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Per i "signori" del nord.... imprenditori con i soldi nostri(sud)


…le ragioni della sua scomparsa e forse anche quelle della sua futura rinascita. Questo articolo risale a qualche anno prima del processo di assorbimento del Banco di Napoli da parte del S. Paolo di Torino e ci dà una chiave di lettura molto diversa da quella che è stata ufficialmente diffusa. Carmine De Marco non è certo un veggente, è semplicemente un imprenditore del SUD di rara preparazione tecnica, economica e sociale oltre che profondo conoscitore della storia. Domenico Iannantuoni   “ Molti hanno capito e tanti ancora stanno apprendendo perché ciò che sanno sul meridione d’Italia. dopo la conquista militare piemontese del 1860, è falso e distorto. Prima dell’unità d’Italia il SUD aveva molto più denaro di tutti gli altri Stati preunitari messi insieme. . . . pagò i debiti del Piemonte e le iniziative industriali del NORD!…”   Parliamo del Banco di Napoli o, meglio, parliamo della guerra intentata dallo stato unitario e dalla Banca Nazionale nel Regno d’Italia, contro il Banco di Napoli. Al momento dell’unità d’Italia, vi erano cinque Istituti di emissione: la Banca Nazionale Sarda, la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito, il Banco di Sicilia ed il Banco di Napoli. La Banca Romana non la consideriamo ché ancora lo stato Pontificio non faceva parte dell’Italia. Gli Istituti di emissione avevano la possibilità di stampare carta moneta con valore legale. Oggi questo è un privilegio dello stato, attraverso la Banca d’Italia, ma, all’epoca, erano le Banche che consentivano la circolazione di danaro, attraverso la stampa della carta moneta che facilitava gli scambi di prodotti e di servizi. Senza il danaro non vi può essere scambio se non in natura. D’altra parte le Banche non potevano stampare tutta la carta moneta che avessero voluto, altrimenti, teoricamente, le Banche avrebbero potuto acquistare tutto ciò che si può acquistare e, sempre teoricamente, nessuno avrebbe più accettato carta. In realtà potevano stampare fino a tre volte le rispettive riserve auree. L’oro era stato scelto perché in epoca storica, per ragioni che al momento non ci interessa conoscere, sempre è stato considerato come un bene da scambiare con un altro bene, sicuri che sarebbe stato accettato. Ha sempre avuto la funzione di danaro. Ma, sia per la difficoltà di tagli di moneta, che per ragioni di praticità, si convenne di sostituire l’oro con un documento che ne rappresentasse una certa quantità. Nacque così il danaro così come lo conosciamo oggi. Sua caratteristica, all’epoca, era, appunto, la sua convertibilità in oro. Chiunque presentava carta moneta all’Istituto di emissione poteva avere oro in cambio. Ritornando alle Banche, queste dovevano avere riserve di oro pari ad un terzo del valore della carta moneta circolante. Era impensabile che tutti convertissero in oro contemporaneamente; avevano fiducia che il danaro che possedevano valesse qualcosa e quindi la carta moneta aveva le funzioni del danaro. Ed ora, poiché stiamo parlando della lotta della Banca Nazionale nel regno d’Italia contro il Banco di Napoli, citiamo le rispettive riserve auree, in lire dell’epoca: Banca Nazionale 26.000.000, Banco di Napoli 48.000.000. E’ da notare che la Banca Nazionale nel Regno d’Italia era nata dalla fusione della Banca Nazionale Sarda (cioè del Piemonte), della Banca Nazionale Toscana e della Banca Toscana di Credito. Il Banco di Napoli valeva, quindi, il doppio della Banca Nazionale. Qui vale la pena guardare il grafico che mostra la quantità di monete che circolavano negli ex stati prima della cosiddetta unità d’Italia e dove era, poiché da poco abbiamo visto quanto sia importante il danaro per i commerci ed i traffici, cioè per la ricchezza di una Nazione.
  Nel sud circolava il 66% della moneta italiana, con il 37% della popolazione. Ogni meridionale aveva quasi il quadruplo delle monete a disposizione rispetto alla media degli italiani. Ritorniamo alla lotta tra la Banca Nazionale ed il Banco di Napoli. Lotta ineguale perché a proteggere la Banca Nazionale contro il Banco di Napoli c’era lo stato. C’erano cioè la borghesia e la nobiltà del nord che, essendo al potere politico, favorivano il sistema bancario del nord per proteggere i propri interessi economici. Anche la borghesia e la nobiltà del sud tentavano di difendere il Banco di Napoli ma il potere era nelle mani del Piemonte vincitore e conquistatore. Due provvedimenti dettero inizio alle ostilità del sistema bancario del nord contro il sud. L’autorizzazione alla Nazionale di poter aprire filiali al sud e l’impedimento al Banco di Napoli di aprire filiali al nord. Vediamo perché furono provvedimenti di enorme importanza. Lo stato unitario, in particolare per il debito pubblico del Regno di Sardegna, aveva debiti (che poi pagarono tutti gli italiani). Per pareggiare questi debiti, lo stato vendeva titoli del debito pubblico ai privati con un interesse da pagare annuo. Ed ecco il giochetto, difficile da spiegare, ma semplicissimo da fare. Le Banche comperavano i titoli del debito pubblico dallo stato e lo vendevano ai privati, finanziando, in tal modo, il debito pubblico. La Nazionale vendeva questi titoli al nord ed al sud dell’Italia, perché aveva filiali al nord ed al sud dell’Italia. Vendendo i titoli al sud, aveva in cambio la moneta che circolava al sud, cioè quella emessa dal Banco di Napoli. La Nazionale presentava la carta moneta al Banco di Napoli che, non avendo filiali al nord, non aveva la possibilità di procurarsi moneta della Banca Nazionale da dare in cambio, per cui era costretta a dare in cambio oro. Con l’oro la Nazionale poteva stampare il triplo del valore in carta, e la Nazionale stampava. Conclusione di questi primi due provvedimenti fu che il Banco di Napoli ebbe un’emorragia di oro e la Nazionale un eccesso di liquidità. Successe quindi che, non potendo fare il Banco di Napoli da banca, per l’emorragia di danaro, ci fu un drastico taglio ai prestiti ed ai finanziamenti, ovviamente al sud. E successe invece che, avendo allargata la sua circolazione, la Nazionale poté allargare anche i suoi finanziamenti che andarono, manco a dirlo, al nord. In particolare, al sud, ci fu un taglio ai prestiti a lungo termine. Un prestito a breve è di solito per un “affare” mentre il prestito a lungo termine di solito serve a finanziare una struttura, un impianto che dovrà dare i suoi frutti nel tempo. Ecco l’enorme importanza di una decisione politica per lo sviluppo del sud, che da allora rallentò, e del nord che ebbe invece una forte spinta. Ma la guerra (si può dire!) non ebbe solo questa battaglia. Il fatto è che fu guerra ineguale (come se un padre facesse causa comune con un figlio contro l’altro figlio). Come abbiamo visto, avere più oro significava allargare la propria circolazione monetaria. Il Banco di Napoli chiese autorizzazione a comperare oro. L’autorizzazione fu negata! Se avesse avuto quell’autorizzazione, dato che al sud esistevano le maggiori ricchezze in oro dell’Italia, il Banco di Napoli sarebbe diventata non solo la più grande Banca italiana, lo era già, ma di gran lunga la più importante: e questo non poteva essere, il sud ne avrebbe avuto troppa potenza! Con malafede e con cattiveria? Certo! Con che altro si combattono le guerre se no? Il Regno delle Due Sicilie aveva perduto politicamente e militarmente, doveva perdere anche economicamente: ecco l’attacco al Banco di Napoli che non poteva perdere se non fossero intervenuti i provvedimenti dello stato in aiuto alla Banca del nord. Dopo l’episodio della proibizione al Banco di acquistare oro, venne prima un provvedimento governativo che indirizzava il Banco verso il credito fondiario piuttosto che verso il credito industriale, poi la mazzata finale: il “corso forzoso”. Si ha il corso forzoso quando l’autorità monetaria sospende la convertibilità in oro dei biglietti a corso legale, mantenendo, però, l’obbligatorietà dell’accettazione da parte di tutti. Sospendendo la convertibilità, in pratica la moneta non valeva più nulla. Ad evitare che la gente rifiutasse la carta moneta, lo stato li obbligava ad accettarla. Sembrerebbe eliminato il problema delle riserve auree da parte delle banche! Invece no! Il problema non lo ebbe più la Banca Nazionale che, ripetiamo, era la fusione degli Istituti di emissione di Piemonte e Toscana. Il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia poterono ancora stampare carta moneta, ma erano sempre condizionati dal problema delle riserve auree pari ad un terzo della moneta circolante. La Banca Nazionale poteva, invece, stampare quanta carta moneta avesse voluto: era protetta dal corso forzoso! Oltretutto la Banca Nazionale ebbe l’autorizzazione a comprare oro!! In questo modo, con il giochetto della vendita dei titoli del debito pubblico, comperava oro dal Banco di Napoli, dissanguandolo. Con il corso forzoso poteva stampare carta. Con l’autorizzazione a comprare oro, aumentava le sue riserve: ed il giro continuava. Dopo pochi anni dall’unità le riserve auree del Banco di Napoli passarono da 48 milioni a 43. Le riserve auree della Nazionale passarono, invece, da 26 milioni a 157. Il Banco di Napoli non lottò più. Perdette la voglia di fronteggiare e combattere la Nazionale. Anzi, come spesso succede, il perdente si alleò con il vincitore: quando il Banco di Napoli aprì filiali al nord, investì più al nord che al sud. Risultato finale: il nord ed il sud finanziavano il nord. Gli agrari, gli industriali, gli imprenditori del sud reclamavano e fallivano o chiudevano; quelli del nord ingrassavano. Il sud, superiore al momento dell’unità, per industrie e per capitali, non solo finanziò l’industrializzazione del settentrione, ma finanziò anche l’incapacità di molti settentrionali a gestire il danaro che toglievano al sud. Infatti furono molte le insolvenze di banche collegate alla Nazionale a causa di finanziamenti erogati ad incapaci imprenditori del nord, come vedremo meglio più avanti. Come va a finire la guerra tra il Banco di Napoli e la Banca Nazionale? I provvedimenti che abbiamo esaminato non rendono l’atteggiamento di disparità di trattamento da parte dello stato verso le due banche. Al Banco di Napoli non rimase altro, per sopravvivere, che adattarsi a fare il gioco del più forte. Ebbe uno sprazzo di orgoglio, nel 1887, quando si rifiutò di garantire i debiti della Banca di Sconto torinese, fallita. Il governo non tollera l’alzata di testa del Banco di Napoli, che credeva completamente domo ed asservito, e scioglie il Consiglio di Amministrazione nominando un commissario governativo. Pochi anni dopo, nel 1898, con la costituzione della Banca d’Italia, alla quale per statuto potevano partecipare solo banche, al meridione furono assegnate 20.000 azioni su 300.000. La sola Liguria ne ebbe 120.000 (ecco come nascono i triangoli industriali!). Nel 1931 il Banco di Napoli partecipa alla costituzione dell’Istituto Mobiliare Italiano ed al Consorzio Sovvenzioni Industriali che daranno soldi quasi esclusivamente al nord. In quegli stessi anni lo stato salva dal fallimento la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano ed il Banco di Roma che avevano finanziato, ancora una volta, l’inettitudine degli imprenditori del nord. Nel 1939 la metà della disponibilità del Banco di Napoli fu investita, sempre per legge dello stato, in titoli di stato ed in mutui ad enti pubblici. A questo punto incomincia a chiarirsi il perché il Banco di Napoli, ancora oggi, abbia un rapporto depositi/impieghi più sfavorevole (per le popolazioni meridionali) rispetto ad altri grandi Istituti di credito ed abbia un esagerato rapporto di impieghi pubblici rispetto a quelli privati. E questo lo possono testimoniare tutti coloro che per lavoro hanno contatto con le Banche. Il Banco di Napoli, ancora oggi, deve rastrellare risparmio al sud e finanziare il nord (pensate, nell’operazione di  salvataggio della Olivetti c’è anche il Banco di Napoli!) e lo stato. Ed è di questi giorni la polemica sul Banco di Napoli che rischia di essere fagocitato da qualche banca del nord. Sempre con la stessa scusa: cattiva gestione! (Quando le banche del nord prestavano oltre 30.000 miliardi alla Ferruzzi era buona la gestione … ). Così si sono “fottuti” la Banca di Calabria, la Banca Fabbrocini, la Cassa di Risparmio di Calabria, la Cassa di Risparmio di Puglia. E … continueranno … se noi glielo consentiremo … Se “l’acqua è poca e la papera non galleggia”, ricordiamocene le cause.