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Una sola parola


Aveva trascorso ore davanti alla macchina per scrivere. Continuava a fissare il foglio bianco senza che gli venisse alla mente una sola frase, una sola parola per la quale valesse la pena sporcarlo. Andava avanti così da giorni, mesi ormai. In quella casa si sentiva troppo solo, da quando lei se n’era andata. Se lo avesse lasciato per un altro, avrebbe avuto almeno un motivo per torturarsi, per odiarla, per tentare di riportarla a casa. Ma contro la malattia non poteva nulla, non aveva potuto fare nulla. Lei era la sua ispirazione, la sua Musa. Le sue risate si diffondevano per le stanze, insieme al ticchettio dei tasti. Sapeva sempre quando era il momento di portargli un caffè o fargli un massaggio al collo. Se era diventato così famoso con i suoi romanzi d’azione, lo doveva a lei. Ora che lei non c’era più, non aveva nulla da dire. SOLO, aveva battuto d’impulso, prima di andare a dormire.   Al mattino, quando si era avvicinato al tavolo avvertendo un senso di nausea – e dava la colpa al vuoto che aveva nella testa – la tazza di caffè gli era scivolata dalle mani, frantumandosi e schizzando il liquido un po’ ovunque. Sotto alla parola lasciata sul foglio la sera prima, c’era una frase, che lui non ricordava affatto di aver scritto: Non sarai solo fino a quando ti ricorderai di me, ma non è questa la parola che stavi cercando. Incredulo, meravigliato, impaurito. Non sapeva come spiegare quelle parole, sicuro di non essere stato lui a scriverle. O almeno credeva di esserne sicuro, perché in quel momento non era davvero più certo di nulla. Così decise di uscire per cambiare aria. Chiunque avesse scritto quella frase – il sistema d’allarme impediva l’ingresso agli estranei e, oltre a lui, le chiavi le aveva la domestica, sicuramente dedita al sonno nelle ore notturne – aveva comunque azzeccato una parte della sua situazione. Non stava cercando solo una parola, ma un intero romanzo. E il suo editor si sarebbe stancato presto di aspettare.   Camminò tutto il giorno, pranzò in un ristorantino del quartiere e tornò a casa mentre il sole stava tramontando. Per la prima volta, da quando era rimasto solo, si sentiva leggero, svuotato. Nessuna tensione, né rabbia. Soprattutto, tanta voglia di scrivere. Non preparò neppure la cena e si mise subito alla macchina. Alle tre del mattino aveva scritto almeno la metà della storia. Prima di andare a dormire, inserì un nuovo foglio e scrisse AMORE. Quando si svegliò, a giorno ormai inoltrato – quasi che anche il sonno avesse beneficiato di quella ripresa improvvisa – per prima cosa cercò un segno. Nero su bianco, sotto alla parola battuta da lui, trovò un’altra frase: Sì, è questa la parola. Quella che dovrà accompagnarti per il resto della vita. E io ti sarò accanto. Sorridendo, piegò il foglio e lo chiuse in un cassetto, insieme a quello del giorno precedente. Proprio in quel momento, suonò il telefono. - Allora, non mi dire che sei ancora confuso e che non hai buttato giù nemmeno una riga! - No, non preoccuparti. Ho appena terminato all’incirca metà di una nuova storia. - Ah, benissimo. E sarebbe? - Una storia d’amore. La mia. © Daniela Giorgini Foto © Roberta Nozza