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Post n°21 pubblicato il 07 Agosto 2010 da mercerara2008
"Alchimie" di Danilo Scastiglia. Recensione a cura di Azzurra Marcozzi Un labirinto di turbini passionali e voraci. Un rintocco di libertà nel bel mezzo della insana vita abitudinaria. Una favella che incalza nella rumba di pensieri. Una sana boccata di ossigeno al di fuori di un’esistenza asfissiante. Di queste ed altre sensazioni vivono i personaggi di “Alchimie” del giovane scrittore Danilo Scastiglia. Un semplice groviglio di caratteri e narrativa che delinea un lineare approdo ad una voglia di abbandono alla carnalità senza pretese né finzioni. Stimola nel lettore tutte quelle fantasie, contraddizioni e desideri che ognuno di noi, per pudore e buon senso, nasconde in fondo alla scatola più remota dell’intelletto. Offre a quest’ultimo spunti per domande sul vivere il sentimento, sia esso istantaneo e artificiale, sia esso l’incarno verso un incipit sincero e libero di ogni ristrettezza sociale. Nella languida ricerca del piacere, sia esso perversione, sia esso lo squarcio verso la monotonia quotidiana, gli attori delle storie”alchemiche” di Scastiglia, transitano verso una nuova consapevolezza della propria personalità, scoprendo, poco a poco, voleri e caratteristiche, finora tenuti nascosti da ciò che, fino al momento della rivelazione, sembrava un giusto percorso. Si spogliano questi personaggi, ma non solo nel momento dell’atto, ma di inibizioni e frustrazioni inconsce, che mescolandosi giorno per giorno, lambiscono la verità della natura umana ed inviolabile. La verità sta nell’assecondare i nostri istinti o nel vivere di certezze e di una frigida pacatezza dell’anima? Abbassare la testa e lasciare la carne alla merce di una coscienza inviolata oppure strappare l’imbarazzo dalla nostra ceca convinzione del “per sempre”? Non c’è vincolo che tenga, non c’è parola che riesca a distogliere la voglia di evasione, non c’è attimo di ripensamento né sensi di colpi. C’è solo il nostro involucro, misto a carne ed anima, nudo, violabile e sincero ed una volta intrapresa questa convinzione appare impossibile resisterle. Non c’è attimo nelle storie di questo libro che non trasudi, nella sua semplicità descrittiva, una visione incalzante di un mondo parallelo alla visone comune, una realtà libera, dove il termine “volgarità” è pura e salutare incoscienza, dove “il sesso” e la “depravazione” possono scindersi in “rinascita” e nel rinsavire dalla mediocrità di relazioni vincolanti e povere di sensazioni, emozioni, di vita. Ed allora una scelta bisogna pur farla. Oppure demordere e rimanere incollato a rassicuranti ed apatiche condizioni. Il piacere come via della salvezza o dell’apparizione e la volontà che dietro la sua scia nulla sia andato perduto. Nulla sia stato vago. Nulla sia stato frutto di un errore. Ma che, da ora in poi, ogni senso sia l’arma di taglio alle regole e ai legami, verso infuocati orizzonti ed eccitanti discese, sempre più in basso, volando, restando appigliati alla voce dell’io più limpido, che non pretende nulla per sé, se non un’atroce diagramma dell’immoralità dell’attimo. Azzurra Marcozzi |
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