Scienza dell'anima

1. Il declino della funzione paterna: cosa resta dell'amore paterno? (parte prima)


       Innanzi tutto, a premessa, un'ovvietà necessaria: parlare di funzione paterna e materna significa evidenziare il fatto ch'essa può essere esercitata da chiunque decida d'assumersela, indipendentemente dal fatto d'essere padri o madri biologici. Così, la funzione paterna può essere assunta anche dalla madre in modo analogo a quella materna che, in qualche modo, può essere esercitata anche da un padre. Non si tratta quindi di connotare in modo rigido cosa fa o dovrebbe fare un padre o una madre biologici. Anzi tali funzioni possono essere anche del tutto sconnesse dalla paternità e dalla maternità biologiche essendo prioritariamente definite da un atto, cioè un'assunzione soggettiva, una scelta. La filiazione è un evento culturale ed etico, non biologico. E infatti può avvenire anche per adozione e quindi in totale assenza di un legame biologico. Per il cittadino della Roma imperiale il padre era colui che riconosceva pubblicamente, attraverso l'atto rituale del sollevamento, l'infante che da quel momento sarebbe stato suo figlio. Non era il concepimento o il parto che definivano la paternità e la filiazione, ma una scelta soggettiva manifestata pubblicamente attraverso l'atto di sollevare l'infante. Ancora oggi la legge stabilisce che, al di fuori del matrimonio, la potestà genitoriale, fino al 1975 patria potestà, si attiva solo a partire dal riconoscimento formale dei genitori. Questo avviene in ragione della "natura" etica, culturale e legale della potestà. Per la legge italiana il padre è colui che assume una posizione di responsabilità soggettiva, ma anche legale e pubblica, di tutela verso il figlio, assicurando una risposta adeguata a tutti suoi bisogni materiali, affettivi, intellettivi, educativi e morali.Con il passaggio da patria potestà a potestà genitoriale si è allargato l'abito di azione della funzione paterna a quella materna aprendo lo spazio indifferenziato della genitorialità. Non si tratta più di patria potestà, ma di potestà genitoriale. Ciò ha prodotto una certa confusione in merito ai ruoli dell'uno e dell'altra, ruoli che si erano costruiti con fatica, benché forse iniquamente, nel corso dei secoli. La questione è la seguente: nel momento in cui la particolare potestà del padre si disperde in quella generica del genitore, cosa distingue la funzione del padre da quella della madre? Dal punto di vista giuridico in apparenza nulla. Entrambi i genitori devono occuparsi nello stesso modo di tutti i bisogni del figlio prima elencati. Non indicare una potestà del padre distinta da quella della madre, non è il segno di una incapacità della legge di distinguere tra le due funzioni? Sul piano giuridico la categoria indifferenziata del genitore ha dissolto le due categorie precedenti di padre e di madre. Non solo la funzione paterna ha subito una destabilizzazione e per tanti aspetti una vera e propria dissoluzione, ma anche quella materna ha subito un analogo destino (benché apparentemente questo cambiamento nel caso della donna viene inteso come conquista e riappropriazione di diritti personali), poiché ha finito con l'allinearsi a quella paterna mascolinizzandosi e così smarrendo la propria particolarità, la propria vocazione femminile. Se il padre è spaesato e non sa più quale sia la sua funzione peculiare, in modo analogo anche la madre assorbita dal modello maschile ha smarrito il proprio centro, la propria femminilità, la propria specificità. La donna in carriera, la donna mangiauomini, la donna dello shopping compulsivo, ecc... sono solo alcune palesi figure di una donna mascolinizzata, abitata ormai dal desiderio metonimico maschile. Certo, anche il padre e la madre di ieri, sostenuti su ruoli consolidati, da tempo stabilizzati, erano in fondo ruoli posticci che meritavano d'esser ripensati, che si fondavano su di un altrove in buona parte misconosciuto; tuttavia assicuravano un equilibrio, una stabilità e un ordine ormai forse per sempre perduti.Non solo, ma nel momento in cui una funzione indifferenziata, quella genitoriale, assume il dovere di occuparsi dei bisogni del bambino, proliferano immediatamente tutta una serie di soggetti e agenti sociali che esercitano a buon diritto pezzi di tale funzione. Oltre al padre e alla madre, anche i nonni, gli zii, un maestro, un allenatore di calcio, ecc.. possono esercitare efficacemente, benché magari solo parzialmente, tale funzione. Così il ruolo del genitore rischia di svuotarsi ancora di più scoraggiandolo, producendo in lui un ulteriore spaesamento. Che cosa resta di essenziale nella funzione genitoriale? In primo luogo la legittimità nel prendere delle decisioni sulla vita del figlio minore. Il genitore che esercita la potestà genitoriale è colui che deve assumersi la responsabilità di decidere cosa è bene per il figlio. Infatti si ritroverà a dover autorizzare, se lo ritiene nell'interesse del figlio, tutti gli altri soggetti facente funzione di genitore (insegnanti, baby sitter, educatori, medici, ecc...).