Silenzi assordanti

Fortuna


 «Maestro mio», diss’io, «or mi dì anche:questa fortuna di che tu mi tocche,che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?».E quelli a me: «Oh creature sciocche,quanta ignoranza è quella che v’offende!Or vo’ che tu mia sentenza ne ’mbocche.Colui lo cui saver tutto trascende,fece li cieli e diè lor chi conducesì ch’ogne parte ad ogne parte splende,distribuendo igualmente la luce.Similemente a li splendor mondaniordinò general ministra e duceche permutasse a tempo li ben vanidi gente in gente e d’uno in altro sangue,oltre la difension d’i senni umani;per ch’una gente impera e l’altra langue,seguendo lo giudicio di costei,che è occulto come in erba l’angue.Vostro saver non ha contasto a lei:questa provede, giudica, e perseguesuo regno come il loro li altri dèi.Le sue permutazion non hanno triegue;necessità la fa esser veloce;sì spesso vien chi vicenda consegue.Quest’è colei ch’è tanto posta in crocepur da color che le dovrien dar lode,dandole biasmo a torto e mala voce;ma ella s’è beata e ciò non ode:con l’altre prime creature lietavolve sua spera e beata si gode.Or discendiamo omai a maggior pieta;già ogne stella cade che salivaquand’io mi mossi, e ’l troppo star si vieta»Inferno, canto settimo