DARK REALMS V2

Post N° 73


DARK TRANQUILLITY: CHARACTER (2005)La Terra si scalda, il mondo liquido evapora e non resta che polvere su cui piangere di rimorso e solitudine. In un solo posto al mondo regna il caos infernale che riporta ogni cosa al suo posto ed ogni giudizio all'attributo che lo genera. Quel posto è lambito da venti come respiri caldi di un cataclisma prematuro ma atteso e temuto, mentre nella poca aria che resta echeggia l'impeto violento dei Dark Tranquillity. Se si parla di Character non si può fare riferimento ad un concept, eppure ogni nota, ogni riga ed ogni fotogramma riporta alla paura della fine di un mondo come l'abbiamo conosciuto, amato e deriso. Scioltasi almeno in parte la triade svedese In Flames, At The Gates e, appunto, Dark Tranquillity, non restava che attendere quest'onestissima uscita della band di Mikael Stanne per tirare le somme di un decennio che si chiude dopo aver modificato per sempre la faccia del metal estremo portandolo lì dove, forse, nessuno avrebbe voluto o sperato potesse arrivare. Con Character i Dark Tranquillity hanno scelto di non rischiare, di non modificare gli aspetti teatrali e oscuri che li accompagnano dall'epoca di Skydancer (1993) prima e The Gallery (1995) poi; tempi in cui Göteborg era al centro del mondo avendo regalato pulizia sonora ed una dignità artistica inusitata ad un genere pronto per espandersi e conoscere spazi fino ad allora vagamente immaginabili. La parola d'ordine, come al solito, è evoluzione. Un'evoluzione frutto della classe che ha sempre contraddistinto la band e che è la causa dell'attesa che anticipa ogni lavoro dei Dark Tranquillity. Se con Damage Done (2002) era già stato detto tutto, è giunto il momento di cambiare idea e viene da sé che i nuovi brani sono unici. In questo disco vengono definitivamente fissate le giunture di un puzzle di suoni che risultano quanto mai quadrati e precisi. Nessuno strumento in tutta la durata del disco fa la parte del leone, ma ognuno di essi ha un ruolo determinante e decisivo per lo spirito che i sei vogliono conferire ai brani. Le sperimentazioni "audaci", emerse dall’ascolto del precedente Lost To Apathy EP (2004), che si temevano potessero comparire, sono soltanto dei fantasmi cacciati via da una prestazione da incorniciare. Mai come ora il connubio tra l'epicità, la profondità dei brani e la potenza esplosiva espressa dalla band è stato così perfetto. Nulla è fuori posto, anzi, tutti gli ingredienti classici del marchio di fabbrica “Dark Tranquillity” sono ampiamente presenti e sviluppati in quarantotto minuti di assoluta grandezza. Character è un gran bell’album e ciò è assolutamente fuori discussione: intrecci chitarristici curatissimi e avvincenti, melodie trascinanti, produzione eccellente e classe ineguagliabile, sempre una spanna sopra chiunque si confronti sul loro stesso campo. Un disco che emoziona, colpisce, convince in ogni istante e che riconsegna al mondo un sestetto capace di mettersi in discussione, rinnovandosi ad ogni uscita. Nessun cambiamento di genere dalle ultime opere, è, piuttosto, l’approccio nei confronti di ogni canzone appare diverso, come se tutto il disco fosse ambientato in un futuro sì distante, ma ricercabile anche nella realtà circostante e che controlla le menti altrui.Un esempio di quanto scritto finora è rappresentato dall'opener, The New Build (click), il cui coinvolgente riff introduttivo altro non è che spettacolare. Feroce come da anni non si sentiva. La disperata e determinata voce di Mikael Stanne, che ha abbandonato le pur ottime vocals “pulite” di Projector (1999) torna ad esprimersi su tonalità che non riproponeva da tempo, le chitarre sembrano rasoi, e la sezione ritmica di Anders Jivarp, nonché il pulsante basso di Michael Niklasson si fanno sempre più incalzanti e veloci. Death svedese di alta fattura, unito ad elementi elettronici che il sintetizzatore di Martin Brändström riesce ad inserire con efficacia, propria di un pezzo d’impatto come The New Build, che lascia veramente correre un brivido lungo tutta la schiena. Sulla stessa strada è la seguente Through Smudged Lenses. Stessi stilemi compositivi, stessa raffinata e brutale cattiveria. Dotata di un bridge potente e melodico al tempo stesso, la seconda traccia tinge l’atmosfera di un’aggressività cupa e disperata, mentre il testo e la sua espressione si fanno cariche di rabbia e angoscia, almeno sino all’arpeggio finale. Non può che rimandare immediatamente ai tempi di The Mind's I (1997), disco in cui emergeva la parte più genuinamente estrema del gruppo, sia per le ritmiche che per gli assoli, facendo sì che Character costituisca, da subito, la risposta innovativa e attuale della formazione scandinava, capace di rompere gli schemi di ciascun pezzo con intermezzi lenti e riflessivi. Proprio così si chiude la seconda traccia e irrompe penetrante Out Of Nothing, forse unica connessione a Damage Done (2002) all’interno di questo disco, poiché l’alternanza di sezioni più tirate a distensioni di notevole rilievo permette di instaurare un collegamento con brani come Monochromatic Stains e The Treason Wall, le due perle del precedente full-lenght. Un ruolo fondamentale e' qui giocato dalle tastiere. Ma ancora degne di nota le chitarre, che si fondono magicamente. Out of nothing, pur mantenendo ancora alta la tensione sposta le coordinate più sulla corrente heavy metal dei Dark Tranquillity, giocando molto di più sull'epicità e lasciando poi spazio ad arrangiamenti più complessi e soprattutto al fascino di The Endless Feed, dagli oscuri riflessi e dalle graffianti distorsioni. L'ascolto prosegue, come la piacevole sensazione di déja vu. E arrivano le prime vere contaminazioni con tale traccia dalle venature industrial in cui, però, non si smarrisce mai l'identità della band, sempre capace di  improvvise sfuriate. Un pezzo più “catchy” dei precedenti, ma che non sfigura affatto.  Il lavoro dove più si sente l’impegno di Brändström è The Endless Feed, brano realmente innovativo per i Dark Tranquillity a dispetto di quanto detto prima, dove l’elettronica tesse giri cupi e fascinanti e le chitarre spaziano in un industrial metal oscuro ma capace sempre È uno dei brani migliori dell’album, invece, il trascinante singolo apripista Lost To Apathy (click), che è delineato da uno splendido motivo di sintetizzatore, su cui si inseriscono con puntualità le chitarre elettriche e una batteria sì estrema, ciò nonostante dotata di certa raffinatezza. In contrasto alla rabbia incontrata in Through Smudged Lenses, tali piacevoli orchestrazioni accompagnano lo straordinario “vocione” di Mikael Stanne. Si perde un po’ la furia iniziale, ma la struttura compositiva del brano e' notevole. La traccia spezza in due l’andamento dell’opera, poiché le successive sembrano quasi un ritorno ai timbri violenti del passato riesaminati in chiave sperimentale ed elettronica: l’alone futuristico e rabbioso che troneggia in tutto il lavoro si abbandona ad aperture leggere e apprezzabili, in cui le note si rincorrono giungendo al percorso finale di ciascuna canzone. Se l’immediatezza di Lost To Apathy tributa a Projector (1999) tutta la propria stima, la cadenzata Mind Matters è costruita attorno ad un elaborato songwriting e con atmosfere, ancora una volta, epiche, su cui spiccano i bellissimi duetti di chitarra e una parte centrale caratterizzata da una potente compattezza sonora. Notevolissima anche l’impressionante creatività di One Thought, tra i capolavori di quest'opera. Infatti, pianta a fondo l'acceleratore, conducendo l’ascoltatore a sfrenato head-banging, prima di lasciarlo respirare su un delizioso break, per poi ripiombare nella propria “graniticità”. Fondamentale anche qui il ruolo all’intero della band del tastierista Martin Brändström. Dry Run, piuttosto, rappresenta forse la canzone più introversa e drammatica del lotto, in cui le tastiere stesse delineano la strada ove la voce di Mikael Stanne, sempre growl e mai pulita, riesce ad esprimere tutta la propria sofferenza, marcando duramente la scelta compositiva di esaltare le vorticose chitarre e le orchestrazioni. Scale abbastanza lente creano contrasto con il substrato inarrestabile e incontenibile. Pura passione impregna le note suadenti di pianoforte, presenti sia nell’eccellente Dry Run sia nella seguente Am I 1?, forse la più traccia più “atmosferica” del disco nei temi di chitarra, sebbene l’uso della tastiera spezzi i canoni tipici del genere. Colpisce senz’altro per il malinconico break centrale, dove e' eccellente il lavoro di Anders Jivarp. Ancora forti componenti elettroniche per Senses Tied, ma a farsi notare sono ancora le ritmiche feroci e serrate, senza tregua. Considerato che Senses Tied segue la linea melodica tracciata dai nove brani intrecciati e singolarmente validi, la chiusura con la lenta ed evocativa My Negation stupisce e sorprende per l’originalità acquisita dal timbro dei nuovi Dark Tranquillity, nonché per la loro rinnovata ricchezza melodica. Toni progressivi aleggiano su questa ultima meravigliosa e ruvida traccia, connotata dal growl di Mikael Stanne simile all’interpretazione su The Gallery (1995) e su The Mind’s I (1997), da chitarre strazianti e da passaggi sentiti, che impreziosiscono il risultato raggiunto complessivamente da Character (2005), efficace disco senza passaggi a vuoto né sbavature. Da consumare fino alla nausea.Meno due... la Rosa Rossa è facile da amare, tanto di giorno, quanto di notte...