STILL REMAINS: OF LOVE AND LUNACY (2005)Una prima riflessione. Il 2005, che si avvia alla conclusione, rimarrà probabilmente negli annali per esser stato l’anno più prolifico per il filone chiamato metal-core. Numerose sono le band che si sono affermate o riaffermate, così come quelle nate in scia al successo che il genere continua a riscuotere. E gli Still Remains si collocano esattamente nel mezzo. Hanno pubblicato un EP lo scorso anno, If Love Was Born To Die (2004), mentre nello scorso maggio hanno rilasciato, accompagnato da una veste grafica tanto affascinante quanto inquietante, Of Love And Lunacy. Si fa fatica a crederlo, eppure tale disco è davvero opera di cinque ragazzi di Detroit, non di Goteborg. Già, perché in nessuno dei dodici brani che compongono il disco è percepibile anche solo lontanamente un minimo di influenza rock. C'è di più: Of Love And Lunacy (2005) è la chiara dimostrazione di come gli Still Remains abbiano seguito con attenzione la scena metal europea, cercando di avvicinarsi quanto più possibile allo stile che la contraddistingue. Il disco, infatti, oltre a sprigionare una carica sconvolgente data da potenti riffs di scuola metal e ad un growl di matrice death, riesce ad unire elementi hardcore e melodie. Senza ombra di dubbio, operazione non facile. Soprattutto per un gruppo inserito nel contesto statunitense, nel quale allontanarsi dallo "standard" è un rischio indicibile. Dietro al nome Still Remains, comunque, ci sono sei giovanissimi ragazzi statunitensi, con le idee chiare in merito al modo di creare la loro musica. Tutto ciò ha portato il gruppo a produrre un buon lavoro, riuscendo a trovare facilmente un contratto con la Roadrunner Records. Parte del merito deve essere attribuito anche al famoso e talentuoso Garth Richardson (in passato con gli immensi Rage Against The Machine), che ha prodotto questo lavoro, conferendo amabilmente un tocco di esperienza e qualità in più ad una band che ha, e spero di non essere il solo a sostenerlo, potenzialità indiscutibili. Il combo è formato da T.J. Miller alla voce, Jordan Whelan e Mike Church (anche back vocals) alle chitarre, A.J. Barrette alla batteria, Evan Willey al basso e Zack Roth alle tastiere. Il livello tecnico è inappuntabile, pur non sfoggiando exploit solistici rilevanti, originali nel riffing senza sconvolgere i canoni di un genere che difficilmente dimentica le proprie origini e si lascia andare a particolari innovazioni. Dodici le tracce mai piatte ove è possibile apprezzare una sapiente gestione delle atmosfere ed un intelligente studio delle metriche, grande velocità alternata a parti potenti e cadenzate per allontanarsi in situazioni melodiche propriamente inerenti al titolo dell'album. L’opener del disco è To Live And Die By Fire: ampie dosi di cantato growl, grossi riffs con aperture metal, un cantato più melodico durante il ritornello, dove si mette in luce anche il sound elettronico delle tastiere. La seconda energica traccia, The Worst Is Yet To Come, incattivisce da subito l'atmosfera brandendo una granitica venatura hardcore durante le strofe e, snodandosi successivamente, tramite un bridge ben cantato, ad un ritornello dalle sonorità più emo-core.
Post N° 65
STILL REMAINS: OF LOVE AND LUNACY (2005)Una prima riflessione. Il 2005, che si avvia alla conclusione, rimarrà probabilmente negli annali per esser stato l’anno più prolifico per il filone chiamato metal-core. Numerose sono le band che si sono affermate o riaffermate, così come quelle nate in scia al successo che il genere continua a riscuotere. E gli Still Remains si collocano esattamente nel mezzo. Hanno pubblicato un EP lo scorso anno, If Love Was Born To Die (2004), mentre nello scorso maggio hanno rilasciato, accompagnato da una veste grafica tanto affascinante quanto inquietante, Of Love And Lunacy. Si fa fatica a crederlo, eppure tale disco è davvero opera di cinque ragazzi di Detroit, non di Goteborg. Già, perché in nessuno dei dodici brani che compongono il disco è percepibile anche solo lontanamente un minimo di influenza rock. C'è di più: Of Love And Lunacy (2005) è la chiara dimostrazione di come gli Still Remains abbiano seguito con attenzione la scena metal europea, cercando di avvicinarsi quanto più possibile allo stile che la contraddistingue. Il disco, infatti, oltre a sprigionare una carica sconvolgente data da potenti riffs di scuola metal e ad un growl di matrice death, riesce ad unire elementi hardcore e melodie. Senza ombra di dubbio, operazione non facile. Soprattutto per un gruppo inserito nel contesto statunitense, nel quale allontanarsi dallo "standard" è un rischio indicibile. Dietro al nome Still Remains, comunque, ci sono sei giovanissimi ragazzi statunitensi, con le idee chiare in merito al modo di creare la loro musica. Tutto ciò ha portato il gruppo a produrre un buon lavoro, riuscendo a trovare facilmente un contratto con la Roadrunner Records. Parte del merito deve essere attribuito anche al famoso e talentuoso Garth Richardson (in passato con gli immensi Rage Against The Machine), che ha prodotto questo lavoro, conferendo amabilmente un tocco di esperienza e qualità in più ad una band che ha, e spero di non essere il solo a sostenerlo, potenzialità indiscutibili. Il combo è formato da T.J. Miller alla voce, Jordan Whelan e Mike Church (anche back vocals) alle chitarre, A.J. Barrette alla batteria, Evan Willey al basso e Zack Roth alle tastiere. Il livello tecnico è inappuntabile, pur non sfoggiando exploit solistici rilevanti, originali nel riffing senza sconvolgere i canoni di un genere che difficilmente dimentica le proprie origini e si lascia andare a particolari innovazioni. Dodici le tracce mai piatte ove è possibile apprezzare una sapiente gestione delle atmosfere ed un intelligente studio delle metriche, grande velocità alternata a parti potenti e cadenzate per allontanarsi in situazioni melodiche propriamente inerenti al titolo dell'album. L’opener del disco è To Live And Die By Fire: ampie dosi di cantato growl, grossi riffs con aperture metal, un cantato più melodico durante il ritornello, dove si mette in luce anche il sound elettronico delle tastiere. La seconda energica traccia, The Worst Is Yet To Come, incattivisce da subito l'atmosfera brandendo una granitica venatura hardcore durante le strofe e, snodandosi successivamente, tramite un bridge ben cantato, ad un ritornello dalle sonorità più emo-core.