ZORRO E' VIVO

Le prime rivoluzioni del XXI secolo


Le prime rivoluzioni del XXI secoloMentre in Italia viviamo tutti sospesi ai genitali di Berlusconi, a poche centinaia di chilometri da noi, giusto dall'altra parte di quel grande lago che è il Mediterraneo, stanno avvenendo le (probabilmente) prime rivoluzioni politiche e sociali del nuovo secolo. Non sono un esperto di politica estera o di politica nordafricana, e non posso aggiungere niente a quanto già si è letto e si sta leggendo in questi giorni a proposito delle proteste in Tunisia e in Egitto -mentre il contagio sembra estendersi.Certamente è facile notare come davanti a popoli che, oppressi da quella che un osservatore oggettivo non può che chiamare dittatura, inneggiano alla libertà e alla giustizia, i media occidentali appaiano eccezionalmente prudenti: in questo ha gioco certamente il timore che un eventuale vuoto di potere possa concedere spazio alla proliferazione del radicalismo islamico, ma non è possibile dimenticare che fino a ieri noi quelle tirannie le abbiamo considerate (e c'è chi ancora pare farlo) come eccellenti alleati in un mondo che la precedente Amministrazione americana aveva bipolarizzato tra terroristi islamici e 'popoli liberi'. Personaggi come Mubarak, Ben Ali, gli ambigui governanti pachistani, dittatori 'vecchio stile' in quanto legati alle caste militari e a un certo tipo di propaganda 'novecentesca', semplicemente ci hanno sempre fatto troppo comodo perché le violazioni non troppo plateali dei diritti umani che questi commettevano ci potessero spingere anche soltanto a un piccolo rimbrotto. È fin troppo facile commuoversi per i monaci tibetani vestiti color zafferano e lontani migliaia di chilometri dalle nostre coste; più difficoltoso compiere una valutazione serena quando le grida in favore della libertà vengono da paesi così pericolosamente vicini, dove ogni minimo cambiamento dello status quo può riguardarci in modo molto diretto. E anche se questa sensazione di vicinanza e lontananza dovrebbe in realtà essere decisamente relativizzata, è certamente questo l'orientamento prevalente tanto nei media quanto tra l'opinione pubblica.Non saprei dire se quello che sta succedendo possa essere considerato come una modificazione davvero radicale del quadro politico della sponda sud del Mediterraneo, e certamente la situazione -paradossalmente allo stato attuale più per un osservatore europeo che per un manifestante egiziano- presenta molte incognite potenzialmente infauste. Eppure almeno per il momento non posso che gioire quando un popolo scende in piazza rivendicando libertà e diritti. E giudicare, a caldo, la positività di quanto sta avvenendo in maniera del tutto indipendente dai calcoli e dalle opportunità del caso.Per esempio, la guida egiziana su come fare la rivoluzione 'con intelligenza', segnalata da Internazionale e proposta dall'Atlantic, è semplicemente meravigliosa.