Davide Vaccino

Si, va beh, però... allora ditelo!!!


Ebbene si: ci casco sempre. Qualche volta mi ingaggiano, quasi fossi un killer professionista, per andare a parlare di poesia nelle scuole e io, che sono un sognatore, non dico di no con l’illusione non troppo segreta di trasmettere in quei teneri virgulti dei miei ascoltatori la passione che si prova nell’esprimere se stessi attraverso l’emozionante ed impagabile esperienza della parola scritta in versi. Colmo, anzi, traboccante di buone intenzioni preparo i ferri del mestiere, ovvero cerco di raccogliere un paio di idee di senso compiuto nella mia testa perennemente confusa, sveglio dal suo torpore il mio unico neurone, il quale immancabilmente dapprima minaccia di denunciarmi per sfruttamento di incapace e poi mi manda a quel paese, quindi mi reco tutto entusiasta, moderno don Chisciotte, a combattere contro una scolaresca di mulini a vento, autoconvincendomi di una cosa, e cioè che io la scuola l’ho vissuta, neanche tanti anni fa, dall’altra parte della cattedra, come comune mortale, e che anche oggi, non essendo un insegnante, sto dalla parte di chi è seduto dietro a quei simpatici e comodi banchi di formica (non l’insetto: quella è la formìca, intendo la fòrmica, quella specie di resina che riveste certi mobili, fra i quali, appunto, i banchi scolastici del periodo appena post-bellico), pertanto mi aspetto di essere considerato da questi cari adolescenti come uno di loro e non come un ufo: via quindi i formalismi, il darsi del lei, l’atteggiarsi a maestri di vita e cose del genere, ma semplicemente essere uno fra molti, pertanto fallibile e criticabile, con qualcosa da raccontare. Stavo dicendo che ci casco sempre. Appunto: ci casco e mi dimentico che ogni mio anno di differenza fra me e questi ragazzi, equivale a sette anni, proprio come per i cani. Il me stesso diciassettenne era fondamentalmente un imbranato che per apparire ribelle si stordiva di heavy metal ascoltando Iron Maiden e Judas Priest, lasciandosi magari sfuggire una lacrimuccia al suono di “Still loving you” degli Scorpions o di “When it’s love” dei Whitesnake e che ingaggiava una vera e propria lotta di classe contro i cosiddetti “paninari” ostentando chiodo ed anfibi in contrapposizione a moncler e timberland, per poi scrivere, nel segreto della propria stanza patetiche poesiuole d’amore che facevano rima con cuore e non con kuore. La frase “non me ne frega” veniva considerata un errore e veniva corretta con un “non me ne importa”, e le voci del verbo avere “ho” e “ha” si potevano anche scrivere senza acca ma con l’accento, come “ò” e “à”… chissà cosa avrebbero capito, vent’anni fa, se invece di “perché” avessi scritto “xké”… gli anticonformisti portavano i capelli lunghi e colorati con tinte impossibili e un ex galeotto lo si riconosceva dai tatuaggi; chi aveva l’orecchino o il piercing era automaticamente gay. Ora, nel 2008 sono io quello fuori dagli schemi: ho qualche chilo di più e qualche capello di meno di colore castano naturale e qualche intrusione, ahimé, di grigio, pizzetto d'ordinanza, occhiali, nessun tatuaggio, nessun orecchino o piercing, eterosessuale convinto, ancora la voglia di scrivere poesie anche se cuore e amore non fanno più rima come un tempo, qualche volta indosso giacca e cravatta, altre volte jeans e maglione, ho un’auto comoda… insomma, sono così normale da esser diventato in pratica quasi un estremista… e poi mi stupisco se mi chiedono da quale pianeta provengo…