DARK REALMS V2

Post N° 75


RAMMSTEIN: ROSENROT (2005)A distanza di soli tredici mesi ritornano i teutonici angeli industriali: i Rammstein. L’attesa è stata snervante, un nuovo loro (capo)lavoro è sempre un evento. Il motivo di un così affrettato ritorno è da ricercarsi nel fatto che gran parte dei brani, precisamente sei su un totale di un undici, risalivano alle sessioni di registrazione del lavoro precedente, Reise Reise (2004), dove non avevano (purtroppo) trovato luogo nella sua scaletta definitiva. È quanto mai opportuno fare alcune premesse. In primo luogo, i Rammstein, senza ombra di dubbio, sono uno dei pochissimi gruppi che nell’ultimo decennio possano essere definiti, in maniera compiuta ed esatta, come “originali”, ed ancora una volta confermano il loro trademark compositivo con canzoni di indubbio valore. In secondo luogo, il gruppo si è imposto senza concedersi minimamente alle tentazioni e senza stravolgere il proprio sound, evolvendolo passo per passo, mantenendo la propria proverbiale durezza, il suono marziale, l'innata propensione per enfasi, teatralità e drammaticità, la forte identità germanica e l'eccezionale “sense of humor” che più nero non si può. In terzo luogo, l'enorme senso estetico del gruppo è riconfermato, con un’inquietante cover azzurra e bianca, raffigurante una gelida landa innevata con una nave (la rompighiaccio USS Atka, ritratta quando si trovava alla McMurdo Station in Antartide il 13 marzo 1960) frenata dall’immanente ghiaccio, e un booklet superiori alla media, oltre alle varie photo-session pubblicitarie e agli inarrivabili effetti scenici. Tirando le somme, non si può andare al di sotto di un certo punteggio. In un'epoca in cui è di moda cantare in falsetto o spingere la voce a livelli estremi, i Rammstein sembrano emergere localmente dall’abisso dell’oltretomba; mentre gli attuali dischi sembrano costituire una mera fonte di incasso e popolarità, i Rammstein rilasciano brani inediti esclusivamente dal vivo; quando è stato chiesto loro di avvicinarsi, attraverso un comodo testo in formale inglese, alla massa, i Rammstein hanno rincasato le dosi, aggirandosi sempre più nei meandri della criptica costruzione linguistica tedesca; con un intero mondo che si occupa di quisquiglie e pinzillacchere, i Rammstein disquisiscono di questioni realmente concernenti la complessa natura umana. La loro condotta “morale” è immutata; la novità, invece, è nello stile, dotato, comunque, di quelle graffianti distorsioni e martellanti ritmiche, ma rivolto ad un’equità prossima alle sonorità elettroniche ed ai risvolti melodici, notevoli in questo “seminuovo” lavoro. L’ossimoro più evidente sta proprio nella resa sonora di Rosenrot, dove alle sonorità piene e corpose degli strumenti si contrappone la rigidità del tedesco, consueto idioma di base dei testi, qui abbandonato in un paio di occasioni. La vincente formula è riproposta con successo e si presta a poche eclatanti modifiche (leggi, novità), che tratteggiano Rosenrot come un geniale capitolo a sé stante nella storia dei Rammstein e che ne esaltano la proposta musicale primordiale. Non si presta a confronti, è un “crescendo” continuo (come la maggior parte dei lavori della formazione), che è dotato di vita propria e rappresenta un nuovo momento di pienezza per la band, che ha definitivamente abbandonato parte della sua ineguagliabile potenza per affidarsi ad un songwriting epico e orchestrale, pur contenendo accelerazioni degne di passare ai posteri. I Rammstein sunteggiano qui una personale visione del mondo: esiguamente orientati verso un candido e ben delineato futuro, assolutamente privato di continue sfide, lo vedono, piuttosto, come una catastrofe inevitabile. La vera difficoltà sta, dunque, nell'attribuire un preciso aggettivo (oscuro e/o melanconico?) ad un lavoro di tale potenza demagogica. È trascorso solo un anno e ciò che effettivamente resta altro non è che un album targato “Rammstein” tra le mani, avvenimento alquanto insolito per la band tedesca, abituata a lunghe pause – utili a fondere e forgiare le idee di sei musicisti diversi per estrazione, gusti musicali, idee e progetti – i tra un’uscita e la successiva, durante le quali la band girava in tour, con tutta la baracca, i burattini, i petardi e quant’altro. Sorpresa su sorpresa (e quando mai) il sestetto non intraprenderà alcun tour di supporto all’uscita del nuovo capitolo discografico. Troppo lungo ed estenuante il precedente, il progetto solista del chitarrista Richard Kruspe-Bernstein che bolle in pentola ed un naturale, fisiologico bisogno di non vedersi per un po’, come ogni coppia affiatata conosce a perfezione. Subito dopo la pubblicazione del mastodontico Mutter (2001), peraltro, si rischiò addirittura la rottura proprio per la forzata e oltremodo lunga convivenza a cui i membri della band furono sottoposti da un tour interminabile, e da forti contrasti a livello compositivo ed artistico. Tutto alle spalle ormai, o così sembra. A conti fatti, Rosenrot può sembrare un album semplice semplice, ma non bisogna lasciarsi ingannare. La (nuova?) marziale fatica dei Rammstein deve essere assimilata un po’ per volta, al fine di  essere apprezzata nella sua eccellente interezza, in poche parole, il solito grandioso album dei musicisti della Berlino Est. Achtung! Ora che Rosenrot è stato pubblicato, c’è da chiedersi che strada prenderanno in futuro; la più probabile è che inizieranno a sperimentare “divergenti” sonorità nuove in modo da realizzare album simili ma, concettualmente, sempre diversi. Inarrivabili.L’apertura è affidata alla molesta Benzin (Benzina), primo singolo sinora rilasciato, nonché diretta e ficcante Rammstein song al 100% dotata di un tiro e una potenza devastanti, altro non è che un’esaltazione del fuoco e della benzina, elementi da sempre centrali nelle funamboliche esibizioni live. Infatti, nel break centrale, << Willst du dich von etwas trennen, dann mußt du es verbrennen(Vuoi separarti da un qualcosa, allora devi bruciarla). Willst du es nie wieder sehen, lass es schwimmen in Benzin (Vuoi non vederla mai più, lasciala nuotare nella benzina) >>. D’impatto anche il restante memorabile testo che focalizza, a rovescio, l’eccesso stereotipato del mito della rock star (droga, alcol, donne), infatti, << Ich brauche Zeit (Ho bisogno di tempo), kein Heroin, kein Alkohol, kein Nikotin (Non eroina, né alcool, né nicotina). Brauch keine Hilfe (Non ho bisogno di nessun aiuto). Kein Koffein (Né caffeina). Doch Dynamit und Terpentin (Certamente dinamite e serpentina). Ich brauche Öl für Gasolin (Ho bisogno di olio per gasolina). Explosiv wie Kerosin (Esplosiva come il kerosene). Mit viel Oktan und frei von Blei (Con molti ottani e senza piombo). Einen Kraftstoff wie Benzin! (Un carburante come benzina!) Brauch keinen Freund (Non ho bisogno di nessun amico), Kein Kokain (Nè cocaina). Brauch weder Arzt noch Medizin (Non ho bisogno di medico né medicina). Brauch keine Frau nur Vaseline (Non ho bisogno di nessuna donna solo vaselina). Etwas Nitroglyzerin (Un po' di nitroglicerina)… >>. Spazio poi alla maligna Mann Gegen Mann (Uomo contro uomo), che inizia con un bel giro di basso di Oliver Riedel, e dopo pochi secondi la miccia innesca la seconda bomba del disco. La prova che i Rammstein non hanno perso la voglia di provocare. Prosegue con un ritmo un po' inusuale, anche se, decisamente, orecchiabile. Arrangiamenti più ricercati, pur non perdendo nulla della carica debordante della band con distorsioni semplicemente granitiche, e copiosi inserti elettronici supportano un cavernoso e possente ritornello a più voci, residuo di Sehnsucht (1997), ove si denuncia l’amore omosessuale: << Mann gegen Mann (Uomo contro uomo) . Meine Haut gehört den Herren (La mia pelle appartiene ai maschi). (Uomo contro uomo). Gleich und gleich gesellt sich gern (Gli uguali si uniscono volentieri). Mann gegen Mann (Uomo contro uomo). Ich bin der Diener zweier Herren (Sono servo di due padroni). Mann gegen Mann (Uomo contro uomo). Mann gegen Mann (Gli uguali si uniscono volentieri) >>. Uomo contro uomo, un non-inno alla stupidità e alla follia dell’essere umano, che non accetta il diverso, l’omosessuale in questo caso. Fortunatamente non manca all'appello la perla assoluta, quando uno spiritato Till Lindemann, sempre sopra le righe, perde la ragione nelle urla dissennate della feroce variazione: << Schwulah! (Gay)>>. Ambiguità e brividi di Mann Gegen Mann, futuro singolo primaverile. E, finalmente Rosenrot (Rosa rossa, Rosella), la title-track che era nell’aria già da tantissimo, essendo stata addirittura preannunciata come primo singolo di Reise, Reise (2004), ed essendo poi stata sorprendetemente accantonata dalle undici passate tracce. Ennesimo pezzo industrial, ma più cadenzato, roboante. Il camaleontico tastierista Flake Lorenz conferma di essere un piccolo genio, con suoni, campionature e loop che rendono i pezzi dei Rammstein quello che sono, veri scrigni d’arte. Rosenrot: una parola come una poesia, traboccante di significato e importanza. Una poesia che unisce il bello e il brutto, il gentile e il crudele, la vita e la morte. I Rammstein uniscono cose che non stanno insieme: i Fratelli Grimm e Johann Wolfgang von Goethe. Sì, sembra assurdo, ma è semplicemente un mezzo stilistico. I Rammstein hanno gettato l'ancora nelle acque profonde della letteratura tedesca. Il titolo del brano Rosenrot fonde la favola dei fratelli Grimmm "Schneeweisschen und Rosenrot" ("Biancarosa e Rosella") con l'opera "Heidenröslein" ("La rosellina della landa") di Goethe: << Sah ein Mädchen ein Röslein stehen (Una ragazza vide una rosellina). Blühte dort in lichten Höhen (Fioriva lì sulle chiare alture). So sprach sie ihren Liebsten an (Chiese al suo amato). Ob er es ihr steigen kann (Se la può cogliere per lei). Der Jüngling steigt den Berg mit Qual (Il ragazzo scala la montagna con sofferenza). Die Aussicht ist ihm sehr egal (La vista non gli interessa). Hat das Röslein nur im Sinn (Ha in mente solo la rosellina). Bringt es seiner Liebsten hin (La porta al suo amore). An seinen Stiefeln bricht ein Stein (Ai piedi dei suoi stivali si rompe una pietra). Will nicht mehr am Felsen sein (Non vuole più essere sulle rupi). Und ein Schrei tut jedem kund (Ed un urlo lo fa sapere a tutti). Beide fallen in den Grund (Entrambi cadono al suolo) >>. Till Lindemann cita così la famosa poesia di Goethe. Ma non solo, le dà un particolare tocco distintivo: la forma femminile. Il vocalist è rinomato per gli arrangiamenti ambigui, anche se preferisce nascondere il suo talento naturale per le rime strappalacrime, le metafore commoventi e le parabole emozionanti dietro un aspetto esteriore molto duro. La marea di immagini che fluisce da Rosenrot è quasi inesauribile. L'album brulica di storie scritte dalla gente per la gente e s'immerge con loro nelle profonde acque infide dell'abisso emotivo. In questa loro teatrale discesa i Rammstein salvano prima di tutto i problemi, le assurdità e le anomalie nascoste dietro la facciata della nostra cosiddetta normale vita quotidiana e convenzionale. Spring (Salto) ne è la chiara e solenne dimostrazione. La storia più toccante di Rosenrot. << Auf einer Brücke ziemlich hoch hält ein Mann die Arme auf(Un uomo, su un ponte piuttosto alto, tiene le braccia aperte). Da steht er nun und zögert noch (Là lui sta in piedi ed ancora esita). La gente affluisce subito in massa (Die Menschen strömen gleich zuhauf)>>. Quando… Heimlich schiebt sich eine Wolke vor die Sonne es wird kalt (Una nube si muove in segreto di fronte al Sole e si fa freddo). Doch tausend Sonnen brennen nur für dich (Ma mille soli bruciano solo per Te). Ich schleich mich heimlich auf die Brücke (Mi arrampico sul ponte di nascosto). Trete ihm von hinten in den Rücken (Gli do un calcio da dietro nella schiena). Erlöse ihn von dieser Schmach (Lo libero da questa vergogna). Und schrei ihm nach: Spring (E gli grido: Salta). Erlöse dich, Spring (Salvati, salta). Enttäusch mich nicht, Spring für mich (Non mi deludere, salta per me). Spring. Enttäusch mich nicht (Salta, non mi deludere) >>. Delle chitarre minaccianti si innalzano, la canzone è molto ritmata, fino a quando un pianoforte arriva ad alleggerire l’atmosfera. Dopo ciò la canzone accelera un po', prima del grande salto: le chitarre intensamente urlano e soffiano pesantemente: allora i Rammstein riducono la velocità e gli strumenti muoiono come onde. Alla fine si può sentire una folla rumoreggiare. Toccante. In Spring Till Lindemann, invece, fa uso di linee vocali conosciute e collaudate, su di un impianto cupo e sentimentale in cui si erge la tastiera atmosferica che crea vari giri melodici molto riusciti, come anche il coro di voci. Coro che in chiusura crea la giusta atmosfera preparatoria per il successivo dolce giro di flauto di Wo Bist Du? (Dove sei?), che viene presto interrotto, prima dai tamburi ben strutturati e delle tastiere che ricordano quelle dei Depeche Mode, che si insinuano nella canzone e dominano il tutto, e poi dagli assoli di chitarra in funzione di muro sonoro melodico. È un’industriale ballata, la probabile erede di Ohne Dich (Senza te), di cui l’arrangiamento è però ben diverso). C’è una piccola citazione alla classica Du Hast (Tu hai/odi), sotto forma di come è cantata la frase iniziale: << Ich liebe dich (Io ti amo) >>, ripetendo la frase iniziale più volte ogni volta aggiungendo nuove parole per formare una frase più lunga. << Ich liebe dich (Io ti amo). Ich liebe dich nicht (Io non ti amo). Ich liebe dich nicht mehr (Io non ti amo più). Ich liebe dich nicht mehr oder weniger als du (Io non ti amo più o meno di te). Als du mich geliebt hast (Meno di come mi hai amato). Als du mich noch geliebt hast (Meno di come mi hai ancora amato) >>. Wo bist du? è comunque uno dei maggiori picchi d’espressività del tonante sestetto. A metà disco, succede ciò qualcosa difficilmente prevedibile, un pezzo decisamente fuori dagli schemi. Stirb Nicht Vor Mir – Don’t Die Before I Do (Non morire prima di me) è, piuttosto, una canzone delicata, struggente, dove la migliore prestazione melodica di Till Lindemann si sposa con una special guest inaspettata alla voce: la soave Sharleen Spiteri, dei Texas. Le due voci si rincorrono, come i due amanti tristi narrati nel testo della stessa. Il risultato è assolutamente apprezzabile, soprattutto se contiamo l’estraneità al genere di un gruppo come i Rammstein, segnale, questo, di una grande versatilità. Quattro minuti per sognare. Nemmeno il tempo di rendersi conto di quanto appena ascoltato che i Rammstein ritornano quelli di sempre, un misto di elettronica e chitarroni pesanti. Zerstören (Distruggere) è la classica traccia che sarà da apprezzare in sede live con chissà quali effetti speciali. Inizialmente un muezzin, la persona che dalla torre della moschea richiama i fedeli alla preghiera, immediatamente dopo, nulla rimane veramente intatto. Tutto è schiacciato, annichilito, invertito, distrutto. Una distruzione ai massimi termini. Sia a livello di testo che a livello musicale. Zerstören è rapida e radicale. Alla fine, nulla resta più: << Zerreißen zerschmeißen (Lacerare e fracassare). Zerdrücken zerpflücken (Schiacciare e sfogliare). Zerhauen und klauen (Tagliare e rubare). Nicht fragen, zerschlagen (Non domandare, rompere). Zerfetzen verletzen (Lacerare e ferire). Zerbrennen dann rennen (Bruciare e poi correre). Zersägen zerlegen (Segare scomporre). Zerbrechen sich rächen (Rompere e vendicarsi)>>. Che sia un grottesco affresco dei brutali tempi che corrono? Devastante scontro di civiltà o guerra al terrorismo? Tuttavia, dall’inconsueto silenzio finale, emerge la nostalgica musica di un solitario carillon. << Er traf ein Mädchen das war blind (Ha incontrato una ragazza che era cieca). Geteiltes Leid und gleichgesinnt (Stessa passione e stessi pensieri condivisi).Sah einen Stern vom Himmel gehen (Ha visto una stella cadere dal cielo). Und wünschte sich sie könnte sehen (E si é augurata di poterla vedere) Sie hat die Augen aufgemacht (Lei ha aperto gli occhi). Verließ ihn noch zur selben Nacht (Ancora abbandonati alla notte stessa) >>. Da brividi. Hilf Mir (Aiutami) è il brano più oscuro di tutti, grazie all’avvolgente riff – uno dei più duri di sempre per i Rammstein – rivolto verso un oscuro cielo tempestoso rappresentato da cupe partiture di macabre tastiere. Stoppate e ripartenze al cardiopalma rendono l’ottava traccia qualcosa di affannoso, proprio come il singolarissimo testo: stavolta si prende spunto dalla fiaba “Die gar trauriger Geschichte mit dem Feuerzeug” (“La tristissima storia degli zolfanelli”) contenuta nel libro “Der Struwwelpeter” (“Pierino Porcospino”) scritto da Heinrich Hoffmann. La protagonista della fiaba è una bambina rimasta sola a casa, mentre i genitori erano fuori, che vede una bella “scatolina” e accese un fiammifero, finendo per << Ich bin verbrannt mit Haut und Haar (Mi sono bruciata la pelle e i capelli). Verbrannt ist alles ganz und gar (Tutto é completamente bruciato). Aus der Asche ganz allein (Dalla cenere tutto sola). Steig ich auf zum Sonnenschein (Salgo verso la luce del Sole). Das Feuer liebt mich (Il fuoco mi ama). Das Feuer liebt mich nicht (Il fuoco non mi ama). Hilf mir (Aiutami) >>. Poi con la “divertente” Te Quieto, Puta! (Ti amo, puttana!) sopraggiunge la follia: << Vamos vamos mi amor (Andiamo andiamo mio amore). Me gusta mucho tu sabor (Mi piace molto il tuo sapore). No no no no tu corazón (No no no non il tuo cuore). Mucho mucho tu limón (Molto molto il tuo limone). Dame de tu fruta (Dammi la tua frutta). Vamos mi amor… (Andiamo mio amore…) >>. Interamente cantata in spagnolo con trombe e quant’ altro è umano immaginare, la canzone resta in perfetto stile Rammstein con suoni soddisfacenti. Assurda. Il suo esatto opposto, la cupa e dolente Feuer Und Wasser (Fuoco e acqua), delinea per due minuti un insieme di arpeggi e atmosfere oscure apparentemente monotono nel suo divenire, ma non appena le intorpidite chitarre si risvegliano, irrompe subito il ritornello, con un’altra prestazione superlativa del gruppo. Nostalgia profonda di una donna e passione bruciante dominano la canzone. Fuoco e acqua, lui e lei si inseguono, si rincorrono, non potranno mai aversi completamente, l’uno uccide l’altra, come fuoco ed acqua: << In Funken versunken steh ich in Flammen (Immerso nelle scintille sono in fiamme). E sono bruciato nell'acqua (Und bin im Wasser verbrannt) >>. Infine, come immancabile sigillo finale, la lenta e sognatrice Ein Lied (Una canzone), ennesima ballata, interamente dedicata ai fans. Sottovoce, l’atto d’amore verso il loro pubblico (me compreso) lascia ai posteri le seguenti parole: << Wir sind für die Musik geboren (Noi siamo nati per la musica). Wir sind die Diener eurer Ohren (Noi siamo i servitori delle vostre orecchie). Immer wenn ihr traurig seid (Noi suoniamo sempre). Spielen wir für euch (Quando voi siete tristi) >>.Sotto zero… un viaggio senza fine. Raggelanti onde piangono sommessamente. Lì soltanto cresce una straordinaria Rosa Rossa, un fiore sì bello ma dal gambo irto di spine taglienti e affascinanti e culminante con un capo dai petali sensibili e vellutati, che necessita di cure, che attende il vano scioglimento dei ghiacci per ammaliare e, sul più bello, pungere…