DARK REALMS V2

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DEPECHE MODE: EXCITER (2001)L’eccitante rinascita. Ad oltre un onorato e travagliato ventennio dal loro album di debutto, Speak And Spell (1981), con più di 50 milioni di copie vendute per “soli” dieci opere alle spalle, i mai sazi Depeche Mode – “in anticipo” circa le tendenze future – ritornarono sulla scena con Exciter, perfetta rappresentazione della loro straordinaria evoluzione stilistica. Non era facile rimanere sulla cresta dell'onda, almeno non lo sarebbe stato per un'artista qualsiasi, lo fu, invece, per il gruppo in questione. Ri-trovare l'ispirazione dopo innumerevoli gioie e sforzarsi di riuscire, ancora una volta, a regalare fluttuanti emozioni a seguito di ripetute uscite, sembrerebbero compiti che prevedono un non facile assolvimento. Transitati dall'electro-pop – di cui furono tra i promotori negli anni '80 – a sonorità a tratti più solari, Dave Gahan, Martin Gore e Andrew Flecher si presentarono, all’alba del terzo millennio, sotto una veste davvero inedita. Realizzato in collaborazione con Mark Bell, minimalista produttore degli atmosferi e drammatici Homogenic (1997) e Selmasongs (2000) dell’islandese Björk, il rarefatto Exciter non poté che colpire sin dal primo ascolto per la prestanza e la vitalità dei brani presenti, caratterizzati da arrangiamenti geniali – come è giusto e solito aspettarsi dal terzetto – e da corposi e mai banali testi. È altrettanto vero che molti fans "storici", dal 2001 ad oggi, hanno manifestato contro la “sterzata” stilistica fin troppo brusca della band, ma ciò non deve affatto trarre in inganno, perché tali considerazioni sono state tanto premature quanto errate: Exciter è dannatamente “pop”, eppure il risultato finale è, a dir poco, raffinato e superbo, rispetto agli “illustri o tali” predecessori dell’ultimo decennio. Cos'è esattamente Exciter? Un elegante, sinuoso e notturno affresco sonoro, interpretato con tanta classe e una mano sul cuore. « Eppure trovo che questo sia un lavoro più esaltante dei precedenti », spiega Martin Gore. Una sensazione di sollievo “artistico” che non può non far pensare anche alla ripresa del front-man della band Dave Gahan, personalità carismatica che, per poco, non è rimasta vittima di una gravissima dipendenza da droghe pesanti. Nove anni fa, pochi giorni prima dell'uscita di Ultra (1997), era stato trovato in stato di incoscienza in una camera d'albergo di Los Angeles, a seguito di un tentativo fallito di suicidio ed era stato poi, ovviamente, arrestato per possesso di droga. Il completo “recupero” di Dave Gahan è decisivo per la resa di Exciter. « Sono migliorato dal punto di vista vocale. Mi piace immergermi in ogni canzone fino a scomparirci dentro. Con Ultra non ero riuscito a farlo, non ero fisicamente in grado di farlo. Ma ora sono di nuovo a pieno regime. Sono più sicuro di me e cerco di mettere qualcosa di bello in ogni pezzo », precisa il cantante. La differenza si sente, eccome. Dave Gahan pare aver riconquistato non soltanto l’avvolgente e profondo timbro della sua versatile e "convinta" voce, ma soprattutto le innate doti istrioniche che ne hanno fatto l'emblema dei Depeche Mode, anche se, a bocce ferme, il vero "deus ex machina", nonché garanzia compositiva di totale qualità, resta pur sempre Martin Gore, un attimo più defilato nel rapportarsi con l’esterno. « Quelle di Exciter avrebbero potuto essere state in tutto e per tutto canzoni risalenti alle varie fasi della storia della band. Questo disco è un po' come se fosse un Greatest Hits di brani mai pubblicati in precedenza. Con questo non voglio dire che saranno per forza dei successi stupefacenti. Penso semplicemente che sia un lavoro pieno di forza. Le canzoni hanno un suono nuovo, fresco. Eppure Exciter mi ricorda uno dei nostri primi album, Black Celebration (1986). Tante canzoni diverse tra loro che però funzionano perfettamente una dopo l'altra nello stesso album », sottoscrive, a conferma dei buoni propositi, Andrew Fletcher che, dalle origini della band, è il deputato addetto alla ritmica e al bass-synth. Il suono, per l’appunto, è come sempre all'avanguardia, liquefacendo basi elettroniche a momenti più elettrici ed acustici, con un tappeto ritmico spesso sornione, una sorta di alienante centrifuga lo-fi, trip hop, drum'n bass, sfruttando, di tanto in tanto, ambientazioni classiche e digressioni verso toni distorti e chitarre al limite dell’heavy metal. Un insieme omogeneo. Si è puntato più su un certo tipo di atmosfera eterea ed elettronica che potrebbe non andar sempre “a bersaglio”, e sicuramente non fa di Exciter un'esperienza d'ascolto immediata e coinvolgente, ma al fine di comprendere lo spazio interiore, al pari della freddo distacco di fondo che sembra attanagliare tutti i brani, è richiesto più d’un ascolto. Un insieme straniante. Certamente, non sperimentale.Continua a sognare. È l’elettronico imperativo categorico. Dream On – non a caso primo singolo estratto, nonché brano con cui sboccia l’eccitante fiore notturno – è denso di suggestioni oniriche e, opportunamente, la struttura crepuscolare che assume secondo dopo secondo, denotando una sorta di inquieta tranquillità, ai limiti dell’irreale, che si muove su un tema principale a cui si aggiungono delicati arpeggi di chitarra, come una femminile mano che accarezza l’ascoltatore nel pieno del suo sonno o sogno musicale. Spiega Martin Gore, « Avevo preparato l'abbozzo di Dream On su chitarra. Ma l'idea era quella di far sparire del tutto quella chitarra dalla versione definitiva. Nel frattempo abbiamo lavorato su percussioni elettroniche piuttosto tese e affilate, quelle che si sentono in sottofondo, e quando le abbiamo sovrapposte a quella traccia di chitarra ne è uscita un'alchimia perfetta ». Allucinogena, felpata e ritmata, Dream On sembra essere una bizzarra ma trascinante luce nel buio che si staglia, suo malgrado, al di sopra di un altrettanto polveroso tracciato, highway tra la vita e la morte.Paying debt to karma [Pagando il debito al karma]You party for a living [Fai festa per la vita]What you take won't kill you [Quel che prendi non ti ucciderà]But careful what you're giving [Ma stai attento a ciò che stai dando via]I Depeche Mode così hanno re-imposto il loro marchio di fabbrica. Segue una godibile Shine che va dischiudendosi a partire da indefinite e indistinte inflessioni psichedeliche, sino a dilatarsi su freddi inserti ritmici, che si mantengono massicci per l’intera sua durata, a sua volta, impiantata da passaggi evoluti sonori, talvolta squisitamente retrò. È qui che si rivela una grande capacità di variare, sapientemente, registro, da una traccia all’altra. Ecco, a rigor di logica, The Sweetest Condition che un feeling decisamente blues. Ennesimo cambio di rotta. La vischiosa The Sweetest Condition risulta singolarmente vicina a generi non conformi all’ottica del britannico trio, dato che resta in parte rettificata dall’ordinario fondale elettronico; quindi, si delinea come “ballata allargata” alle più diverse contaminazioni, forte di un ingannevole e indisposto motivo e di aguzzate intromissioni strumentali lentamente filtrate e sottoposte a stravolgenti effetti d'eco. Una nuova ballata è alle porte: When The Body Speaks. Silenziosa, sottomessa e suadente, è una traccia moderata, “all’inglese”, accreditata la sua effettiva contiguità con alcuni canoni psichedelici dei primi anni '90, divenuti poi nuovamente melodici, come nel caso dei Verve pre-1997. When the Body Speaks, dominata dall’arpeggio della chitarra di Martin Gore, è seppur triste e interpretata con leggerezza, gravida di suggestione. Nuovamente spazio all’industriale pezzo che l’ascoltatore-medio non si aspetta. La prepotente e ridondante The Dead Of Night suona davvero insolita, i Depeche Mode qui si rendono protagonisti di coraggiosi ed energici arrangiamenti metallici, eclatante input del nuovo producer Mark Bell, per niente nuovo ad “atmosfere” del genere. Fra episodi languidi e suoni insolitamente duri, Exciter scorre via piacevole: organico binomio che manifesta i segnali di una nuova vita e connota un capolavoro imprevisto e improvviso. Quanti altri gruppi possono dire di aver fatto lo stesso? Lovetheme, intanto, è l’ordinario inserto strumentale che si deve al genio Martin Gore, il quale plasma una manciata di piacevoli secondi atmosferici che fungono da perfetta introduzione, tanto tematica quanto sonora, a ciò che musicalmente e intimamente seguirà: Freelove, terzo singolo estratto. Melodica, tiepida, dal sintetizzato e sintetico battito, adornata da orpelli sonori che arricchiscono il tutto, Freelove è, come Shine in precedenza, un richiamo ai tempi che furono, analizzando, per giunta, le relazioni umane, il vero trait d’union di Exciter (2001). « Scrivo di quello che mi tocca di più e che mi appassiona », chiarisce lo stesso Martin Gore, da sempre autore delle musiche e dei testi. Parole in cui Dave Gahan si è immerso totalmente, con un'aggressività e delle sontuose intonazioni che fanno di lui, spiega il tastierista, un artista completo. « Ho amato Freelove fin dal primo ascolto del demo », conferma il cantante. « La forma era ancora grezza, ma già si capiva che nascondeva dentro una meravigliosa melodia pop, una delle più belle che Martin Gore abbia mai scritto, paragonabile a Enjoy The Silence in Violator (1990) ». Freelove ammalia e, in effetti, se “suona” a mo’ di raffinata canzone pop, un richiamo ai tipici suoni techno e industriali, quelli che battevano martellanti, impareggiabilmente "teutonici", in Master And Servant e People Are People (entrambe da Some Great Reward, 1984), si ritrovano del tutto “smorzati” e appena percepibili, invece, in Comatose, dove la forma del brano è intangibile, dinamica, lenta, varia o statica. Una sorta di spirale sembra avvolgere il tutto. È come un vuoto errore in fase di montaggio, dove il suono è evocativo e altrettanto caoticamente oppressivo. Saranno queste le sembianze del futuro dei Depeche Mode? Playing The Angel (2005), per ora, si è discostato da tale “pronostico”, poiché ha finito per seguire ciò che Andrew Fletcher definì il “nuovo percorso”, intrapreso a partire dalla « sapiente fusione di elettronica e blues suonato con la chitarra acustica », il primo pezzo della nuova era, vale a dire, Dream On. Non è tutto, proprio perché c’era chi era, ugualmente, pronto a scommettere che il trio intraprendesse strade “alternative”, seguendo quanto realizzato con I Feel Loved, il secondo, e straordinariamente coinvolgente, singolo estratto. Lascia attoniti per la ritmica tribale del suo svolgersi, tambureggiante e primitiva fino a quando si distende un assolo pressappoco incendiario di Martin Gore, riproposto anche più avanti, proprio nel momento in cui si odono tali parole:As the darkness closes in [Appena cala l'oscurità]In my head I hear whispering [Nella mia testa sento sussurrare]Questioning and beckoning [Domandare e chiamare]But I'm not taken in [Ma non vengo catturato]È inconsueta e naturale spensieratezza che qui si riesce a percepire, interpretata magistralmente da Dave Gahan, spudorato, sboccato, ma raffinato nel suo canto, dove il nuovo suono si abbina senza contingenti problemi, dato che riesce ad associare vocalità classiche a un timbro più acustico e sfumato come nel caso delineato da I Feel Loved, un taglio, qui, nettissimo, col passato. La melodrammatica Breathe, piuttosto, rimanda alla “tradizione” dei lenti cantati dalla calda voce di Martin Gore – quali Home (da Ultra, 1997), One Caress (da Songs Of Faith And Devotion, 1993) e A Question Of Lust (da Black Celebration, 1986) – e soprattutto alle parti di Condemnation (da Songs Of Faith And Devotion, 1993) nel suo dispiegarsi in modo sostanziale vocale, lasciando galleggiare qua e là una base musicale ondeggiante, su cu si erge una specie di filastrocca d’altri tempi circa il modo in cui i pettegolezzi, e tanto più il “passaparola”, sono in grado di rovinare una storia d’amore. La piacevole Easy Tiger è la secondo ed ultima intermissione strumentale di Martin Gore, ammantata qui d’un sacro velo quasi religioso, ai limiti della new age. Infine, è il turno dell’ammiccante I Am You, che si colloca a pochi passi dal trip-hop, in odore di Massive Attack: discreta parte della circoscritta caratterizzazione melodica è affidata al solo Dave Gahan, sporadicamente supportato da contemplate ingerenze della sezione strumentale, che nel segmento finale prende addirittura il sopravvento e conduce, improvvisamente, il brano ad un secco epilogo. La conclusione è affidata al quarto soave singolo estratto, Goodnight Lovers, che mantiene ciò che il titolo esplica: un'apertura dal sapore quasi cinematografico è seguita da una sussurrata e flebile ballata, accompagnata da gentili voci corali d'accompagnamento. Dignitoso è il commiato a fari spenti offerto dai Depeche Mode. Inossidabili.