Davide Vaccino

Spazi...


Sarà per il mio carattere non proprio allegro, ma adoro passeggiare per i cimiteri. Mi piace soffermarmi a guardare le foto, a volte ingiallite dal tempo altre volte più recenti, sulle tombe, che raffigurano i visi e le espressioni di chi ha calpestato questa terra, si è fermato, e poi se n’è andato. Quanti sogni infranti ci saranno dietro quegli occhi che ci osservano dalle finestrelle di vetro di un portaritratti? E quanti obiettivi raggiunti? Pochi giorni fa mi ritrovavo a visitare un camposanto e ho notato una vecchia lapide: a malapena si intravedeva l’incisione in latino “Tempora metimur sonitu umbra pulvere et unda nam sonus et lacrima pulvis et umbra sumus”, che sta a significare più o meno “Misuriamo le ore col suono e con l’ombra con la polvere e con l’onda perché noi stessi siamo polvere e ombra rumore e lacrime”. Nel leggere quella frase mi sono scoperto a riflettere che questa è una grande verità: parole, lacrime, polvere e poi soltanto ricordi. L’essenza di ogni uomo è tutta lì: congetture scritte sulla sabbia che prima o poi il vento spazzerà via, e poco importa se può sembrare banale, oppure che si debba leggere su un'icona di marmo quasi corrosa dal tempo e dalle intemperie il senso di un’esistenza intera; il fatto è che ci si rende conto che in fondo è giusto sperare e crederci finché siamo al di qua della fossa, tuttavia è altrettanto vero che al momento della nostra nascita il nostro benvenuto al mondo è un buffetto sul sedere per farci respirare: nessuno ci promette rose e fiori, anche se forse ce lo augurano. E così, proprio fra i fiori deposti su umidi sepolcri, in un pomeriggio di fine inverno, mi sono reso conto di un’altra certezza: la consapevolezza che in cuor mio amo ed apprezzo la vita e tutte le persone che sono state al mio fianco, ma ancor di più rispetto gli spazi vuoti che esse hanno lasciato.