MASTODON: REMISSION (2002)« This is Metal ». PART II) Soltanto osservando la bellissima e surreale copertina, realizzata da Paul Romano, si comprende che questo non è un disco normale: un senso di inquietudine assale il cervello attraverso l’immagine, attratto e turbato da un cavallo alato fiammeggiante, sofferente e squarciato a metà, che desidera ancora nitrire, nonostante stia morendo. Un cavallo che sembra esser stato estrapolato da un quadro di Hieronymus Bosch. La copertina di Remission rappresenta perfettamente il divincolìo nervoso ed agitato della musica dei Mastodon. Affezione e distacco, sono questi i sentimenti contrastanti che comunica. A tratti, una furia iconoclasta pervade le canzoni. Si spalancano porte verso l’oscurità, canzoni senza speranza, il metallo più nero e apocalittico che potreste immaginare, realmente trascinante. Difficile trovare una definizione ad una miscela sonora che, come la loro, sembra essere stata creata apposta per disorientare al passare dei brani: sono, infatti, molteplici le influenze che la band statunitense, nel corso degli undici pezzi di tal disco. La base della loro musica è composta da quello che può benissimo essere definito post-core, per il suo insieme inscindibile di ritmiche quadrate e scarne e di sonorità sporche e noisy, il tutto reso solido e squadrato da una buona dose di ritmiche metal. Rispetto all'EP di debutto Lifesblood (2001) questo full-lenght presenta, però, una maggiore raffinatezza sonora, il suono della band è stato reso meno compresso e pesante, senza però perdere quel feeling volutamente sporco ed abrasivo che ne sta alla base: quella pesantezza death metal che prima costituiva componente essenziale dei Mastodon è stata alleggerita e trasformata in una maggiore varietà di soluzioni melodiche, talvolta al limite del gothic con quel suo incedere mesto ed apocalittico, imparentato in qualche modo coi Neurosis più malinconici. Varietà si, perchè Remission appare davvero come un qualcosa di multiforme e cangiante, sempre sull'orlo dell'abisso. La monotonia non fa certo parte di questo favoloso album. L'assalto sonoro dei Mastodon non lascia prigionieri. La traccia d'apertura è affidata all'irrequieta Crusher Destroyer, che parte all'attacco con un riff maligno e deragliante mentre la batteria intreccia partiture dispari e contorte assalendo l'ascoltatore senza la minima intenzione di lasciare tregua. Due minuti di noise, vocals filtrate, un epilettico lavoro dietro le pelli da far invidia anche a grandi nomi, ed un muro sonoro di chitarre distorte, sporche. Niente male come inizio. È la volta poi della malefica March Of The Fire Ants, un blocco di roccia di canzone che inizia proprio come una marcia, per poi sfociare in territori propriamente doom: magnifica l’apertura melodica a metà traccia che perdura per l’intero finale, un ibrido fra accordi classici ed altri di matrice più noise, tipici della band, il tutto supportato dal lavoro di Brann Dailor alla batteria: preciso, chirurgico, non sbaglia un colpo, tra sfuriate di doppia cassa, momenti rilassati ed altri più tecnici, senza dimenticare, però, le mostruose e psicopatiche urla. I Mastodon rapiscono con fierezza.
Post N° 67
MASTODON: REMISSION (2002)« This is Metal ». PART II) Soltanto osservando la bellissima e surreale copertina, realizzata da Paul Romano, si comprende che questo non è un disco normale: un senso di inquietudine assale il cervello attraverso l’immagine, attratto e turbato da un cavallo alato fiammeggiante, sofferente e squarciato a metà, che desidera ancora nitrire, nonostante stia morendo. Un cavallo che sembra esser stato estrapolato da un quadro di Hieronymus Bosch. La copertina di Remission rappresenta perfettamente il divincolìo nervoso ed agitato della musica dei Mastodon. Affezione e distacco, sono questi i sentimenti contrastanti che comunica. A tratti, una furia iconoclasta pervade le canzoni. Si spalancano porte verso l’oscurità, canzoni senza speranza, il metallo più nero e apocalittico che potreste immaginare, realmente trascinante. Difficile trovare una definizione ad una miscela sonora che, come la loro, sembra essere stata creata apposta per disorientare al passare dei brani: sono, infatti, molteplici le influenze che la band statunitense, nel corso degli undici pezzi di tal disco. La base della loro musica è composta da quello che può benissimo essere definito post-core, per il suo insieme inscindibile di ritmiche quadrate e scarne e di sonorità sporche e noisy, il tutto reso solido e squadrato da una buona dose di ritmiche metal. Rispetto all'EP di debutto Lifesblood (2001) questo full-lenght presenta, però, una maggiore raffinatezza sonora, il suono della band è stato reso meno compresso e pesante, senza però perdere quel feeling volutamente sporco ed abrasivo che ne sta alla base: quella pesantezza death metal che prima costituiva componente essenziale dei Mastodon è stata alleggerita e trasformata in una maggiore varietà di soluzioni melodiche, talvolta al limite del gothic con quel suo incedere mesto ed apocalittico, imparentato in qualche modo coi Neurosis più malinconici. Varietà si, perchè Remission appare davvero come un qualcosa di multiforme e cangiante, sempre sull'orlo dell'abisso. La monotonia non fa certo parte di questo favoloso album. L'assalto sonoro dei Mastodon non lascia prigionieri. La traccia d'apertura è affidata all'irrequieta Crusher Destroyer, che parte all'attacco con un riff maligno e deragliante mentre la batteria intreccia partiture dispari e contorte assalendo l'ascoltatore senza la minima intenzione di lasciare tregua. Due minuti di noise, vocals filtrate, un epilettico lavoro dietro le pelli da far invidia anche a grandi nomi, ed un muro sonoro di chitarre distorte, sporche. Niente male come inizio. È la volta poi della malefica March Of The Fire Ants, un blocco di roccia di canzone che inizia proprio come una marcia, per poi sfociare in territori propriamente doom: magnifica l’apertura melodica a metà traccia che perdura per l’intero finale, un ibrido fra accordi classici ed altri di matrice più noise, tipici della band, il tutto supportato dal lavoro di Brann Dailor alla batteria: preciso, chirurgico, non sbaglia un colpo, tra sfuriate di doppia cassa, momenti rilassati ed altri più tecnici, senza dimenticare, però, le mostruose e psicopatiche urla. I Mastodon rapiscono con fierezza.