Scienza dell'anima

mail: davidedifrancia@libero.it, facebook: Davide di Francia

 

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AFORISMI

"Le stelle più luminose bruciano più in fretta" A. Einstein

"L'etica libera la bellezza" Politicamente scorretto

"Signor giudice, tre magistrati vorrebbero diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell'appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia..." F. Coppola

"L'uomo è parlato dal linguaggio" J. Lacan

"Gli uomini sono abiti a passeggio" Cartesio

"Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure toccati. Certo allora non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la risposta" L. Wittgenstein

"Conosci te stesso" Socrate

"Amor, ch'a nullo amato amar perdona" Dante

"Ama il tuo nemico come te stesso" Gesù

"Il Linguaggio è la dimora dell'essere" M. Heidegger

"Ci vuole un caos dentro di sè per generare una stella danzante" F. Nietzsche

"La vita fugge e non si arresta un'ora" F. Petrarca

"La vita è lunga come un battito di ciglia" J. Hendrix

"L'inconscio è incapace d'esistenza" S. Freud

"Ma il principio tenebroso è ben differente nelle cose intellegibili e nelle cose sensibili. La ma­teria è di un genere differente, così come la for­ma che vi si aggiunge. La materia divina riceve un limite definito, e possiede la vita ben fissata da un intelletto. La materia del corpo diviene qualco­sa di definito, ma non è né vivente né intelligente; è una cosa morta che riceve l’ordine. Nei corpi, la forma non è che un’immagine. Lassù, la forma è una realtà, il suo  soggetto,  è dunque, anch’esso reale. (Quelli che) dicono che la materia è una sostanza, avrebbero ragione, se  parlassero della  materia in­tellegibile. Il soggetto delle forme, lassù, è pro­prio una sostanza, o piuttosto è la sostanza compiuta con la  forma che è in lei, la sostanza completa e pe­netrata di chiarore." Plotino, Enneadi, 4,5

"La comunicazione umana si scontra sempre contro il muro del linguaggio" J. Lacan

 

I MIEI LIBRI

farsi da sè (rif:440444)
La tossicomania come variante rigorosa del self made man
Libro SCIENZA E TECNICA 52 pagine
1a edizione 12/2013
Data inserimento vetrina 22/12/2013
La tossicomania esprime in modo rigoroso e fino alle estreme conseguenze lo spirito del nostro tempo...
Un pensiero vivente (rif:424805)
Storia di una Psicologia mai nata
Libro SAGGISTICA 322 pagine
5a edizione 9/2013
Data inserimento vetrina 23/9/2013

 

Quando il vento era animato da un dio, quando il vento era il soffio divino, il suo alito, la sua sconvolgente presenza, non doveva essere difficile comprendere d'un balzo, sin nelle viscere, sino a far tremare le vene e i polsi, cos'era l'anima o la psiche. Nella nostra epoca, quella degli asciugacapelli e dei ventilatori, il soffio invece non può essere altro che un mero evento fisico disanimato, un morto ed insensato movimento meccanico di particelle chimiche.

 

 


Libro SAGGISTICA E ATTUALIT? 32 pagine
1a edizione 5/2013
Data inserimento vetrina 2/5/2013

E' legittimo chiedersi come mai Dio, invece di introdurre come primo divieto, prima legge orale e non scritta, la proibizione di qualche grave comportamento, limitando l'azione di Adamo ed Eva ad esempio su uno dei dieci comandamenti, come non uccidere, non usare violenza, non rubare, abbia invece optato per un divieto banale come quello di non mangiare una mela.

 

I MIEI LIBRI

 


Se Dio esiste (rif:394192)
Alle origini del pensiero occidentale
Libro RELIGIONE 50 pagine
4a edizione 3/2013

Il pensiero occidentale è a tal punto pervaso dal salto simbolico del cristianesimo che anche nei luoghi simbolici più critici, anzi forse soprattutto lì, esso raggiunge le cime più elevate del dispositivo cristiano. Un esempio folgorante è quello di Nietzsche. L'inconscio freudiano e la filosofia col martello sono forse da considerare le cime moderne più elevate dello spirito cristiano originario. Rigorose operazioni antiidolatriche, cristiane. E c
he altro sono l'ateismo, il nichilismo e la certezza scientista se non folli atti di fede nel nulla dello spirito!

 


In vita veritas (rif:399765)
Libro SCIENZA E TECNICA 40 pagine
1a edizione 5/2013

Quanta verità può osare un uomo? Quanta verità può osare il dispositivo scientifico? Oggi abbiamo ancora idea di cosa sia la verità? Banalità moralistica, ideale della ragione, chiacchera, o cos'altro? E cos'è la vita al di fuori di un orizzonte di verità?


Libro SCIENZA E TECNICA 40 pagine
1a edizione 5/2013

Curiosamente la psicoanalisi non ha mai articolato un pensiero del tutto convincente sull'amore... anzi direi addirittura che la perseveranza del discorso psicoanalitico nel trattare le relazioni con oggetti, come relazioni oggettuali appunto, tradisce già una concezione egocentrica e perversa della relazione.
 

I MIEI LIBRI

 

Come l'edera...2

Come l'edera all'albero, di Davide di Francia - Saggistica -Storia di una Repubblica fondata su stragi, golpe, segreti di Stato e infiltrazioni masso-mafiose

http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/606976/

Troppe tragedie insabbiate e doppiamente tradite minano la nostra fragile e improbabile democrazia. Le verità giudiziaria e storico-politica non vanno con-fuse. Solo una politica debole o collusa compie l'operazione mortifera di fondere insieme le due verità. Per mantenerle distinte è però necessario dotarsi di dispositivi di verità alternativi a quelli giudiziari. 

 

 


Della salute psichica (rif:399662)
Libro SAGGISTICA E ATTUALIT? 42 pagine
1a edizione 5/2013
Data inserimento vetrina 2/5/2013

 

E' possibile affrontare il tema della salute psichica soggettivamente? Senza ridurre la salute ad un dato oggettivo e normativo valido per tutti? Senza ridurla a normalità? E se si come

 

 La dolce...1

La dolce civiltà del mercato globale, di Davide di Francia - - Narrativa - 
L'infezione semantica produceva patologie molto gravi: deliri di uguaglianza giuridica, di rispetto reciproco, di analisi critica, patologie che avevano da sempre provocato disordini, destabilizzazioni sociali e produttive di enorme rilevanza. Non era nemmeno possibile immaginare cosa sarebbe potuto accadere se le unità produttive avessero cominciato a pensare e a ritenersi legittimate a decidere sul bene e il male delle cose. Un disastro. Il mercato non era riuscito a decollare fino a quando non si riuscì a cancellare problemi di questo tipo.
 

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Ci scippano democrazia e sovranità....

 

 

La psiche. Per una cura dell'anima

 

 

La verità soggettiva nel processo di cura

 

 

 

 

ALTRI VIDEO DI RILEVANZA CULTURALE

Il paradosso della libertà

La libertà è la cosa in sé dell'uomo, ma al di là del senso comune essa è un impossibile paradosso che include il limite e l'accettazione della necessitá del reale

Il desiderio secondo Lacan

Lacan ci conduce ad un luogo radicale del desiderio nel quale l'uomo non desidera qualcosa, ma la speranza di occupare un posto privilegiato e significativo nel desiderio dell'Altro.

 

Lacan e il suo stile 

Il corpo delle donne

La visione berlusconiana della donna e la smania di realizzarsi come veline di successo sono due facce della medesima medaglia. Si tratta di uno dei tanti versanti di una sempre più chiara contemporanea barbarizzazione del cammino dell'uomo.

 

La grande politica di Dante

La parola del sommo poeta non è solo esteticamente ineguagliabile ma abitata da una forza politica e una concretezza disarmante.

 

 

"E si accorsero di essere nudi" (I part)

Post n°24 pubblicato il 07 Ottobre 2010 da dif3
 

 "Se dunque si chiede perché Dio permise che fosse tentato l'uomo ch'egli prevedeva avrebbe dato il consenso al tentatore, io non posso scandagliare la profondità dei segni divini e confesso che [la soluzione] del problema sorpassa di molto le mie forze. Può esserci dunque una causa occulta, la cui conoscenza è riservata - non per i loro meriti ma piuttosto per una grazia di Dio - a persone più valenti e più sante di me"

Agostino, De Genesis ad litteram 11,4.6

 

 

1. La vergogna è un'emozione scarsamente trattata dalla letteratura psicoanalitica e, di conseguenza, non sufficientemente elaborata dal punto di vista teorico. Solo negli ultimi dieci anni si è notato che la vergogna è presente in una vasta gamma di disturbi della personalità, soprattutto in quelli più gravi: paranoia, disturbi narcisistici, perversione, schizofrenia e psicosi maniaco-depressiva[2]. La sua presenza massiccia in psicopatologia richiede dunque un'attenta riflessione, al fine di portare nuova luce su alcune importanti questioni concettuali, come quella della colpa. Nella psicanalisi la focalizzazione dell'attenzione sulla colpa ha offuscato l'importanza della vergogna: dato che paradossalmente, la prima si viene strutturando sulla seconda, che la precede, difficilmente si giungerà ad una comprensione esauriente della colpa se si prescinde dalla conoscenza della vergogna.

Freud, all'interno delle coordinate tracciate per affrontare il problema della colpa, aveva già individuato lo spazio della vergogna. Se ne possono evidenziare, nel corso dei suoi lavori, due diverse descrizioni: egli ne ha parlato da un lato come di una formazione reattiva che segue la vicenda edipica e l'erigersi del Super-Io (ad esempio nei Tre saggi sulla teoria sessuale), dall'altro come d'angoscia sociale che invece precede sia l'una sia l'altra[3]. Questo secondo senso è decisamente più interessante del primo perché Freud mostra come l'angoscia sociale, precedendo l'erigersi del Super-Io, preceda inevitabilmente anche la genesi della colpa, predisponendo così in qualche modo il terreno sul quale quest'ultima verrà successivamente ad articolarsi.

Negli ultimi capitoli di "Il disagio della civiltà" si trovano pagine molto belle nelle quali Freud descrive l'angoscia sociale come premessa al discorso sulla colpa. L'angoscia sociale è quella condizione pre-edipica di dipendenza dall'amore dell'altro significativo nella quale il bene e il male vengono accettati a "scatola chiusa" sulla base delle indicazioni genitoriali; cioè è bene tutto ciò che garantisce l'amore dei genitori ed il senso di sicurezza che ne deriva, mentre è male ciò che non garantisce tutto questo (amore e senso di sicurezza). Condizione, quella descritta a proposito dell'angoscia sociale, che non solo spiega, ma mostra addirittura come inevitabile quel detto che afferma "le colpe dei padri cadono sui figli"; infatti se la legge dei genitori viene accettata tutta a "scatola chiusa", viene inevitabilmente accettato tutto, cioè sia il bene che il male. Questo perché le colpe dei padri sono inscritte nel patrimonio - etico-morale -, sia orale che scritto, e se noi accettiamo quest'ultimo ne accettiamo necessariamente anche le colpe inscritte, che inevitabilmente finiamo per ripetere anche ora.

 
 
 

Crisi di sovraproduzione?

Post n°23 pubblicato il 26 Dicembre 2009 da dif3
 

La recente crisi economica è stata anche chiamata crisi di sovraproduzione. Effettivamente le aziende e le industrie avevano prodotto beni in misura di molto maggiore alle effettive possibilità di acquisto del mercato di consumo. Ma davvero i bisogni degli uomini erano soddisfatti o semplicemente non si potevano tradurre in consumo? La seconda che hai detto! Il mondo è pieno di uomini che sovrabbondano di bisogni anche essenziali, anche vitali, che non riescono a soddisfare. Allora più che crisi della produzione si è trattato di una crisi di accumulazione di capitali nelle mani di pochi uomini che non avevano molti bisogni. Pare che sia emersa una indole naturale "etica" del capiatlismo: i capitali devono andare nelle mani di chi ha bisogno di consumare. Diversamente le cose non funzionano. Non è curioso?

 
 
 

Competitività e costo del lavoro

Post n°22 pubblicato il 07 Dicembre 2009 da dif3
 

Ormai da tempo questo viene segnalato come il problema centrale causato dalla globalizzazione dei mercati: altri paesi producono prestazioni simili a prezzi molto più bassi. Come competere? Di qui la scelta di molti imprenditori di giungere ad una localizzazione estera dei cicli produttivi. Se anche noi paghiamo due lire un bambino che lavora 20 ore al giorno allora diventiamo competitivi, imprenditori al passo coi tempi. Senza qualche criterio e limite etico la pulsione dell'imprenditore moderno verso dove tende ? Verso l'ideale della competitività: non pago nulla per prestazioni eccellenti dei lavoratori. Questo è il massimo della competitività. Una volta quando le cose si chiamavano con il loro nome questa cosa si chiamava schiavitù. Oggi non è educato esprimersi in questo modo. Ma senza andare in Cina o India anche in Italia, un lavoratore che lavorando a tempo pieno non è in grado di pagarsi una casa dove vivere, il cibo e il necessario per la sua famiglia, anzi che non può permettersi di avere una famiglia, come deve chiamare il suo stato? Non è schiavo perchè non viene frustato, perchè può sempre decidere di rifiutare questo lavoro? Ma un uomo può davvero scegliere di non nutrire sè e la sua famiglia? E' questa la libertà? Questa è la condizione non di qualche rara e sfortunata situazione personale ma della maggior parte dei cittadini italiani onesti. Un operaio che vive di stenti tutta la vita per morire a 40 anni a causa di una malattia incurabile prodotta proprio da quel lavoro siamo sicuri che non sia già uno schiavo? O peggio ancora? Una volta infatti il padrone aveva interesse a prendersi cura del proprio schiavo come delle proprie bestie perchè in quel modo incrementava il proprio patrimonio direttamente o indirettamente. Oggi il padrone non ha più interesse a prendersi cura del suo lavoratore perchè se questo viene a mancare non è un problema trovarne un altro. Queste risorse umane sono sovrabbondanti e sempre più a buon mercato. Siamo sicuri che oggi si viva meglio del tempo in cui la schiavitù era legale?

 
 
 

La truffa del secolo.

Post n°21 pubblicato il 06 Dicembre 2009 da dif3
 

L'attuale crisi economico-finanziaria globale, garve crisi di sistema ha un nome più appropriato: è un furto e una truffa. Tantopiù perchè gli esperti e i media sono massicciamente impegnati a coprirla. Si parla si sistema fragile, si strumenti che hanno prodotto disfunzioni, ecc... ma raramente si sottolinea che trattasi della più grande truffa del secolo restata impunita a tal punto che non si cercano neppure i responsabili colpevoli. Chi sono le persone e le istituzioni pubbliche e private che hanno venduto per migliaia di miliardi di dollari carta straccia, che si sono intascati tale mostruosa cifra e che hanno lasciato ai governi e quindi ai cittadini l'onere di coprire questi buchi incommensurabili? Perchè i governi del pianeta non stanno dando la caccia a questi farabutti? Qualche ipotesi giunge spontatanea. Attenzione perchè questi hanno accumulato una quantità di denari talmente consistente da comprarsi ora al ribasso tutto quello che c'è sul mercato. Già ora probabilmente sono padroni di gran parte di quello che esiste. Chiunque si trovi nella possibilità di spingere i governi a cacciare seriamente questi truffatori lo faccia altrimenti i suoi figli saranno destinati a divenire i loro servi.

 
 
 

Ma quale meritocrazia!

Post n°20 pubblicato il 05 Dicembre 2009 da dif3
 

Siamo sicuri di quello che accadrebbe con l'inserimento di disposizioni a favore della cosidetta meritocrazia? Siamo certi che questa verrebbe applicata ai nullafacenti amici di amici? O è più probalibile che le punizioni arriverebbero a quei pochi che amici di amici non ne hanno anche se per forza di cosa sono i più volenterosi? Ignoriamo che i posti di lavoro sono quasi tutti assegnati per amicizia e non nel rispetto delle leggi vigenti? Una volta il lavoro pubblico era quello che consentiva anche a chi non aveva spinte di riuscire a trovare una propria collocazione lavorativa dignitosa in linea con la propria preparazione e competenza. Ma ora non è più possibile. Quando provai a partecipare ad un dottorato all'università, mi si avvicinò un professore che mi chiese, ma tu a chi appartieni, e si scandalizzo perchè mi ero permesso di partecipare ad un dottorato senza invianti istituzionali. Ma come, con tutti gli amici e i nipoti che stanno aspettando pazientemente in fila lei si permette di venire qui a farci perdere tempo? Così imparai che quella strada mi era preclusa. Provai a fare decine di concorsi pubblici nella disciplina in cui mi ero laureato e specializzato ma arrivato sul posto mi si diceva: i posti sono già assegnati, quello arriverà primo, quello secondo, quello terzo. E regolarmente ciò si avverava. Non starò qui a descrivere per quale miracolo sono poi stato assunto. Non voglio annoiare nessuno anche se ci sarebbe da farci delle belle risate. Ed ecco che oggi tutti in coro dicono: è meglio il privato! Ma nel privato è da sempre così, il figlio dell'imprenditore prenderà il posto di comando dopo il padre e così via a scendere e per tutte le professioni. I posti disponibili sono quelli usuranti e mal retribuiti. E c'è sempre qualche politico che dall'alto dei suoi due, tre, o più lavori lautamente retribuiti sentenzia: i giovani sono svogliati e non hanno voglia di lavorare! Già i giovani, perchè qualche decennio fa le cose andavano diversamente, ma oggi i giovani hanno prevalentemente il compito di lavorare con stipendi infimi, senza prospettive e per pagare le pensioni dei baby pensionati che da decenni percepiscono lauti compensi e dei supermanager che dopo aver trafficato e spesso portato al fallimento varie aziende hanno avuto buoneuscite faraoniche e pensioni mozzafiato.

Date queste premesse siamo sicuri che la meritocrazia andrebbe nella direzione che speriamo? E poi cosa significa: chi ha meno doti, capacità, risorse ed effettua prestazioni inferiori cosa deve fare, sopprimersi? Evitare di nutrirsi? O cosa? La meritocrazia come si misura sulla base di prestazioni o sull'impegno che ognuno di noi ci mette? E come si misura? Sarebbe già molto se si punisse seriamente chi non rispetta la legge. E se i politici fossero davvero così virtuosi da volere veramente un mondo del lavoro più efficiente perchè non puniscono i menager che hanno commesso errori e a volte addiritura reati e invece si affannano a trovare per loro scappatoie e lasciarli impuniti? Secondo me vale la pena di ragionarre bene sulla cosa e di approfondire la questione prima di vederci arrivare un boomerang in piena fronte.

 
 
 

L'impegno per la pace, JFK.

Post n°17 pubblicato il 27 Novembre 2009 da dif3
 

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L'impegno per la Pace

(dal discorso di insediamento alla presidenza di John Fitzgerald Kennedy, 20 gennaio 1961).

A coloro che nelle capanne e nei villaggi di metà del mondo lottano per infrangere le catene di una diffusa miseria, promettiamo i nostri sforzi migliori per aiutarli a provvedere a se stessi, per tutto il tempo che sarà necessario, non perché i comunisti facciano altrettanto, non perché desideriamo il loro voto, ma perché questo è giusto. Se una società libera non riesce ad aiutare i molti che sono poveri, non riuscirà mai a salvare i pochi che sono ricchi. Alle repubbliche sorelle a sud dei nostri confini, offriamo una speciale promessa: di tradurre le nostre buone parole in fatti concreti, in una nuova alleanza per il progresso, di assistere gli uomini liberi e i governi liberi a spezzare le catene della povertà. Ma questa pacifica rivoluzione della speranza non deve servire alle mire predaci di potenze ostili. Che tutti i nostri vicini sappiano che ci uniremo a loro nell'opporci all'aggressione o alla sovversione in qualsiasi parte dell'America e che ogni altra potenza sappia che questo emisfero intende rimanere padrone dei propri destini. A quell'assemblea di stati i sovrani che sono le Nazioni Unite, nostra ultima grande speranza in un era in cui gli strumenti di guerra hanno di gran lunga e rapidamente oltrepassato gli strumenti di pace, rinnoviamo il nostro impegno di appoggiarle, a impedire che esse divengano unicamente una tribuna per aspre polemiche, a rafforzarle come scudo dei Paesi nuovi e dei Paesi deboli e ad ampliare l'area in cui la loro parola può avere valore di legge. A quelle nazioni che potrebbero divenire nostre avversarie, offriamo non già un impegno, bensì una richiesta: che entrambe le parti inizino ex novo la ricerca della pace, prima che la potenze tenebrose della distruzione scatenate dalla scienza travolgano tutta l'umanità in un deliberato o accidentale autoannientamento. Non dobbiamo tentarle con la nostra debolezza. Ché solo quando le nostre armi saranno assolutamente sufficienti, potremo essere assolutamente sicuro di non doverle mai impiegare.

Ma due grandi e potenti raggruppamenti di nazioni no possono neppure contentarsi dell'attuale situazione, oberati come sono entrambi dal garvoso costo delle armi moderne, entrambi giustamente allarmati dal costante diffondersi del mortale potere dell'atomo, e purtuttavia entrambi impegnati a competere per modificare quel precario equilibrio del terrore che temporaneamente argina lo scatenarsi dell'ultuima guerra dell'umanità. Pertanto, ricominciamo ex novo, ricordando da ambo le parti che un comportamento civile non è segno di debolezza e che la sincerità deve sempre essere provata dai fatti. Non dobbiamo mai negoziare per timore, ma non dobbiamo mai aver timore di negoziare. Che entrambe le parti esplorino i problemi che le uniscono, anziché dibattere quelle che le dividono. Che entrambe le parti, per la prima volta, formulino serie e precise proposte per l'ispezione e il controllo degli armamenti, e pongano il potere assoluto di distruggere altre nazioni sotto l'assoluto controllo di tutte le nazioni. Che entrambe le parti cerchino di suscitare i prodigi anziché gli orrori della scienza. Esploriamo insieme le stelle, conquistiamo insieme i deserti, insieme debelliamo le malattie, scrutiamo le profondità degli oceani e incoraggiamo le arti e i commerci. Che entrambe le parti si uniscano per porre in atto in ogni parte della terra il comando di Isaia: "Rimetti le obbligazioni gravose …rimanda liberi gli oppressi". E se una testa di ponte di collaborazione potrà far arretrare la giungla del sospetto, che entrambe la parti si uniscano in un nuova impresa:nel creare non già un nuovo equilibrio di potenza, bensì un nuovo mondo basato sul diritto, in cui i forti siano giusti e i deboli sicuri e la pace sia preservata. Tutto ciò non potrà essere portato a termine nei primi cento giorni, né nei primi mille giorni, né nel corso di questa amministrazione, e nemmeno forse nel corso della nostra esistenza su questo pianeta. Purtuttavia poniamoci all'opera.

 
 
 

Io sono un Berlinese, JFK.

Post n°16 pubblicato il 27 Novembre 2009 da dif3
 

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Io sono un Berlinese

 

(dal discorso pronunciato a Berlino da John Fitzgerald Kennedy, 26 giugno 1963).Sono fiero di trovarmi in questa città come ospite del vostro illustre sindaco, che ha simboleggiato nel mondo lo spirito combattivo di Berlino Ovest. E sono fiero di visitare la Repubblica federale con il vostro illustre cancelliere, che da tanti anni impegna la Germania per la democrazia, la libertà e il progresso, e di trovarmi qui in compagnia del mio compatriota generale Clay, che è stato in questa città nei grandi momenti di crisi che essa ha attraversato, e vi ritornerà, se mai ve ne sarà bisogno. Duemila anni fa, il vanto più grande era questo: Civis romanus sum. Oggi, nel mondo della libertà, il maggior vanto è poter dire: Ich bin ein Berliner. C'è molta gente al mondo che realmente non comprende - o dice di non comprendere - quale sia il gran problema che divide il mondo libero dal mondo comunista. Vengano a Berlino. Ci sono taluni i quali dicono che il comunismo rappresenta l'ondata del futuro. Che vengano a Berlino. E ci sono poi alcuni che dicono, in Europa e altrove, che si potrebbe lavorare con i comunisti. E vengano anche questi a Berlino. E ci sono persino alcuni pochi, i quali dicono che è vero, sì, che il comunismo è un cattivo sistema, ma che esso consente di realizzare il progresso economico. Lass sie nach Berlin kommen. La libertà ha molte difficoltà, e la democrazia non è perfetta; ma noi abbiamo mai dovuto erigere un muro per chiudervi dentro la nostra gente e impedirle di lasciarci. Desidero dire a nome dei mie concittadini, che vivono molte miglia lontano, al di là dell'Atlantico - e sono remoti da voi - che per loro è motivo di massima fierezza il fatto di avere potuto condividere con voi, sia pure a distanza, la storia degli ultimi diciotto anni. Non so di alcuna città che, contesa per diciotto anni, conservi ancora la vitalità, la forza, la speranza e la risolutezza della città di Berlino Ovest. Sebbene il muro rappresenti la più ovvia e lampante dimostrazione degli insuccessi del sistema comunista dinanzi agli occhi del mondo intero, non ne possiamo trarre soddisfazione. Esso rappresenta infatti, come ha detto il vostro sindaco, un'offesa non solo alla storia, ma un'offesa all'umanità, perché divide le famiglie, divide i mariti dalle mogli e i fratelli dalle sorelle, e divide gli uni dagli altri i cittadini che vorrebbero vivere insieme. Ciò che vale per questa città, vale per la Germania. Una pace veramente durevole in Europa non potrà essere assicurata fino a quando a un tedesco su quattro si negherà il diritto elementare di uomo libero, e cioè quello della libera scelta. In diciotto anni di pace e di buona fede, questa generazione tedesca si è guadagnata il diritto di essere libera e con esso il diritto di unire le famiglie e la nazione in pace durevole e in buona volontà verso tutti i popoli. Voi vivete in un'isola fortificata della libertà; ma la vostra vita è parte della vita del mondo libero. Vorrei quindi chiedervi, concludendo, di levare il vostro sguardo al di là dei pericoli di oggi e verso la speranza di domani, al di là della semplice libertà di questa città di Berlino o della vostra patria tedesca e verso il progresso della libertà dovunque, al di là del muro e verso il giorno della pace con giustizia, al di là di voi stessi e di noi, verso l'umanità tutta. La libertà è indivisibile, e quando un uomo è in schiavitù, nessun altro è libero. Quando tutti saranno liberi, allora potremo guardare al giorno in cui questa città sarà riunita - e così questo Paese e questo grande continente europeo - in un mondo pacifico e ricco di speranza. Quando questo giorno infine verrà - e verrà - la popolazione di Berlino Ovest potrà avere motivo di misurata soddisfazione per il fatto di essersi trovata sulla linea del fronte per quasi due decenni. Tutti gli uomini liberi, ovunque si trovino, sono cittadini di Berlino. Come uomo libero, quindi, mi vanto di dire: Ich bin ein Berliner.

 
 
 

Discorso di JFK sulla "Nuova Frontiera"

Post n°15 pubblicato il 27 Novembre 2009 da dif3
 

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Kennedy e la nuova frontiera

L'elezione del democratico J.F. Kennedy aprì agli americani una "nuova frontiera" e nuovi compiti interni ed internazionali:

“Innanzi tutto ricordiamoci che, ci piaccia o no, questo è tempo di mutamento. E siccome il nostro popolo ha avviato il mutamento del mondo, io penso che tutto questo ci dovrebbe piacere, per quanto arduo sia il compito. Infatti solo quando il compito è sommamente arduo, una nazione sa dare il meglio di sé. E non si tratta tanto di decidere se, in un mondo che muta, noi sapremo reagire nella maniera che si conviene alla "terra dei liberi", alla "patria dei prodi"; se sapremo cavarcela in questi anni cruciali, alla testa del mondo; se saremo all'altezza dei compiti che ci attendono.

Cosa è accaduto alla nostra nazione? I profitti son cresciuti, è cresciuto il livello di vita, ma è cresciuta anche la criminalità. E lo stesso vale per la frequenza dei divorzi, per la delinquenza giovanile, per le malattie mentali. È cresciuta la vendita dei tranquillanti e il numero dei ragazzi che non vanno a scuola.

Temo che noi corriamo il pericolo di perdere la nostra interiore saldezza. Noi stiamo perdendo quello spirito di iniziativa e d'indipendenza che fu dei Padri Pellegrini e dei pionieri, quell'antica devozione spartana al dovere, all'onore, alla patria.”

J.F. Kennedy, Discorso alla Casa Bianca, 1960

 

 
 
 

Discorso di Robert Kennedy sulla morte di M. L. King

Post n°14 pubblicato il 27 Novembre 2009 da dif3
 

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Discorso del Senatore Robert F. Kennedy

in occasione della morte di Martin Luther King, Jr.

Indianapolis, Indiana, 4 aprile 1968

Signore e signori - questa sera sono qui per parlare un paio di minuti soltanto. Perché...Ho una notizia molto triste per voi, e credo una notiziatriste per tutti i nostri concittadini americani, e per coloro che amano la pace in tutto il mondo. Martin Luther King è stato assassinato questa sera a Memphis, nel Tennessee. Martin Luther King ha dedicato la sua vita alla causa dell’amore e della giustizia per tutti gli esseri umani, ed è morto proprio a causa di questo suo impegno. In questo momento così difficile per gli Stati Uniti, dovremmo forse chiederci che tipo di nazione rappresentiamo e quali sono i nostri obiettivi. Può certo esserci amarezza, odio, e desiderio di vendetta tra le persone di colore che si trovano tra voi, viste le prove che ci sono dei bianchi tra i responsabili dell’assassinio. Possiamo scegliere di muoverci in questa direzione come nazione, in una ulteriore polarizzazione, dividendoci neri con neri, bianchi con bianchi, pieni di odio gli uni verso gli altri. O possiamo invece fare uno sforzo per capire, come ha fatto Martin Luther King, e sostituire a questa violenza, a questa macchia di sangue che si è allargata atutto il paese, un tentativo di comprendere attraverso la compassione e l’amore. A quelli di voi che sono tentati di lasciarsi andare all’odio e alla sfiducia verso i bianchi per l’ingiustizia di quello che è accaduto, posso soltanto dire che provo i loro stessi sentimenti in fondo al mio cuore. Ho avuto anch’io qualcuno della mia famiglia ucciso, anche se da un uomo bianco come lui. Ma dobbiamo fare uno sforzo negli Stati Uniti, dobbiamo fare uno sforzo per comprendere, per superare questi momenti difficili.

Il mio poeta preferito è Eschilo. Egli scrisse: “Anche mentre dormiamo, il dolore che non riesce a dimenticare cade goccia a goccia sul nostro cuore fino a quando, pur nella nostra disperazione e persino contro la nostra volontà la saggezza prevale attraverso la grazia di Dio”. Non abbiamo certo bisogno di divisioni negli Stati Uniti, non abbiamo bisogno di odio, né di violenza o anarchia. Abbiamo invece bisogno di amore e saggezza, compassione gli uni verso gli altri, e di un sentimento di giustizia verso tutti coloro che ancora soffrono nel nostro paese, siano essi bianchi o neri. Questa sera vi chiedo quindi di tornare alle vostre case e di dire una preghiera per la famiglia di Martin Luther King. Ma, cosa ancora più importante, vi chiedo di dire una preghiera per il nostro paese che tutti amiamo, una preghiera perché possiamo provare quell’amore e quella compassione di cui parlavo poco fa. Possiamo fare molto nel nostro paese. Ci saranno indubbiamente momenti difficili. Ne abbiamo avuti in passato e ne avremo sicuramente in futuro. Non siamo ancora, purtroppo, alla fine della violenza, dell’anarchia e del disordine. Ma la grande maggioranza dei bianchi e dei neri di questo paese vuole migliorare la qualità della nostra vita e vuole giustizia per tutti gli esseri umani che vivono nella nostra terra. Dedichiamoci a perseguire quello che i greci scrissero tanti anni fa: domare la natura selvaggia dell’uomo e rendere gentile la vita in questo nostro mondo. Dedichiamoci a questo, e diciamo tutti una preghiera per il nostro paese e per la nostra gente. Grazie.

 

 
 
 

Discorso sul Pil di Robert Kennedy del 18 marzo 1968

Post n°13 pubblicato il 27 Novembre 2009 da dif3
 

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Discorso sul PIL di Robert Kennedy del 18 Marzo 1968

Il 18 Marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava, presso l'università del Kansas, un discorso nel quale evidenziava -tra l'altro- l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate. Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d'America.

"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jpnes, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani. (Robert Kennedy)

 
 
 

Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo

Post n°12 pubblicato il 27 Novembre 2009 da dif3
 

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Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo (ONU - 1959)

PREAMBOLO

Considerato che, nello Statuto, i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo e nella dignità e nel valore della persona umana, e che essi si sono dichiarati decisi a favorire il progresso sociale e a instaurare migliori condizioni di vita in una maggiore libertà;

Considerato che, nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo Le Nazioni Unite hanno proclamato che tutti possono godere di tutti i diritti e di tutte le libertà che vi sono enunciate senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di ogni altra opinione, d'origine nazionale o sociale, di condizioni economiche, di nascita o di ogni altra condizione;

Considerato che il fanciullo, a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali compresa una adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita;

Considerato che la necessità di tale particolare protezione è stata

Dichiarazione del 1924 sui diritti del fanciullo ed è stata riconosciuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo come anche negli statuti degli Istituti specializzati e delle Organizzazioni internazionali che si dedicano al benessere dell'infanzia;

Considerato che l'umanità ha il dovere di dare al fanciullo il meglio di se stessa.

 L'ASSEMBLEA GENERALE

Proclama la presente Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo affinché esso abbia una infanzia felice e possa godere, nella interesse suo e di tutta la società, dei diritti e delle libertà che vi sono enunciati; invita genitori, gli uomini e le donne in quanto singoli, come anche le organizzazioni non governative, le autorità locali e i governi nazionali a riconoscere questi diritti e a fare in modo di assicurare il rispetto per mezzo di provvedimenti legislativi e di altre misure da adottarsi gradualmente in applicazione dei seguenti principi:

Principio primo: il fanciullo deve godere di tutti i diritti enunciati nella presente Dichiarazione. Questi diritti debbono essere riconosciuta tutti i fanciulli senza eccezione alcuna, e senza distinzione e discriminazione fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua la religione o

opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita, o ogni altra condizione sia che si riferisca al fanciullo stesso o alla sua famiglia.

Principio secondo: il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione  e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, in modo da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico intellettuale morale spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità. Nell'adozione delle leggi rivolte a tal fine la considerazione determinante deve essere del fanciullo.

Principio terzo: il fanciullo ha diritto, sin  dalla nascita, a un nome e una nazionalità

Principio quarto: il fanciullo deve beneficiare della  sicurezza sociale.

Deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal fine devono essere assicurate, a lui e alla madre le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita Il fanciullo ha diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate.

Principio quinto: il fanciullo che si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale ha diritto a ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui esso abbisogna per il suo stato o la sua condizione.

Principio sesto: il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. La società e i poteri pubblici hanno il dovere di aver cura particolare dei fanciulli senza famiglia o di quelli che non hanno sufficienti mezzi di sussistenza. E' desiderabile che alle famiglie numerose siano concessi sussidi statali o altre provvidenze per il mantenimento dei figli.

Principio settimo: il fanciullo ha diritto a una educazione, che, almeno a livello elementare deve essere gratuita e obbligatoria. Egli ha diritto a godere di un educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta, in una situazione di eguaglianza di possibilità, di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società. Il superiore interesse del fanciullo deve essere la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento; tale responsabilità incombe in primo luogo sui propri genitori 11 fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giuochi e attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto.

Principio ottavo: in tutte le circostanze, il fanciullo deve essere fra i primi a ricevere protezione e soccorso.

Principio nono: il fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà o di sfruttamento. Egli non deve essere sottoposto a nessuna forma di tratta. Il fanciullo non deve essere inserito nell’attività produttiva prima di aver raggiunto un'età minima adatta. In nessun caso deve essere costretto o autorizzato ad assumere un occupazione o un impiego che nuocciano alla sua salute o che ostacolino il suo sviluppo fisico, mentale, o morale.

Principio decimo: il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa e ad ogni altra forma di discriminazione Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili

 
 
 

Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo

Post n°11 pubblicato il 27 Novembre 2009 da dif3
 

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Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godono della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L'Assemblea Generale
proclama

la presente Dichiarazione Universale dei Diritti Dell'Uomo come ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2

1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.

Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un'eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibiltà di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonchè della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11

1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua difesa.
2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, nè a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese.

Articolo 14

1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15

1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, nè del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16

1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17

1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20

1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21

1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22

Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonchè alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24

Ogni individuo ha il diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25

1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26

1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria.
L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27

1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29

1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati

 

 

 
 
 

Mafia e politica

Post n°10 pubblicato il 26 Novembre 2009 da dif3
 

 

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Oggi Casentino e Cuffaro si sono ancora una volta resi protagonisti su tutte le prime pagine dei quotidiani per le loro frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata con l’inevitabile conseguenza di finire imputati per concorso esterno in reati di mafia. Il Pdl fa quadrato e protegge con slancio i loro pupilli e cerca di arginare in tutti i modi possibili le attività giudiziarie. La sinistra invece, ora che non sono coinvolti i Mastella e i Prodi, ostenta un rigore e una fermezza insolita. ''Abbiamo voluto aderire alla richiesta del Gip - ha spiegato Marilena Samperi  del Pd - perche' abbiamo trovato elementi documentali, intercettivi e investigativi nel provvedimento che dimostrano riscontri oggettivi dei gravi indizi di colpevolezza di Cosentino'', il che ''comporta la custodia cautelare in carcere obbligatoria, trattandosi di 416bis'' e cioe' di un reato associativo.

Intanto Berlusconi, già cofondatore di Forza Italia con l’amico di vecchia data Dell’Utri imputato per concorso esterno in reati di mafia e fervido sostenitore del pluricondannato mafioso Mangano anche ospitato a casa sua per anni, continua a collezionare interessamenti di varie procure per reati gravissimi. Così il governo continua a sfornare leggi che depenalizzano ogni reato possibile a carico del premier o che cercano di ottenere una immunità totale. Oggi è girata una voce inquietante, quella che Berlusconi starebbe pensando di depenalizzare il reato di concorso esterno in reati di mafia. Vi riporto la fonte: Roma, 25 nov. (Apcom) - 'Sequestrare il Tesoro di Silvio. "Dalla Sicilia in arrivo un avviso di garanzia a Berlusconi'. Con questo titolo stamane il Giornale diretto da Vittorio Feltri ha dato corpo ai timori per eventuali inchieste siciliane che potrebbero coinvolgere il premier Silvio Berlusconi. E sempre nello stesso filone si inserisce un articolo pubblicato oggi dal quotidiano La Repubblica che ipotizza una mossa alla quale potrebbe ricorrere il Cavaliere: "Berlusconi prepara un'altra mossa, via il concorso esterno in reati di mafia".

 

 
 
 

Piano di studio per una formazione psicologica

Post n°8 pubblicato il 19 Novembre 2009 da dif3
 

I parte. Presupposti metapsicologici.

Innanzi tutto è necessario avere almeno un'idea dei presupposti di pensiero che hanno portato l'uomo a concepire un ambito scientifico che poi è stato chiamato psicologia. Perchè poco più di un secolo fa si è cominciato a sentire l'esigenza di qualcosa che poi ha preso nome di psicologia? Perchè alcuni interrogativi hanno dato corpo a questa scienza bizzarra che l'epistemologia moderna dibatte sul suo possibile statuto scientifico? A questo proposito direi La crisi delle scienze europee di Husserl è inaggirabile. In egual modo Il discorso sul metodo di Cartesio, La critica della ragione pura di Kant, La fenomenologia dello spirito di Hegel, Essere e tempo di Heidegger, Al di là del bene e del male di Nietszche e Il concetto dell'angoscia di Kierkegaard.

Inoltre mi sembra necessario almeno un minimo confronto con i luoghi antichi di riflessione sul pensato attorno a quello che anticamente prendeva il posto della psicologia. Come minimo considererei L'etica nicomachea di Aristotele, il Simposio di Platone e Le Enneadi di Plotino. Cerco proprio di limitarmi al minimo. Mi rendo conto di ridurre la cosa ai minimi termini ma sono certo che il 99% degli psicologi non ha mai letto neppure superficialmente anche questi pochi testi.

Quindi ricapitolando:

La crisi delle scienze europee di Husserl

Il discorso sul metodo di Cartesio

La critica della ragione pura di Kant

La fenomenologia dello spirito di Hegel

Essere e tempo di Heidegger

Al di là del bene e del male di Nietszche

Il concetto dell'angoscia di Kierkegaard

L'etica nicomachea di Aristotele

Il Simposio di Platone

Le Enneadi di Plotino.

 
 
 

Pericolosità sociale e sicurezza

Post n°7 pubblicato il 18 Novembre 2009 da dif3
 

Pericolosità sociale, internamento e detenzione. Pregiudizi psicologici in ambito giuridico e forense.Se si vuole iniziare a ragionare seriamente sul problema della sicurezza.

Davide di Francia

 

Introduzione

            L'esistenza degli istituti penitenziari di internamento[1] (soprattutto quelli che non hanno teoricamente rapporto con la malattia mentale) e il concetto di pericolosità sociale hanno da sempre occupato una posizione controversa che inevitabilmente ha alimentato rivendicazioni e polemiche più o meno legittime.

            A ben vedere la distinzione tra istituti penitenziari d'internamento per malati mentali e per criminali "sani di mente" è più fittizia che reale nonostante proprio sulla base di questa distinzione si costruiscano linee di difesa processuali e destini individuali. Tale distinzione è generata dal misconoscimento di conoscenze psicologiche che dovrebbero ormai essere da tempo consolidate. Non si capisce perché alcuni disturbi mentali vengono considerati tali, mentre altri disturbi mentali forse meno eclatanti, ad esempio il disturbo di personalità antisociale o la perversione, non vengono riconosciuti come disturbi mentali a tutti gli effetti. Questo atteggiamento sorprende perché basterebbe aprire il banalissimo DSM IV-R, universalmente utilizzato, per scoprire che tutte queste diverse manifestazioni psicopatologiche rientrano a pieno titolo nella categoria dei disturbi mentali. Qualcuno potrebbe ipotizzare che questi sono più gravi di quelli. Ma anche dal punto di vista della strutturazione, della stabilizzazione, della resistenza al cambiamento e degli effetti nocivi su di sé e sugli altri il disturbo di personalità antisociale e la perversione non hanno nulla da invidiare neppure alle psicosi e alle schizofrenie più scompensate. Anzi, mentre un antipsicotico produce spesso effetti di compenso significativi non esistono farmaci, psicoterapie o altre forme di intervento che producano effetti sensibili nei soggetti antisociali e perversi.

Questo misconoscimento produce effetti indesiderati a molti livelli, da quello giudicante, a quello del rapporto tra istituti penitenziari (ad esempio tra Opg e case di lavoro), tra istituti penitenziari e altri enti (ad esempio con le Ausl o con la Magistratura), tra operatori all'interno dello stesso istituto penitenziario. Diventa infatti difficile adottare percorsi di sostegno al soggetto internato condivisi e armonici, complicando così un iter già critico e pieno di insidie per sua natura. Queste considerazioni sono intimamente connesse con un altro pregiudizio psicologico faragginoso ma estremamente rilevante dal punto di vista giuridico: la capacità di intendere e volere. Non affronterò in questo contesto la questione nel suo complesso ma è del tutto  evidente che viene ipotizzato uno stretto rapporto tra "vere malattie mentali" e la capacità d'intendere e volere. Le "vere malattie mentali" sarebbero quelle dove non è reperibile la capacità d'intendere e volere. Mi limito a rilevare che nessuna forma psicopatologica viene agita da un soggetto con piena capacità d'intendere e volere benché sia necessario ipotizzare, al cuore di ogni soggetto, un punto libero da patologia che gli consentirebbe di scegliere, se lo "volesse", di determinarsi anche in modo non patologico. Tuttavia, una cosa è sostenere che qualunque soggetto ha la possibilità, per quanto remota, di uscire dalla propria patologia e un altra è affermare che un soggetto patologico, in quanto tale, sia capace d'intendere e volere; se lo fosse non sarebbe patologico.

 

            Trovo utile articolare la riflessione sulla pericolosità sociale  a partire da due considerazioni distinte: 1. il danno sociale, cioè la necessità di proteggere cittadini innocenti; 2. l'esigenza di aiutare il criminale verso il cambiamento del proprio mondo interno ed esterno.

            I due aspetti sono per un verso connessi perché modificare la struttura interna del criminale in modo che possa vivere all'interno della società senza commettere crimini ha evidentemente un effetto rilevante anche sul fine di proteggere il cittadino innocente, ma possono anche essere in opposizione reciproca perché il bisogno di protezione del cittadino può richiedere l'allontanamento dalla società del criminale che pur avendo scontato la pena non abbia mostrato alcun segno di cambiamento strutturale rimanendo ancora potenzialmente un uomo che commette reati più o meno gravi per vivere. Ecco così che ci troviamo al cuore della delicata questione concernente l'istituzione dell'internamento nel nostro ordinamento giuridico dovuto alla valutazione della pericolosità sociale. Infatti è impossibile accertare in modo apodittico che un uomo sia  oppure no pericoloso socialmente; così, è difficile sostenere giuridicamente la necessità di privare della libertà qualcuno che ha già scontato la pena per i reati commessi ma che potrebbe probabilmente commetterne altri limitando la libertà e la serenità di cittadini innocenti. Esiste un'ampia polemica causata dall'insoddisfazione del sistema giudicante che rigetta la prospettiva probabilistica nella speranza di una certezza, confusa con "scientificità", che può essere solo un'aspirazione ideale o una costruzione artificiale non realistica.  

            D'altronde spesso accade che l'internato pericoloso proprio durante la messa alla prova all'esterno commetta reati anche gravi. E' estremamente difficile tutelare contemporaneamente i diritti dei cittadini e quelli del reo che ha già scontato la pena e che fino a prova contraria, per quanto improbabile, potrebbe sempre non commettere altri reati nonostante tutte le difficoltà interne ed esterne. Come muoversi? Vado oltre. Se anche fosse possibile accertare di qualcuno l'assenza di sensibili cambiamenti interni e il permanere in uno stato di devianza stabilizzata e strutturata (ad esempio in ogni soggetto che ha una diagnosi di disturbo di personalità antisociale o di perversione) come ci si dovrebbe regolare? Dato che permane in uno stato di pericolosità non modificato è legittimo privare all'infinito lo stato di libertà di un soggetto che oggettivamente, perché contenuto, non ha più commesso reati che giustificherebbero la sua detenzione? Credo che sia una domanda che dobbiamo porci. La legge italiana è come se partisse dall'ingenuo presupposto che un intervento anche abbastanza modesto e composto prevalentemente dal reinserimento sociale e dal lavoro all'esterno possa modificare la vita e la personalità degli internati. Ma purtroppo ciò non è vero. Se ciò avvenisse sarebbe un miracolo e la giustizia non può procedere appellandosi ai miracoli. Noi sappiamo che non è così e che anche quando è presente una forte motivazione al cambiamento, risorsa rarissima nelle carceri, è necessario un lavoro molto lungo ed impegnativo per cambiare qualcosa della struttura di un soggetto. Cosa fare allora?

 

Protezione sociale

            Diciamo apertamente e senza ipocrisia che, come tutti sanno, la maggior parte dei criminali in libertà tornano nuovamente a commettere i reati per i quali sono stati reclusi. La nuova legge sull'indulto ha mostrato ciò con evidenza. Anzi l'impunità e gli sconti di pena funzionano come un vero e proprio rinforzo per tutti coloro che, per una ragione o per l'altra, sono tentati dal crimine. Sappiamo anche che il carcere, quando è solo limitazione della libertà, abbrutimento psicofisico, intento punitivo, anziché avere una efficacia di allontanamento dal reato né ha una esattamente opposta di avvicinamento. In modo particolare sappiamo che i nuovi giunti dalla libertà che entrano per la prima volta in carcere hanno modo di entrare in contatto con il mondo del crimine e che spesso la carcerazione sancisce una vera e propria iniziazione a questo mondo con precise acquisizioni di regole, gerarchie e contatti fondamentali per il futuro. Insomma, il carcere impostato solo in termini punitivi produce come effetto solo l'aumento del tasso di criminalità di una società.

Quindi, il pericolo sociale esiste e non bisogna negarlo o scotomizzarlo ma nello stesso tempo non si può considerare il carcere come una soluzione che risolve il problema. Il carcere contiene solo temporaneamente il problema sociale perchè raramente aiuta chi vi entra. La Legge 354/75 e la 663/86 (Legge Gozzini) partendo più o meno da queste considerazioni hanno compiuto il salto concettuale dal carcere come luogo punitivo a luogo del cambiamento della persona attraverso la rieducazione e la premialità, ma sappiamo che le risorse messe in gioco e i risultati ottenuti sono a dir poco molto scarsi. Il carcere è prima di tutto il luogo dei criminali e della polizia penitenziaria mentre psicologi, assistenti sociali ed educatori sono mosche bianche, gocce nell'oceano con un potere ed un efficacia del tutto marginale. Se il rapporto tra agenti penitenziari e personale coinvolto nell'osservazione e il trattamento è di 50 a 1 ciò significa che il carcere è fattivamente restato quasi esclusivamente un luogo di contenimento punitivo e non di trattamento. La L. 354/75 e la 663/86 hanno innalzato il tasso di civiltà del nostro Paese ma solo scarsamente sul piano teorico ed in modo del tutto insufficiente su quello pratico. Del resto gli interventi prevalenti introdotti dalla riforma dell'ordinamento penitenziario si appellano quasi esclusivamente all'atteggiamento premiale dello Stato italiano e alla speranza di una magica e, oggi lo sappiamo, improbabile risocializzazione. L'attività trattamentale ha da sempre avuto una funzione del tutto residuale, di contenimento e non di cambiamento. Si è trattato fin dall'inizio dell'introduzione di elementi di novità molto deboli ed inefficaci benché l'intenzione fosse rivoluzionaria. Lo spirito della riforma è del tutto condivisibile ma gli elementi teorici e concreti utilizzati sono stati del tutto insufficienti.

            In ogni caso il problema della "gestione del criminale" non è solo da porre in termini di rispetto dei diritti di chi ha commesso un reato che certo devono essere rispettati quanto quelli di chiunque altro; deve anche essere posto nei termini della protezione sociale che desideriamo assicurare ai nostri cittadini. E questo è un problema generale che riguarda tutti i detenuti e non solo gli internati. Infatti come potrebbero sentirsi tranquilli i cittadini se consapevoli del fatto che i detenuti e gli internati escono dall'istituto penitenziario avendo sì scontato la pena ma  strutturalmente devianti e antisociali come prima se non più di prima? Non molto direi. Pertanto ritengo che il problema sia solo marginalmente quello della certezza della pena che certamente disincentiva ma non modifica la "natura" dell'uomo né il suo impatto sociale. La questione centrale è invece quella del cambiamento strutturale del soggetto criminale. Da questo punto di vista viene a volte sollevata la tesi dell'iniqua e innaturale volontà di "normalizzazione" dell'uomo che si oppone ad uno stato soffocante. Il soggetto verrebbe deprivato della sua identità e assoggettato al potere dello stato normalizzatore mentre ogni individuo dovrebbe essere libero di individuarsi in modo del tutto singolare e senza limitazione alcuna. In questo momento storico liberista questa idea che ognuno deve essere libero di autodeterminarsi come meglio crede trova il terreno fertile e difficilmente si riconosce che la libertà di ognuno di noi è necessariamente limitata dalla libertà degli altri cittadini. Se non regolate le libertà non possono che entrare in rotta di collisione. Se qualcuno si sentisse libero truffando, ricattando o stuprando il prossimo, è evidente che sorgerebbe un conflitto di libertà. Quindi in un qualche modo la libertà, come la giustizia, deve essere "uguale per tutti" e per esserlo deve essere limitata. Ritengo che la libertà da limitare sia sempre quella di chi in modo prepotente minaccia o viola la libertà altrui. Non ho pertanto alcuna esitazione nel sostenere che tra il legittimo bisogno del cittadino rispettoso delle leggi e il diritto di una nuova possibilità richiesta dal criminale che non ha modificato significativamene il proprio atteggiamento verso la Legge e la società, considero primaria la prima opzione. Questo non significa però dover fingere che certamente un soggetto tornerà a delinquere oppure, successivamente, che certamente la pericolosità sociale è assente. Al contrario esistono solo le posizioni intermedie e, pertanto, probabilità più o meno elevate che la reiterazione del reato avvenga. Tutto sommato neppure rispetto ad un soggetto incensurato possiamo sostenere che la pericolosità sia pari a zero. Il punto quindi non è se c'è oppure no pericolosità sociale ma se è avvenuto oppure no un cambiamento significativo del soggetto rispetto alla Legge e alla società.

            Anche a causa della mancanza di una adeguata comunicazione e condivisione teorica tra operatori coinvolti all'interno di questi processi (psicologi, assistenti sociali, giudici, magistrati, educatori, periti, ecc...) gli atti di tutti continuano nella direzione di quanto previsto dalle disposizioni di legge attuali con forzature e reciproche convinzioni e fraintendimenti. Ad esempio i giudici saranno convinti, o fingeranno d'esserlo, che i periti possano effettivamente accertare con precisione scientifica e oggettiva la pericolosità di un uomo così come il perito dovrà fare "come se" ciò fosse possibile riferendo una certezza che in realtà è solo una probabilità non dichiarabile tale. Infatti la credenza della certezza della valutazione della pericolosità sociale costringe gli operatori che lavorano nelle carceri e che si occupano delle attività di osservazione e trattamento, così come i periti che hanno il compito di accertare la presenza della pericolosità sociale, ad utilizzare toni apodittici e a fare "come se" la presenza e/o l'assenza di una qualità, la pericolosità sociale, fosse accertabile con precisione. Al contrario sappiamo che può essere solo ipotizzata probabilisticamente a partire da alcuni elementi dell'osservazione nessuno dei quali è in grado di determinare con certezza il futuro comportamento di un uomo. Non si deve confondere il realismo di un atteggiamento probabilistico con una mancanza di scientificità.[2] E' possibile scientificamente stabilire il tasso di pericolosità di un soggetto all'interno di un orizzonte pienamente scientifico. Se poi l'ipotesi di mancanza di scientificità fosse legata al desiderio di una certezza che non esiste allora saremmo di fronte ad un atteggiamento scientificamente poco rigoroso.

 

            Il problema della sicurezza e della protezione mi pare possa essere affrontato in tre modi tutti legittimi ma con potenziali di efficacia molto diversi:

  1. temporaneamente allontanando e contenendo il soggetto deviante e antisociale;
  2. stabilmente aiutando il soggetto deviante e antisociale a modificare la sua struttura di personalità;
  3. in via preventiva evitando che all'interno delle società si producano dei criminali.

 

            Il primo modo si ottiene attraverso la detenzione ma ha un'efficacia solo temporanea e non interviene modificando la natura del problema; il secondo modo viene affrontato di seguito nel presente articolo; il terzo modo è il più importante ed implica una approfondita riflessione sulle nostre società che non verrà affrontata nel presente articolo perché ci porterebbe troppo lontano.

Solo dalla sinergia dei tre livelli è possibile attendersi dei risultati accettabili. Diversamente continueremo ad avere esiti totalmente fallimentari. Oggi tutto il problema della sicurezza e della protezione è invece affrontato esclusivamente con il I punto.

 

            Ora, anche a partire da quanto esposto in precedenza, mi sembra necessario sottolineare ed evidenziare la presenza di alcune credenze psicologiche che hanno modellato le leggi e l'iter dei percorsi giuridici e penali: 1. la certezza della valutazione di pericolosità sociale; 2. la modificabilità della struttura della personalità dei soggetti immessi all'interno dei percorsi rieducativi e di reinserimento sociale in tempi relativamente brevi 3. la indole o la "tendenza" delinquenziale che se esistesse davvero non consentirebbe alcun cambiamento e quindi nessuna possibilità di revoca della pericolosità sociale. La categoria giuridica del criminale per tendenza che porta ad una misura di sicurezza di 3 anni è un controsenso perché se esistesse il criminale per tendenza sarebbe inutile rivalutare la sua pericolosità mentre invece dovrebbe essergli assegnata la misura perpetua poiché la tendenza non è soggetta a cambiamento. Per quanto riguarda la certezza della valutazione di pericolosità sociale mi sono già espresso in precedenza. Infine, la modificazione della struttura della personalità sarà l'oggetto del prossimo paragrafo.

 

Modificare la struttura

            La pericolosità sociale è una qualità presente oggi  ma che è desumibile da ciò che l'esperto valuta possa essere l'azione futura del soggetto esaminato, atto o atti comportamentali che non verranno mai eseguiti proprio per effetto della limitazione della libertà. Da un lato ciò è rassicurante per l'esperto perché nessuno sarà mai nella condizione di dimostrare il contrario, infatti non esisterà mai il futuro all'esterno che dimostrerebbe l'esattezza o la scorrettezza della valutazione. Tuttavia questa situazione è anche molto frustrante per l'esperto perché nulla mai potrà dimostrare la correttezza della sua valutazione e lo costringe all'incertezza e al dubbio perpetuo rispetto ad una decisione estremamente rilevante e invalidante per la vita di un soggetto.

            Abbiamo detto che una valutazione del rischio è doverosa ed inevitabile per prevenire tragedie annunciate come quelle di pedofili mai pentiti che appena rimessi in libertà devastano la vita di altri bambini che certo non possono essere sacrificati in nome del nostro buonismo ipocrita. I nostri politici vanno in fibrillazione contemporaneamente in nome del garantismo degli imputati e del lassismo dei giudici indignandosi per colpe che sono solo loro perché sono proprio i politici che devono assumersi l'onere di scelte difficili da trasformare in leggi operative come appunto quella tra garantismo e lassismo. I giudici non possono far altro che applicare le leggi che il legislatore ha varato. I politici sono dei ricercatori di consenso e destinati a tentare sempre la quadratura del cerchio, non prendono decisioni e danno ragione a tutti per piacere a tutti. Bisogna invertire rotta e tornare ad una politica forte che soddisfi delle istanze etiche imprescindibili al prezzo di scontentare qualcuno. Non c'è nulla di male nello scontentare qualcuno, anzi è necessario se si vuole attuare interventi efficaci e trasparenti.

            La misura di sicurezza prevede che dopo un paio di mesi di osservazione all'interno dell'istituto di pena si giunga, in ragione delle risorse interne ed esterne dell'internato ed in collaborazione con i servizi presenti sul territorio (legami famigliari, opportunità lavorative, servizi sociali, sert, ecc..), ad un lavoro di tessitura di un progetto da mettere alla prova all'esterno che consenta il reinserimento nel tessuto sociale dell'internato. Molto spesso dai contatti con i servizi territoriali si apprende che è già stato tentato di tutto con il soggetto e che non esistono progetti possibili all'esterno che hanno una ragionevole probabilità di successo. Anzi, la carcerazione e l'internamento sono spesso vissuti dagli operatori del territorio come una "soluzione" che consente a tutti di prendere fiato e tirare un respiro di sollievo. Spesso anche le famiglie già molte volte tradite e deluse non sono disponibili a concedere ulteriori  aiuti. Molti internati non hanno una casa, dei legami affettivi e delle relazioni significative, non hanno un lavoro, ecc... Paradossalmente gli unici che riescono rapidamente a porsi nelle condizioni di articolare un progetto che ha una parvenza di consistenza (casa, famiglia, proposte di lavoro, disponibilità, ecc..) sono gli internati in odore di mafia e affini. Dico paradossalmente perché al di là delle apparenze e delle "risorse oggettive" a disposizione sono i soggetti nella sostanza ovviamente più pericolosi socialmente. Insomma in molti casi non è possibile articolare un progetto di alcun tipo, spesso i progetti falliscono nell'arco di poche settimane, sono delle assolute rarità i percorsi che vanno in porto. Cosa significa? In primo luogo che un progetto di reinserimento messo insieme nell'arco di pochi mesi e fondato su elementi meramente concreti come il lavoro e un posto dove dormire con dei soggetti che hanno vissuto una vita disastrosa da tutti i punti di vista, è un progetto estremamente debole.

            In secondo luogo non c'è niente che può modificare un soggetto se questo non ha deciso di cambiare la propria vita. Non si può nulla senza la motivazione.

            Quindi c'è una questione temporale, una questione concernente l'impiego di tempo in esperienze formative significative e una questione di riposizionamento del soggetto in relazione alla Legge e al mondo umano. Solo attraverso la sinergia di interventi integrati che coinvolgono contemporaneamente i due livelli sopra indicati è possibile elevare le probabilità di azioni efficaci a sostegno dei soggetti internati. Attualmente nessuno dei due livelli è contemplato dalla normativa vigente e, di conseguenza, non ha alcuna applicazione concreta.

 


[1] L'internamento è una misura di sicurezza di tipo detentivo prevista dal nostro ordinamento giuridico. L'internato è un soggetto detenuto che permane in tale stato non col fine di scontare una pena relativa ad un reato commesso, ma in ragione di una valutazione di pericolosità sociale effettuata da un perito o dall'esperto e motivata da un presunto reiteramento del reato all'esterno.

[2] Del resto la statistica è accettata universalmente come disciplina scientifica a tutti gli effetti.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: dif3
Data di creazione: 05/11/2009
 

CLINICA ED ETICA

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L'etica si propone di sottolineare l'importanza della scelta nel comportamento dell'uomo, anche nella clinica e quando questa apparirebbe del tutto impossibile. Se da una lato la clinica è il luogo all'interno del quale il soggetto può recuperare le proprie origini per riarticolare la logica di una scelta che fino a quel punto egli aveva colto come insoddisfacente d'altro canto lo deve fare a partire dalla constatazione che si tratta sempre di una scelta impossibile, emotivamente ma anche logicamente. L'orizzonte all'interno del quale tutto si realizza è, ad esser precisi, quello etico. Messuna morale, nessun ideale, nessuna identificazione, nessuna illusione può sostenere la sua scelta. L'etica è esattamente l'opposto di un atteggiamento moralizzante. Ciò è vero nonostante il fatto che la filosofia ha quasi sempre pensato l'etica come una sorta di realizzazione pratica della morale, riducendola così all'esecuzione di una legge o di un codice deontologico. Ma, come già evidenziava più di duemila anni fa Paolo di Tarso, la Legge non può garantire alcuna giustizia. Oggi lo abbiamo sotto gli occhi con evidenza, basta andare in Parlamento, cambiare le leggi e anche i reati commessi smettono di essere reati (ad es. il falso in bilancio). Oppure anche nel rispetto della legge si possono commettere ingiustizie come le banche che nella attuale crisi economico-finanziaria globale hanno distrutto la vita di tante famiglie. La giustizia proviene solo da un atto giusto che ogni volta è singolare. Non si potrà mai generalizzare la giustizia, purtroppo o per fortuna.

 

 "Infatti non chi sta ad ascoltare la Legge sarà giusto davanti a Dio, ma chi attua la Legge sarà giustificato. Quando infatti i gentili, che non hanno la Legge, ne attuano i precetti per istinto, pur privi della Legge sono essi stessi Legge per sè. Essi dimostrano l'azione della legge scritta nei loro cuori....

pechè, se si ha giustizia mediante la Legge, allora Cristo è morto inutilmente.

Che diremo dunque? La Legge è peccato? Non sia mai. Però non conobbi il peccato se non mediante la Legge. Non avrei conosciuto il desiderio, se la Legge non avesse detto: non desiderare." 

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani, 2,13; Lettera ai Galati, 2, 21; Lettera ai Romani, 7,7

 

 


 


Libro SAGGISTICA E ATTUALIT? 32 pagine
1a edizione 5/2013

 

 

POLITICA, DIRITTO ED ETICA

"Con la paura ormai ci convivo. E' inutile nascondere apprensioni quotidiane per la mia incolumità e la sopravvivenza fisica. Il problema è quello di far convivere la paura con il coraggio" P. Borsellino

"Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola" G. Falcone

"Se un uomo non è disposto a rischiare per le proprie idee, o le sue idee non valgono niente, o non vale niente lui" Gioacchino Genchi

 

Come l'edera...2

Come l'edera all'albero, di Davide di Francia - Saggistica -Storia di una Repubblica fondata su stragi, golpe, segreti di Stato e infiltrazioni masso-mafiose

http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/606976/

Troppe tragedie insabbiate e doppiamente tradite minano la nostra fragile e improbabile democrazia. Le verità giudiziaria e storico-politica non vanno con-fuse. Solo una politica debole o collusa compie l'operazione mortifera di fondere insieme le due verità. Per mantenerle distinte è però necessario dotarsi di dispositivi di verità alternativi a quelli giudiziari.

 

RECENSIONI LIBRI

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All'interno di questa sezione mi propongo di evidenziare  preferibilmente testi poco noti che ritengo siano di grande valore e importanza. Pertanto non includerò tutti quei capolavori assoluti che non hanno però bisogno di essere promossi in quanto già ampiamente apprezzati e divulgati. In linea di massima quindi non troverete le recensioni delle opere di Freud, Shekespeare, Platone, Dante, ecc... A meno che non si tratti di lavori periferici e poco noti.

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Sulla lettura, Marcel Proust.

Non trovo migliore iniziazione per una sezione dedicata alle recensioni che la presentazione di questo breve saggio sulla lettura. Venti pagine da leggere tutte d'un fiato, commuovente e appassionate. La lettura viene trattata magistralmente, naturalmente in stile poetico e non cattedratico, nei suoi aspetti intimi autoformativi ma anche nei suoi rivoli più oscuri e perigliosi. Qui Proust, che in altri luoghi ho trovato a volte un pò eccessivo, mantiene un portamento lirico, equilibrato e saggio. Non privatevi di questa lettura. Mi ringrazierete.

 

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 L'Angelo necessario, Massimo Cacciari

Un lavoro davvero ispirato. Il Regno dell'Angelo, al di là del nomos, della Legge, del bene del male, del linguaggio, consente di illuminare la radice e il senso dell'essere. L'Angelo, pura infanzia, illumina i primi anni di vita dell'uomo, quando la Legge, il Linguaggio sono orizzonti quasi completamente esterni e non interiorizzati. La dove solo l'amore, donarsi e affidarsi, possono manifestarsi. L'Angelo, messaggero della parolo divina, è la porta che consente ad ogni soggetto di mettersi in contatto col la propria parola, col principio che lo costituisce intimamente. Anche in chiave psicologica è un gioiello da non perdere.

 

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Il Tempo etico, Ettore Perrella

Un capolavoro della psicoanalisi. Per chi si interessa di psicoanalisi, ma anche per chi desidera inoltrarsi nel labirinto dell'animo umano, non deve rinunciare a questo luogo prezioso dello spirito umano vivente. Se la psicoanalisi è ancora viva, lo è in opere come questa, rare e spesso nascoste al grande pubblico, alle masse. Non so se è ancora reperibile in qualche modo, se non lo fosse cercherò di aiutarvi in qualche modo. Per quel che mi riguarda lo considero uno dei tre capolavori della storia del pensiero italiano del secolo scorso.

 

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La persuasione e la rettorica, Carlo Michelstaedter

Ecco il terzo capolavoro italiano del secolo scorso. Un pensatore acerbo ma di una profondità, una sensibilità e un coraggio straordinari. Uno sguardo acuto e penetrante che svela la iscrizione costitutiva della mancanza radicata al cuore di ogni cosa. La vita è la mancanza della sua vita. Anche un peso pende e in quanto pende dipende, e se anche in un punto dovesse raggiungere il punto ideale del suo tendere, in quel punto non sarebbe più quel che è: un peso che pende. L'impossibilità della soddisfazione piena è radicata strutturalmente nell'essere di ogni ente, irriducibile a qualsiasi pretesa soluzione pacificatoria. Unica alternativa l'occultamento di questa scomoda verità. Una sfida straordinaria per mettere in gioco la nostra parola al di là delle lusinghe del linguaggio e della realtà.

 

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Enzo Paci, Kierkegaard e Thomas Mann

Non potevo non ricordare un pensatore a cui sono molto affezionato. Molti lavori sono preziosi contributi. Fra tutti propongo questo su Kierkegaard uno dei filosofi più acuti di sempre, capace di sezionare in modo devastante anche il grande Hegel: se la vita fa parte del capitolo sulla logica, allora Hegel non riesce ad afferrare l'essenziale né dell'una né dell'altra. Insomma un connubio straordinario per immergersi nel mare autentico del pensiero e della vita.

 

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Il nomos della terra, Carl Schmitt

Un'opera straordinaria scritta dal più grande giurista del secolo scorso. Sia la forma che i contenuti sono veramente di grande livello. Le istituzioni stanziali che portano agli Stati moderni si affermano bonificando il mare aperto luogo di di conquista, di briganti e di corsari, terra di nessuno, non soggetta a leggi e proprietà. Gli Stati e la proprietà si istituiscono con un atto di forza e di violenza e per affermarsi, consolidarsi e perpetrarsi nel tempo si autoaffermano attraverso il diritto, le leggi e i diritti di proprietà. Una riflessione originale e preziosissima anche per orientarsi all'interno degli sconvolgimenti attuali prodotti da una globalizzazione sempre più sfrenata.

 

RECENSIONI FILM

Il tempo dei gitani di Emir Kusturica è stato il primo film magico che ho visto. La considero la mia iniziazione al cinema che tocca il profondo del cuore. Non potevo non iniziare da questo meraviglioso film. In alcune sue parti un capolavoro assoluto.

 

 

Il concerto

Le parole sono sporche, solo la musica dice la verità!

www.youtube.com
Magnifique concert final du film Le Concert, avec Mélanie Laurent et l'orchestre André Filipov. Je n'ai pas pu mettre le début

http://youtu.be/zvR6qaMmBOE

http://www.youtube.com/watch?v=zvR6qaMmBOE&feature=mfu_in_order&list=UL

 

In un mondo migliore

Il deserto cresce e la violenza dilaga incontrollabile!

Il film più bello dell'anno. Stranamente ha vinto anche l'oscar come miglior film straniero. L'unico film capolavoro che poteva competere era il capolavoro di Diritti, L'uomo che verrà, ma ovviamente è stato sabotato dall'industria cinematografica in favore dell'ultimo polpettone di Virzì. I miracoli non possono accadere in coppia, sarebbe un miracolo al quadrato! Piuttosto improbabile!

http://youtu.be/uIeXfqhih6A?hd=1

 

 

Questioni di cuore, F. Archibugi.

Un bellissimo film commentato nella rubrica-tag cinema

 

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La deriva della Chiesa temporalizzata.

 

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