GORILLAZ: GORILLAZ (2001)Chi di voi non ha mai sentito il martellante ritornello “…I ain’t happy, I’m feeling glad, I got sunshine, in a bag, I’m useless…”? Ormai queste parole, storpiate, rimescolate e canticchiate fanno parte dei ricordi del 2001 in tutti i sensi, come l’onnipresente nome Gorillaz. Ma chi sono realmente i Gorillaz? Nessuno scherzo. Una band virtuale, i cui componenti sono misteriosi e ignoti, rappresentati solo dal genio di un noto fumettista, anche se ormai tutti sanno che i Gorillaz sono: principalmente Damon Albarn, cantante dei Blur (2D), l’ex bassista dei Talkin’ Heads, Chris Frantz (Murdoc), la chitarrista giapponesina Miho Hatori delle Cibomatto (Noodle) e Russel. Tuttavia, non li incontrerete mai. Le facce e il mondo dei Gorillaz sono a cura del papà di Tank Girl. Tank Girl, il fumetto, perché il lavoro di Jamie Hewlett fa parte di questo progetto, ne ricalca e ne indirizza gli umori. Che alla fine sanno di un futuro urbano molto prossimo, e umano, più che tecnologico. Un'operazione davvero al passo coi tempi, e che forse ha anche qualche cosa da suggerire per il futuro del pop. Prima viene fuori un sito web, fumettistico, curioso e ricco; scatta un inesorabile tam-tam di quelli che in rete riescono velocemente a raggiungere molti e l'interesse sale, ma resta l'anonimato dietro i nomi di Murdoc, Russel, 2D e Noodle. A seguire esce l'EP Tomorrow Comes Today (2001) e vengono fuori le menti, cioè Damon Albarn, che coi suoi Blur ha mostrato come dai Beatles si possa ancora attingere senza stancarsi né stancare, e Dan The Automator Nakamura, uno dei padri del nuovo hip-hop. Così si passa alla pubblicazione di Gorillaz che prosegue nell'intento di volersi mascherare sotto qualunque parola che non sia l'odiata pop. A livello di marketing ci siamo davvero, perché tanto a costoro i soldi non mancano e sperimentare nuove strade mediatiche è qualcosa che possono fare senza troppi rischi. La musica? Essenziale è dire che Damon Albarn ha portato tutto il lavoro sulle spalle con i Blur, in questo innovativo progetto musicale, aggiungendo una vena più elettronica e un’originalità ancor più sorprendente di quella di fabbrica Blur. Insomma, in questo disco c’è veramente di tutto. Il minestrone proposto è un alternarsi di divertimento puro, dolcezza misteriosa, energia e atmosfere più dark. Ciò che accomuna il tutto è proprio la versatile voce di Damon Albarn, che comunque compie un ottimo lavoro di trasformista, assumendo un tono più esasperato nei pezzi più rock, uno più tenue per le canzoni più delicate, per il resto ci sembra sempre il nostro vecchio Damon Albarn, con una voce che ci riporta ai tempi di Parklife (1994), il miglior lavoro dei Blur. In più c’è da dire che questi non canta esattamente tutti i pezzi… Il disco in sé, nonostante qualche disomogeneità nella tracklist, presenta un buon livello complessivo e lascia intendere che si tratta di qualcosa di più di un esperimento estemporaneo: l'apripista dei quindici brani è l'ipnotica e blanda Re-Hash, divertentissima ballata elettropop, un pezzo che fa letteralmente sognare, ed introduce un po’ nel mondo virtuale dei Gorillaz, che da qui in poi sembrerà già più reale. Quindi, si attacca con le chitarre di 5/4, che sono quasi un’unione tra tutti i lavori dei Blur; anche qui il divertimento è assicurato, e si balla che è una meraviglia. Groove sporco. Seguito a ruota dal basso narcolettico che colora Tomorrow Comes Today.
Post N° 43
GORILLAZ: GORILLAZ (2001)Chi di voi non ha mai sentito il martellante ritornello “…I ain’t happy, I’m feeling glad, I got sunshine, in a bag, I’m useless…”? Ormai queste parole, storpiate, rimescolate e canticchiate fanno parte dei ricordi del 2001 in tutti i sensi, come l’onnipresente nome Gorillaz. Ma chi sono realmente i Gorillaz? Nessuno scherzo. Una band virtuale, i cui componenti sono misteriosi e ignoti, rappresentati solo dal genio di un noto fumettista, anche se ormai tutti sanno che i Gorillaz sono: principalmente Damon Albarn, cantante dei Blur (2D), l’ex bassista dei Talkin’ Heads, Chris Frantz (Murdoc), la chitarrista giapponesina Miho Hatori delle Cibomatto (Noodle) e Russel. Tuttavia, non li incontrerete mai. Le facce e il mondo dei Gorillaz sono a cura del papà di Tank Girl. Tank Girl, il fumetto, perché il lavoro di Jamie Hewlett fa parte di questo progetto, ne ricalca e ne indirizza gli umori. Che alla fine sanno di un futuro urbano molto prossimo, e umano, più che tecnologico. Un'operazione davvero al passo coi tempi, e che forse ha anche qualche cosa da suggerire per il futuro del pop. Prima viene fuori un sito web, fumettistico, curioso e ricco; scatta un inesorabile tam-tam di quelli che in rete riescono velocemente a raggiungere molti e l'interesse sale, ma resta l'anonimato dietro i nomi di Murdoc, Russel, 2D e Noodle. A seguire esce l'EP Tomorrow Comes Today (2001) e vengono fuori le menti, cioè Damon Albarn, che coi suoi Blur ha mostrato come dai Beatles si possa ancora attingere senza stancarsi né stancare, e Dan The Automator Nakamura, uno dei padri del nuovo hip-hop. Così si passa alla pubblicazione di Gorillaz che prosegue nell'intento di volersi mascherare sotto qualunque parola che non sia l'odiata pop. A livello di marketing ci siamo davvero, perché tanto a costoro i soldi non mancano e sperimentare nuove strade mediatiche è qualcosa che possono fare senza troppi rischi. La musica? Essenziale è dire che Damon Albarn ha portato tutto il lavoro sulle spalle con i Blur, in questo innovativo progetto musicale, aggiungendo una vena più elettronica e un’originalità ancor più sorprendente di quella di fabbrica Blur. Insomma, in questo disco c’è veramente di tutto. Il minestrone proposto è un alternarsi di divertimento puro, dolcezza misteriosa, energia e atmosfere più dark. Ciò che accomuna il tutto è proprio la versatile voce di Damon Albarn, che comunque compie un ottimo lavoro di trasformista, assumendo un tono più esasperato nei pezzi più rock, uno più tenue per le canzoni più delicate, per il resto ci sembra sempre il nostro vecchio Damon Albarn, con una voce che ci riporta ai tempi di Parklife (1994), il miglior lavoro dei Blur. In più c’è da dire che questi non canta esattamente tutti i pezzi… Il disco in sé, nonostante qualche disomogeneità nella tracklist, presenta un buon livello complessivo e lascia intendere che si tratta di qualcosa di più di un esperimento estemporaneo: l'apripista dei quindici brani è l'ipnotica e blanda Re-Hash, divertentissima ballata elettropop, un pezzo che fa letteralmente sognare, ed introduce un po’ nel mondo virtuale dei Gorillaz, che da qui in poi sembrerà già più reale. Quindi, si attacca con le chitarre di 5/4, che sono quasi un’unione tra tutti i lavori dei Blur; anche qui il divertimento è assicurato, e si balla che è una meraviglia. Groove sporco. Seguito a ruota dal basso narcolettico che colora Tomorrow Comes Today.