GRAVE DIGGER: RHEINGOLD (2003)Non ho ascoltato il “nuovo” The Last Supper (2005). Non so se sia uscito o meno, né mi interessa, per ora, più di tanto. Mi tengo stretto questo. Non è che sia tra i loro migliori lavori, ma a me piace così, anzi mi è piaciuto ascoltarlo mentre ero in vacanza a Salisburgo due anni fa e me ne stavo steso a quattro di bastone su uno dei tanti prati con il loro heavy metal nelle cuffie, ed anche oggi non rinnego il passato e lo passo di tanto in tanto nel mio lettore cd. Rheingold è un tributo alla mitologica saga dei Nibelunghi, alla letteratura ed alla tradizione tedesca. Un tema non originalissimo, ma il vocalist Chris Boltendahl non poteva esimersi di onorare le tradizione della sua Germania, dopo aver narrato di Scozzesi, Templari, Camelot… purtroppo ha deciso di raccontare tutto il contenuto della complessa saga in un solo cd e di conseguenza si sono resi necessari tagli immani al flusso narrativo e ogni canzone tratteggia a grandi linee un evento particolarmente “forte” e distintivo di ognuno dei quattro episodi composti e musicati in passato nell'omonima tetralogia del sommo Richard Wagner. Rheingold vuole infatti unire la passione per le opere di lirica al metal tosto e furente che lo “scavafosse” ci ha fatto apprezzare in questi ultimi anni. Il disco ha visto delle modifiche, soprattutto per l’ambito orchestrale ivi presente, ma altro non era che l’ennesimo album a tema. Il precedente The Grave Digger (2001) era decisamente un buon disco. Grezzo, potente, cattivo, ci restituiva una band che dopo alcuni dischi non troppo riusciti tornava a fare ciò che sa fare meglio, lasciando da parte i concept storici e gli orpelli inutili. Peccato però che The grave digger non sia stato accolto troppo bene da una parte del loro pubblico, presumibilmente quelli che vorrebbero che la band tedesca ripetesse all'infinito il pur valido Tunes Of War (1996). Così, per recuperare terreno senza però perderci la faccia, i Grave Digger hanno tentato la furbata, cercando di mediare tra l'approccio crudo del precedente album e il sound epico/sinfonico, introdotto da una copertina che tra draghi, guerrieri e spade non lascia spazio a dubbi sulle tematiche musicali e liriche dell'album. I Grave Digger si sono evoluti e non si sono fossilizzato in uno stile o in certi determinati canoni, logicamente hanno mantenuto intatto il loro marchio di fabbrica. Manni Schmidt (ex Rage) alla chitarra solista non fa tecnicamente rimpiangere Uwe Lulis, che però a livello compositivo incideva di più, mentre i cori, ormai, sono parte integrante del sound della band teutonica, che vi piaccia o meno. Fuoco alle polveri. The Ring è un intro operistica e ariosa, purtroppo i Grave Digger non hanno avuto a disposizione un budget enorme e le parti orchestrali sono “artificialmente” ricostruite, sotto la direzione del tastierista della band, Hans Peter Katzenburg, che fa da anteprima alla title-track, Rheingold, un brano di speed metal caratterizzato da un coro operistico, e da riffs possenti e intrisi di epicità che incitano a uno sfrenato headbanging. Il brano successivo, Valhalla, è un superbo mid tempo, una cavalcatache concede un po' di respiro solo all'altezza dell'epico bridge ed è destinata a fare sfracelli nelle esibizioni live della band.
Post N° 27
GRAVE DIGGER: RHEINGOLD (2003)Non ho ascoltato il “nuovo” The Last Supper (2005). Non so se sia uscito o meno, né mi interessa, per ora, più di tanto. Mi tengo stretto questo. Non è che sia tra i loro migliori lavori, ma a me piace così, anzi mi è piaciuto ascoltarlo mentre ero in vacanza a Salisburgo due anni fa e me ne stavo steso a quattro di bastone su uno dei tanti prati con il loro heavy metal nelle cuffie, ed anche oggi non rinnego il passato e lo passo di tanto in tanto nel mio lettore cd. Rheingold è un tributo alla mitologica saga dei Nibelunghi, alla letteratura ed alla tradizione tedesca. Un tema non originalissimo, ma il vocalist Chris Boltendahl non poteva esimersi di onorare le tradizione della sua Germania, dopo aver narrato di Scozzesi, Templari, Camelot… purtroppo ha deciso di raccontare tutto il contenuto della complessa saga in un solo cd e di conseguenza si sono resi necessari tagli immani al flusso narrativo e ogni canzone tratteggia a grandi linee un evento particolarmente “forte” e distintivo di ognuno dei quattro episodi composti e musicati in passato nell'omonima tetralogia del sommo Richard Wagner. Rheingold vuole infatti unire la passione per le opere di lirica al metal tosto e furente che lo “scavafosse” ci ha fatto apprezzare in questi ultimi anni. Il disco ha visto delle modifiche, soprattutto per l’ambito orchestrale ivi presente, ma altro non era che l’ennesimo album a tema. Il precedente The Grave Digger (2001) era decisamente un buon disco. Grezzo, potente, cattivo, ci restituiva una band che dopo alcuni dischi non troppo riusciti tornava a fare ciò che sa fare meglio, lasciando da parte i concept storici e gli orpelli inutili. Peccato però che The grave digger non sia stato accolto troppo bene da una parte del loro pubblico, presumibilmente quelli che vorrebbero che la band tedesca ripetesse all'infinito il pur valido Tunes Of War (1996). Così, per recuperare terreno senza però perderci la faccia, i Grave Digger hanno tentato la furbata, cercando di mediare tra l'approccio crudo del precedente album e il sound epico/sinfonico, introdotto da una copertina che tra draghi, guerrieri e spade non lascia spazio a dubbi sulle tematiche musicali e liriche dell'album. I Grave Digger si sono evoluti e non si sono fossilizzato in uno stile o in certi determinati canoni, logicamente hanno mantenuto intatto il loro marchio di fabbrica. Manni Schmidt (ex Rage) alla chitarra solista non fa tecnicamente rimpiangere Uwe Lulis, che però a livello compositivo incideva di più, mentre i cori, ormai, sono parte integrante del sound della band teutonica, che vi piaccia o meno. Fuoco alle polveri. The Ring è un intro operistica e ariosa, purtroppo i Grave Digger non hanno avuto a disposizione un budget enorme e le parti orchestrali sono “artificialmente” ricostruite, sotto la direzione del tastierista della band, Hans Peter Katzenburg, che fa da anteprima alla title-track, Rheingold, un brano di speed metal caratterizzato da un coro operistico, e da riffs possenti e intrisi di epicità che incitano a uno sfrenato headbanging. Il brano successivo, Valhalla, è un superbo mid tempo, una cavalcatache concede un po' di respiro solo all'altezza dell'epico bridge ed è destinata a fare sfracelli nelle esibizioni live della band.