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Orientarsi a Venezia è come andare in bicicletta, una volta imparato non lo dimentichi più. Cammini fiero di te stesso e della padronanza con cui svolti leggiadro di calle in calle, infili sottoporteghi e solchi campi e campielli, ma lei, Venezia, ti sfianca beffarda ponte dopo ponte, gradino dopo gradino. Non importa che tu ci abbia vissuto per anni ai tempi dell'università... adesso sei solo uno dei tanti paonazzi turisti che la assalgono come formiche brulicanti e lei non ne ha pietà.
Dalla Stazione si gira a sinistra baldanzosi e si arriva al Ponte delle Guglie, ci si infila curiosi nel Ghetto e si rispunta in Strada Nuova ancora pieni di energie. Si arriva a Santa Sofia e si sfidano le acque del Canal Grande a bordo di un gondolino, si attraversa il mercato del pesce e si scala il Ponte di Rialto in velocità. Ci si dirige verso SS. Giovanni e Paolo e da lì all'Arsenale, il sole picchia ma la stanchezza ancora non si sente. Dall'Arsenale si percorre un po' storditi tutta Riva degli Schiavoni e si arriva disidratati in Piazza San Marco, si fendono con fastidio centinaia di turisti e piccioni e si arriva in Campo Santo Stefano passando per la Fenice. Alla Scala del Bovolo comincia a girare la testa, il Ponte dell'Accademia è un colpo basso e arrivati alla chiesa dei Frari vorresti solo che ti venissero a prendere in elicottero. Al Ponte degli Scalzi ormai si arranca e la visione della Stazione è uno scherno obnubilato dall'acido lattico nel quale sta annegando il tuo cervello.
Venezia sembra chiedere un pegno per metterti a parte della sua stupefacente bellezza, e anche la mia ironia è infine impotente di fronte ad essa.
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