HIGH ON FIRE: BLESSED BLACK WINGS (2005)Urla di dolore e di esaltazione. L’oscurità della notte, la cortina di fumo delle esplosioni. La battaglia è al culmine, è quel momento di stallo in cui la sorte sta per essere segnata. In un attimo, sarà vittoria o disfatta. Intanto, si danza attorno all’orlo del precipizio. La sfida per qualsiasi metal band o, meglio, per quelle metal band che non desiderano pascersi nei più tristi luoghi comuni, consiste sostanzialmente nel far coesistere modalità espressive aggressive e sintetiche per natura e velleità comunicative potenzialmente profonde senza ricorrere a soluzioni di maniera. In questo senso gli High On Fire sembrano aver trovato una formula miracolosa, che li rende capaci di fare un tutt'uno coerente di suggestioni epiche e cavalcate oniriche, doom e thrash, Venom e Slayer, riuscendo là dove in tanti falliscono. Blessed Black Wings è un album scuro ed implacabile, strepitosamente evocativo, difficile, scontroso, nichilista. Ridotte all'osso le reiterazioni proprie del doom ancora presenti nel precedente Surrounded By Thieves (2002), la band di Matt Pike (già mente degli Sleep, autori del mastodontico Jerusalem del 1999) sembra aver trovato la chiave di volta del proprio suono in quelle frequenti accelerazioni che rendono Blessed Black Wings tanto spigoloso. Psichedelia plumbea ed massiva in odore di Black Sabbath da un lato e inarrestabile aggressività dall'altro; quello che sembra essere un distillato perfetto di un modo tradizionale eppure personale di intendere il metal trova un'incarnazione concreta e sorprendentemente efficace nel nuovo lavoro degli High On Fire. Non è scomparsa l'inclinazione mistica già presente nei lavori degli Sleep e comune a tutti i progetti che vedono coinvolto Matt Pike; si è piuttosto ibridata con le strutture compatte ed impetuose di Blessed Black Wings, che accantona buona parte delle tendenze riflessive e reiterate in favore di un approccio più incisivo, sistematicamente violento, quasi ad incarnare quella trascendenza propria della battaglia che, in definitiva, rimane uno degli aspetti più complessi ed affascinanti del corollario concettuale da sempre associato al metallo nudo e crudo. Le vocals, poi, non fanno altro che accentuare questa sensazione di accerchiamento e rassegnazione di fronte ad una creatura troppo grande per poter essere domata, regalando momenti di pura estasi di fronte della svalutazione della realtà con cui vengono lacerate le proprie corde vocali e mandati a quel paese tutti i propositi del buon canto. La produzione poi, a cura di Steve Albini, è di quelle col botto: talmente rumorosa e deragliante che vi ritroverete ad abbassare continuamente il volume del vostro fidato stereo, tanto è il fragore che uscirà dalle sue casse. Farà parlare di se per molto tempo, questo Blessed Black Wings, che concretizza al meglio il ritorno nel nero crepuscolo degli High On Fire.L’apertura è quella di un drum-beat tribale che evoca il finale di Surrounded by Thieves (2002). Poi Matt Pike fa il suo ingresso in scena con un riff violentissimo che trasforma immediatamente Devilution (click) nel primo, annientante atto di Blessed Black Wings. Una cavalcata annichilente e inarrestabile: semplicemente fenomenale. Retorico, dilungarsi.
Post N° 71
HIGH ON FIRE: BLESSED BLACK WINGS (2005)Urla di dolore e di esaltazione. L’oscurità della notte, la cortina di fumo delle esplosioni. La battaglia è al culmine, è quel momento di stallo in cui la sorte sta per essere segnata. In un attimo, sarà vittoria o disfatta. Intanto, si danza attorno all’orlo del precipizio. La sfida per qualsiasi metal band o, meglio, per quelle metal band che non desiderano pascersi nei più tristi luoghi comuni, consiste sostanzialmente nel far coesistere modalità espressive aggressive e sintetiche per natura e velleità comunicative potenzialmente profonde senza ricorrere a soluzioni di maniera. In questo senso gli High On Fire sembrano aver trovato una formula miracolosa, che li rende capaci di fare un tutt'uno coerente di suggestioni epiche e cavalcate oniriche, doom e thrash, Venom e Slayer, riuscendo là dove in tanti falliscono. Blessed Black Wings è un album scuro ed implacabile, strepitosamente evocativo, difficile, scontroso, nichilista. Ridotte all'osso le reiterazioni proprie del doom ancora presenti nel precedente Surrounded By Thieves (2002), la band di Matt Pike (già mente degli Sleep, autori del mastodontico Jerusalem del 1999) sembra aver trovato la chiave di volta del proprio suono in quelle frequenti accelerazioni che rendono Blessed Black Wings tanto spigoloso. Psichedelia plumbea ed massiva in odore di Black Sabbath da un lato e inarrestabile aggressività dall'altro; quello che sembra essere un distillato perfetto di un modo tradizionale eppure personale di intendere il metal trova un'incarnazione concreta e sorprendentemente efficace nel nuovo lavoro degli High On Fire. Non è scomparsa l'inclinazione mistica già presente nei lavori degli Sleep e comune a tutti i progetti che vedono coinvolto Matt Pike; si è piuttosto ibridata con le strutture compatte ed impetuose di Blessed Black Wings, che accantona buona parte delle tendenze riflessive e reiterate in favore di un approccio più incisivo, sistematicamente violento, quasi ad incarnare quella trascendenza propria della battaglia che, in definitiva, rimane uno degli aspetti più complessi ed affascinanti del corollario concettuale da sempre associato al metallo nudo e crudo. Le vocals, poi, non fanno altro che accentuare questa sensazione di accerchiamento e rassegnazione di fronte ad una creatura troppo grande per poter essere domata, regalando momenti di pura estasi di fronte della svalutazione della realtà con cui vengono lacerate le proprie corde vocali e mandati a quel paese tutti i propositi del buon canto. La produzione poi, a cura di Steve Albini, è di quelle col botto: talmente rumorosa e deragliante che vi ritroverete ad abbassare continuamente il volume del vostro fidato stereo, tanto è il fragore che uscirà dalle sue casse. Farà parlare di se per molto tempo, questo Blessed Black Wings, che concretizza al meglio il ritorno nel nero crepuscolo degli High On Fire.L’apertura è quella di un drum-beat tribale che evoca il finale di Surrounded by Thieves (2002). Poi Matt Pike fa il suo ingresso in scena con un riff violentissimo che trasforma immediatamente Devilution (click) nel primo, annientante atto di Blessed Black Wings. Una cavalcata annichilente e inarrestabile: semplicemente fenomenale. Retorico, dilungarsi.