperto internazionale dell'ONU; a complemento di questa riporto quest'altra, rilasciata nel 2005 al giornalista Giuseppe Accardo durante la presentazione del suo ultimo libro “L'impero della vergogna” al canale televisivo francese TV5. Mi sembra scavi molto di più nei problemi e sia comunque assai attuale, l'unico aggiornamento che richiede è quello di sostituire al nome di Sharon quello di Olmert, a.s.]http://www.nazioneindiana.com/2008/05/26/limpero-della-vergogna/(Traduzione dal testo francese di Manuel Antonini)D. Il suo libro si intitola L’impero della vergogna. Qual è questo impero? Perché “della vergogna”? Qual è questa vergogna?Nelle favelas del nord del Brasile, capita alle madri, la sera, di mettere dell’acqua nella pentola e di infilarci delle pietre. Ai loro figli che piangono per la fame, spiegano che “presto la cena sarà pronta…”, sperando che nel frattempo i ragazzi si addormentino.Provi a misurare la vergogna provata da una madre davanti ai suoi figli vittime della fame e che lei è incapace di nutrire.L’ordine omicida del mondo – che uccide attraverso la fame e l’epidemia 100.000 persone al giorno – non provoca solamente la vergogna tra le sue vittime, ma anche fra di noi, occidentali, bianchi, dominatori, che siamo i complici di questa ecatombe, coscienti, informati e, tuttavia, silenziosi, vigliacchi e paralizzati. L’impero della vergogna? Ecco ciò che potrebbe essere questo impero generalizzato del sentimento di vergogna provocato dall’inumanità dell’ordine mondiale. Infatti, egli rappresenta l’impero delle multinazionali private, dirette dai cosmocrati [cosmocrates]. Le 500 più potenti tra queste l’anno scorso [2004 n.d.r.] hanno controllato il 52% del prodotto mondiale lordo, ossia di tutta la ricchezza prodotta sul pianeta.D. Nel libro lei parla di “violenza strutturale”. Che cosa significa?Nell’impero della vergogna, governato da pochi ben organizzati, la guerra non è più episodica, è permanente. Non costituisce più una crisi, una patologia, bensì la normalità. Non equivale più all’eclisse della ragione, come affermava Horkheimer, ma è la ragione d’essere dell’impero.I signori della guerra economica hanno messo il pianeta in scacco. Attaccano i poteri normativi degli stati, contestano la sovranità popolare, sovvertono la democrazia, devastano la natura, distruggono gli uomini e le loro libertà. La liberalizzazione dell’economia, la mano invisibile del mercato sono la loro cosmogonia; la massimizzazione del profitto, la loro pratica.Chiamo violenza strutturale questa pratica e questa cosmogonia.D. Parla anche di una “agonia del diritto”. Che cosa intende dire con questa espressione?Ormai la guerra preventiva senza fine, l’aggressività permanente dei signori, l’arbitrio, la violenza strutturale regnano senza ostacoli. La maggior parte delle barriere del diritto internazionale affondano. L’Onu stessa è esangue. I cosmocrati sono al di sopra della legge.Il mio libro è il racconto del crollo del diritto internazionale, citando numerosi esempi tratti direttamente dalla mia esperienza di consulente speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’alimentazione.D. Lei considera la fame come un’arma di distruzione di massa. Quale soluzione suggerisce?Con il debito internazionale, la fame è l’arma di distruzione di massa che serve ai cosmocrati per stritolare – e per sfruttare – i popoli, specialmente nell’emisfero Sud del mondo. Un insieme complesso di misure, immediatamente realizzabile e che descrivo nel libro, potrebbe rapidamente mettere un termine alla fame. E’ impossibile riassumerle in una frase.Una cosa, però, è certa: l’agricoltura mondiale, nello stato attuale della sua produttività, potrebbe soddisfare il bisogno di cibo in un numero doppio rispetto all’umanità presente oggi nel mondo. Non esiste alcuna fatalità: la fame è una questione che riguarda l’uomo.D. Certi paesi sono oppressi da un debito che lei definisce odioso. Che cosa intende dire con la formula “debito odioso” e quale può essere una soluzione?Il Ruanda è una piccola repubblica di 26.000 km², posta sulla cresta dell’Africa centrale, che separa le acqua del Nilo e del Congo e coltiva tè e caffé. Da aprile a giugno del 1994, un genocidio terribile, organizzato dal governo hutu alleato alla Francia di François Mitterand, ha provocato la morte di oltre 800.000 uomini, donne e bambini tutsi [e hutu moderati n.d.r.]. I machete che servirono per i massacri sono stati importati dalla Cina e dall’Egitto, e finanziati, fondamentalmente, dal Crédit Lyonnais. Oggi, i sopravvissuti, dei contadini poveri come Job, devono rimborsare le banche e i governi creditori perfino dei crediti che sono serviti per l’acquisto dei machete degli autori del genocidio.Ecco un esempio di debito odioso. La soluzione passa per l’annullamento immediato e senza compromessi o, per cominciare, da un esame del debito, come suggerito dall’Internazionale socialista o come ha fatto in brasile il presidente Lula, per rinegoziarlo in seguito voce per voce. In ogni voce ci sono infatti elementi delittuosi – corruzione, eccesso di fatturazione, etc. – che devono essere ridotti. Delle società internazionali di esame, come Price Waterhouse Cooper o Ernst & Young, possono farsene carico, come fanno ogni anno con le verifiche dei conti delle multinazionali.D. Lei cita più volte il presidente Lula da Silva come un modello. Che cosa della sua azione le inspira questa considerazione?Provo a volte dell’ammirazione e dell’inquietudine considerando gli obiettivi politici e l’azione del presidente Lula: dell’ammirazione perché è il primo presidente brasiliano ad aver riconosciuto che il suo paese conta 44 milioni di cittadini gravemente e permanentemente malnutriti e ad aver voluto mettere un termine a questa situazione inumana; dell’inquietudine, perché con un debito estero di 235 miliardi di dollari Lula non ha i mezzi per porre fine a questa situazione.D. Nel suo libro parla anche di una “rifeudalizzazione del mondo”. Cosa vuol dire?Il 4 agosto 1789, i deputati dell’Assemblea Nazionale francese hanno abolito il regime feudale. La loro azione ha avuto un’eco universale. Bene, oggi, noi assistiamo a un formidabile ritorno indietro. L’11 settembre 2001 non ha solamente fornito a George W. Bush l’occasione di estendere l’impero degli Usa sul mondo, ma l’evento ha anche giustificato la messa in scacco dei popoli dell’emisfero Sud per conto delle grandi società private transcontinentali.D. Nel testo fa molto spesso riferimento alla Rivoluzione francese e a certi suoi protagonisti (Danton, Babeuf, Marat…): in cosa crede questa possa avere ancora qualcosa da apportare, due secoli dopo e in un mondo molto differente?Basta leggere i testi! Il “Manifeste des Enragés” di Jacques Roux fissa l’orizzonte di qualsiasi lotta per la giustizia sociale planetaria. I valori fondatori della repubblica, o meglio, della civilizzazione tout court, risalgono all’epoca dei Lumi. Oggi l’impero della vergogna distrugge persino la speranza di concretizzare questi valori.D. Accusa anche la guerra globale contro il terrorismo di togliere le risorse necessarie ad altri combattimenti più importanti, come quello contro la fame. Lei pensa che il terrorismo sia una falsa minaccia, coltivata da qualche stato? Se sì, che cosa glielo fa credere? Pensa inoltre che questa minaccia non sia reale o meriti un trattamento differente?Il terrorismo di stato di Bush, Putin, Sharon è altrettanto detestabile del terrorismo dei gruppi jihadisti o di altri pazzi sanguinari di questo tipo. Sono due facce di una stessa barbarie. E sono reali sia l’una che l’altra, poiché sia Bush che Ben Laden uccidono. Il problema è sradicare il terrorismo: non può avvenire che con uno sconvolgimento totale dell’impero della vergogna. Solo la giustizia sociale planetaria potrà tagliare ai jihadisti le loro radici e privare i lacchè dei cosmocrati dei pretesti fondanti le loro risposte.D. Nel 2002, lei è stato nominato consulente speciale dell’Onu per il diritto all’alimentazione. Quali riflessioni le ha ispirato questa missione?Il mio mandato è appassionante: in totale indipendenza – responsabile davanti all’Assemblea generale dell’Onu e alla Commissione dei diritti dell’uomo – devo rendere valido giuridicamente, attraverso il diritto statutario o consuetudinario, un nuovo diritto dell’uomo all’alimentazione. E’ un lavoro di Sisifo! Avanza millimetro dopo millimetro. Il luogo centrale di questa lotta è la coscienza collettiva. Per molto tempo la morte degli esseri umani a causa della fame è stata tollerata in una sorta di normalità congelata. Oggi, è considerata intollerabile. L’opinione pubblica fa pressioni sui governi e sulle organizzazioni (WTO, FMI, Banca Mondiale etc.) affinché misure elementari siano prese per sconfiggere il nemico: riforme agrarie nel terzo mondo, prezzi adeguati pagati per i prodotti agricoli del Sud, razionalizzazione dell’aiuto umanitario in caso di improvvise catastrofi, chiusura della Borsa delle materie prime agricole di Chicago (che specula sui principali alimenti), lotta contro la privatizzazione dell’acqua etc.D. Nel suo libro appare come un difensore della causa altermondialista, come un portavoce di questo movimento. Come mai interviene raramente nelle manifestazioni “alter” e che il movimento non vi considera generalmente come un intellettuale altermondialista?In che senso? Ho parlato davanti a 20.000 persone al “Gigantino” di Porto Alegre nel gennaio del 2003. Mi sento come un intellettuale organico della nuova società civile planetaria, dei suoi molteplici fronti di resistenza, di questa formidabile fraternità della notte. Ma resto fedele ai principi dell’analisi rivoluzionaria di classe, a Jacques Roux, Babeuf, Marat e Saint-Just.D. Sembra che lei attribuisca tutti i drammi del mondo alle multinazionali e ad una manciata di stati (Russia, Usa, Israele…): non è un po’ riduttivo?L’ordine del mondo attuale non è solamente omicida, è anche assurdo. Uccide, distrugge, massacra, ma senza altra necessità che la ricerca del massimo profitto per qualche cosmocrate ossessionato dal potere e da un’avidità illimitata.Bush, Sharon, Putin? Dei lacchè, degli ausiliari. Aggiungo un post-scriptum su Israele: Sharon non è Israele. E’ la sua perversione. Michael Warshavski, Lea Tselem, i “Rabbini per i diritti dell’uomo” e tante altre organizzazioni di resistenza incarnano il vero Israele, il suo avvenire. Meritano tutta la nostra solidarietà.D. Crede che la morale abbia il suo posto nelle relazioni internazionali, che sono attualmente piuttosto dettate dagli interessi economici e geopolitici?Non c’è scelta. O si sceglie per lo sviluppo e l’organizzazione normativa o si sceglie per la mano invisibile del mercato, la violenza del più forte e l’arbitrio. Potere feudale e giustizia sociale sono radicalmente antinomici.“In avanti verso le nostre radici” esige il marxista tedesco Ernst Bloch. Se noi non restauriamo con tutta urgenza i valori dei Lumi, la repubblica, il diritto internazionale, la civilizzazione come noi li abbiamo costruiti negli ultimi 250 anni sono destinati a essere ricoperti, inghiottiti dalla giungla.D. Da quando i talebani sono hanno lasciato il governo dell’Afghanistan, il Medio Oriente sembra essere attraversato da un’ondata di democratizzazione più o meno spontanea (elezioni in Afghanistan, in Iraq, in Palestina, apertura delle presidenziali ad altri candidati in Egitto…). Come giudica tutto questo? Crede che la democrazia possa essere esportata in questi paesi? O ritiene piuttosto che siano condannati ad avere regimi dispotici?Non si tratta di esportare la democrazia. Il desiderio di autonomia, di democrazia, di sovranità popolare è consustanziale all’essere umano, quale che sia la regione del mondo dove egli è nato. Il mio amico e grande sociologo siriano Bassam Tibi vuole vivere in una democrazia e ne ha diritto. Ora, da oltre trent’anni, vive in Germania , esiliato dalla dittatura terribile che imperversa nel suo paese.Elias Sambar, scrittore palestinese, un altro mio amico, ha diritto a una Palestina libera e democratica, non a una Palestina occupata, né ad una vita sotto la ferocia dei fondamentalisti islamici.Tibi, Sambar ed io vogliamo la stessa cosa e ne abbiamo diritto: la democrazia. Il problema: la guerra fredda, la strumentalizzazione dei regimi al potere da parte delle grandi potenze ed infine la vigliaccheria dei democratici occidentali, la loro mancanza di solidarietà attiva e reale, fanno in modo che i tiranni del Medio Oriente, dell’Arabia Saudita, dell’Egitto, della Siria, dei paesi del Golfo, dell’Iran hanno potuto durare fino ad oggi.«L’impero della vergogna»: da ziegler un nuovo grido di rivolta Daniele Barbieri [5 Dicembre 2006]A distanza di qualche mese vale la pena tornare a ragionare su « L’impero della vergogna », il nuovo saggio di Jean Ziegler [252 pagine a 17,50 euri] edito da Marco Tropea come i precedenti « I signori del crimine » nel 2000, « La privatizzazione del mondo » nel 2003, « Dalla parte dei deboli » nel 2004 e il romanzo « L’oro del Maniema » mentre altri suoi libri sono usciti da Mondadori – come il famoso « La Svizzera lava più bianco », più volte ristampato – e da Sonda. Sociologo, deputato al Parlamento svizzero, relatore speciale «per il diritto all’alimentazione» delle Nazioni unite, Ziegler sa narrare e avvincere: rigore scientifico ma anche tesi contro-corrente, l’invito a impegnarsi in prima persona. Una particolare passione per l’Africa, l’amicizia e i debiti verso due grandi intellettuali [Cheikh Anta Diop, prematuramente scomparso e il “grande vecchio” Joseph Ki-Zerbo] tornano anche qui. Facile quanto falso accusarlo di essere un terzomondista: le preoccupazioni per il suo Paese natio, falsamente pacifico all’ombra delle grandi banche, si unisce da tempo all’angoscia per «le nuove mafie europee contro la democrazia» [si veda « I signori del crimine »]. Ma da sempre Ziegler urla contro le ingiustiizie di un mondo intollerabile. «Di che altro c’è bisogno?» gli chiede suo figlio Karim e lui risponde: «Va cambiato l’ordine omicida del mondo». E’ la frase che chiudeva « La fame nel mondo spiegata a mio figlio » [uscito da Pratiche nel ‘99, ora in edizione economica Net]. Da quelle analisi, da quell’invito ad agire riparte « L’impero della vergogna ». Ripetendo le verità costantemente celate o rimosse dai media come dai politici dell’Occidente compresi quei “buonisti” che non smettono di concionare a favore dei poveri mentre chiudono gli occhi sul sistema che li impoverisce e contro il quale non alzano un dito neanche quando potrebbero. «Principale responsabile della denutrizione e della fame sul nostro pianeta è la distribuzione ineguale delle ricchezze. Una ineguaglianza negativamente dinamica: i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Nel 1960 il 20% degli abitanti più ricchi della Terra disponeva di un reddito 31 volte superiore rispetto a quello del 20% dei più poveri. Nel 1998 il reddito del 20% dei più ricchi era 83 volte superiore a quello del 20% dei più poveri. […] È dunque l’attuale giungla del capitalismo selvaggio che è necessario civilizzare. […] Le 225 fortune più grandi del mondo rappresentano un totale di oltre mille miliardi di dollari, l’equivalente del reddito annuale del 47% più povero della popolazione, circa 2,5 miliardi di persone. Negli Stati Uniti il valore totale netto della fortuna di Bill Gates è uguale a quello dei 106 milioni di americani più poveri». Denuncia dei tabù, analisi lucida, dolore e invito a rivoltarsi attraversano anche quest’ultimo libro di Ziegler; con un occhio   alla storia che ci insegna come, dopo i tempi più bui, si possa «ricominciare» come infatti s’intitola l’epilogo. L’ingiustizia regna: «il mondo globalizzato consiste in realtà in una serie di isolotti di prosperità e di ricchezza che fluttuano su un oceano di popoli in agonia […] Una banda internazionale di speculatori di borsa, senza anima né cuore, ha creato un mondo di disuguaglianza, di miseria e di orrore. È urgente porre fine al loro regno criminale ». Ma anche se oggi raggiunge nuovi orrori e si traveste con moderne maschere questa ingiustizia è antica come lo sono le rivolte da una parte e la manipolazione del passato, con gli   storici intenti a cancellare tutto quel che non torna comodo ai potenti. Tre censure, fra le tante, che Ziegler ricorda. Scipione Emiliano che sgozzò a Cartagine «decine di migliaia di persone»: la civiltà romana. Thomas More decapitato nel 1535 per aver osato pensare: l’Inghilterra padre della democrazia. Le rivolte del prete Jacques Roux o dei comunardi stroncate nell’Europa moderna delle pretese universaliste. Tabù sono oggi notizie, in teoria pubbliche, come i dividendi degli azionisti Microsoft, le gravissime accuse nel 2002 dello Zambia contro la Monsanto oppure i massacri di Putin in Cecenia. Cosa fanno le Nazioni Unite? Ben poco, è la dura quanto documentata accusa di Ziegler: la politica dell’Onu è correre in aiuto dei «predatori»; a 40 anni dalla nascita l’Unctad [la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo]     ha fallito tutti i suoi obiettivi; l’Oms [Organizzazione mondiale della salute] ammette sottovoce i suoi insuccessi mentre le grandi case farmaceutiche estendono il loro controllo; le infamie della triade Fmi, Banca mondiale e Wto sono note a chi frequenta Carta o il suo sito come chiunque voglia documentarsi eppure i   grandi media come le sinistre modernelle riescono a non vederne gli errori né gli insuccessi. Dietro quell’orribile trio ci sono i veri padroni del mercato globale: Chiquita, Nestlè, Novartis, Philip Morris, Shell, Siemens… ovviamente con l’intermediazione più o meno diretta dei Bush, dei Putin come del Mitterrand “africano” e “socialista”. Invitandoci a continuare la lotta, Ziegler ci ricorda i nomi – ignorati dai media o trattati come fossero un mix di panda e di sognatori – di chi si oppone con efficacia contro «l’ordine cannibale»: persone come la norvegese Gro Harlem Brundtland, Riccardo Petrella, il procuratore brasiliano Helio Bicudo, Sergio Vieira de Mello; oppure ong, fondazioni, associazioni gruppi come Antenna, Gain, Terre des hommes… Mentre «i cosmocrati» – cioè «i nuovi signori feudali» – si arricchiscono oltre ogni misura e tutti gli altri continuano a impoverirsi, l’offensiva delle grandi multinazionali – contro i sindacati e contro «la concorrenza sleale del vivente», ma persino contro il dono o la solidarietà – si copre di un comodo mantello, la lotta al terrorismo.«Assistiamo a una rifeudalizzazione del mondo» accusa Ziegler: con «500 transnazionali private» a controllare «il 52 per cento del prodotto interno lordo del pianeta» e con un sistema socio-giuridico e con rapporti di forza che garantiscono loro l’impunità per ogni crimine. Nel capitolo “La barbarie e il suo specchio” Ziegler invita «il movimento democratico a sconfiggere la doppia follia (…) della violenza irrazionale dei jihadisti e della barbarie dei cosmocrati» dichiarando inaccettabile «la scelta fra un impero esasperante e un medioevo insopportabile». Fra l’impero armato e il terrorismo in nome dio, altre vie sono percorribili e i nuovi movimenti le indicano. «Non sono un leader sindacale, né il capo di un movimento di liberazione, ma un intellettuale dai mezzi limitati. Il mio libro presenta una diagnosi» scrive Ziegler nelle ultime righe. «La distruzione dell’ordine cannibale del mondo è affidata ai popoli […] Di che cosa saranno fatte le sue vittorie e le sue sconfitte? Nessuno oggi conosce le risposte». Fra gli strumenti che non dobbiamo stancarci di usare anche la denuncia, «il potere della vergogna». Se la scoperta che miliardi di esseri umani sono privati, con la violenza e l’inganno, dei loro diritti – «lavoro, cibo, salute, conoscenza, libertà e felicità» –   induce a vergognarsi da qui possiamo partire per rifiutarci di accettare «la barbarie cosmocratica» e dare un piccolo aiuto per iniziare a smantellarla. «Bisogna rimettere il mondo nella giusta posizione, con la testa in alto e i piedi in basso. Bisogna distruggere la mano invisibile del mercato. L’economia non è un fenomeno naturale: è solo uno strumento che deve essere posto al servizio di un unico scopo, la ricerca della felicità comune».