FATA MORGANA

Post N° 389


E fuori, appena fuori, a distanza di un muro, di una parete sottile come un bacio, lei passeggiava, suonava, ricamava, si riscaldava, piangeva. E non una volta lui aveva osato aprire quella porta o soltanto accostare l’orecchio al muro. Ma nel delirio solitario di segni che si rincorrevano tra la memoria e l’alba, nei momenti di stanchezza invincibile, o allo scorrere un’elegia conosciuta dove l’esametro precipita nel dolore, avrà desiderato qualche volta, buttato sul divano, avrà ben desiderato che tutto tacesse per un attimo, per avvertire o solo immaginare i passi di lei, un suo richiamo ai servi, il fruscio dei suoi vestiti al di là del muro.R Vecchioni, “Le parole non le portano le cicogne”, Einaudi, Torino 2000