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Omaggio a Frida Kahlo nel centenario della sua nascita


Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderon (Coyoacán, Città del Messico 6 luglio 1907 - 13 luglio 1954)
Il suo sguardo magnetico mi cattura ogni volta che siedo alla scrivania, è qui davanti a me in quella sua splendida immagine di Imogen Cunnigham, che acquistai a Casa Azul.Sono felice di averla incontrata, molti anni fa, sulle pagine di Frigidaire, la rivista che ero solita sfogliare prima di ogni mio viaggio, alla ricerca di un percorso fuori dalle solite rotte.E’ stato così che l’ho conosciuta.Quell’articolo parlava di Trotsky e, nel descriverne il soggiorno forzato a Coyoacán, è saltata fuori lei. Ricordo sommariamente quel che si diceva della sua vita travagliata, so che, incuriosita, nel giro di poche ore ero tra gli scaffali di una libreria, per poter trovare qualcosa che meglio la raccontasse.E così quel primo libro: “Frida. Vita di Frida Kahlo” di Haiden Herrera.Poi l'approfondimento attraverso altre letture, mostre, spettacoli teatrali, film … per comprendere la sua opera e il suo amore per Diego, quell’amore “assoluto e impossibile sullo sfondo del Messico rivoluzionario”.Aveva deciso che quell’uomo sarebbe stato suo, già da quando, giovane ragazza della Scuola Preparatoria, lo vedeva arrampicato sulle impalcature a dipingere murales.E Diego, affermato artista, non avrebbe potuto non rimanere incantato da una donna di tale coraggio e intelligenza, incredibilmente capace di sedurre grandi menti.E così nel 1928, la giovane Frida Kahlo diventerà la moglie di Diego Rivera, il più grande muralista messicano.
Sarà amore grande e intenso, sebbene non privo di litigi e abbandoni, accomunato dalla pittura, dal talento artistico e da passioni lontane da convenzioni sociali, entrambi comunisti, volgeranno il loro impegno alla difesa e al riscatto dell’oppresso popolo messicano.Frida non ebbe una vita facile ed era solita dire di aver avuto, oltre la poliomelite che segnò la sua infanzia (pare in realtà avesse la spina bifida), due altri gravi incidenti. Il primo a 18 anni quando, in un terribile impatto fra un tram e l’autobus su cui viaggiava, rimase trafitta da un corrimano metallico che le procurò lesioni agli organi e alla colonna vertebrale, con irreparabili conseguenze: il dover subire un gran numero di interventi, fino all’amputazione di un piede prima, della gamba poi, e la non possibilità di poter vivere la maternità, cosa che le procurerà immenso dolore. Scherzosamente riferiva il secondo incidente all’incontro con Diego, che diceva essere stato decisamente più grave del primo!
Amore e dolore sono gli elementi costanti che caratterizzano l’opera pittorica di Frida: la parte dolorosa della sua realtà e quel suo, seppur intricato, irrinunciabile rapporto d’amore, emergono in modo crudo e aspro, ma al contempo dolce e delicato e, sebbene io ami i suoi dipinti, non sono un’artista, nè un critico d’arte, per poterne parlare, è solo della sua vita che posso dire, di quel suo “Viva la vida!” che tanto la rende vicina alle altre donne.
La amo per quella vivacità, trasparenza, duttilità e finezza mentale, che le hanno permesso di vivere e coltivare, nei momenti in cui tutto luccicava, i giorni belli della sua vita, e di sostenere, con grande forza, la solitudine nei tanti momenti bui. Donna indubbiamente coraggiosa che, nonostante l’handicap e le grandi sofferenze è riuscita a vivere, anche in modo estremo, giorni pieni di ideali, di passioni, di amori, di incontri. E’ stata adorata da Diego e lo ha adorato nonostante i ripetuti tradimenti: penso non fosse, di questi, il rapporto fisico che la distruggeva, lei stessa troverà spazio infatti per altri amori, ma il tradimento mentale, la mancanza di lealtà.Ed è in quelle sue ferite che credo si possano riconoscere e ritrovare molte donne!Divorziarono, si cercarono di nuovo e si sposarono ancora … fa venire alla mente i tanti rapporti indefiniti, a volte conflittuali, così difficili da recidere, coppie “addomesticate”, in cui nessuno riesce a fare a meno dell’altro, forse, per amore. In una sua opera dipinse l’omicidio di una donna per mano di un tale, il quale, davanti al giudice, tradusse le tante coltellate inferte, con le assurde parole che andarono a comporre il titolo dell’opera: “Qualche piccola punzecchiatura”! Frida, a voler rendere ancor più visibile la sua rabbia, coprì pure la cornice del colore del sangue … per essere vicina a quelle donne, tante, troppe, che subiscono violenze fisiche e psicologiche.
Nella sua casa, Casa Azul, ora museo, fra le sue cose, i suoi colori, le sue opere, si respira un’aria tersa, linda, che ti entra dentro e ti riempie l'anima  e lì, fra le stanze che l’hanno vista muovere, hai la sensazione di sentirti addosso quell’ energia che lei ha sempre avuto e che ancora oggi, riesce a comunicare a coloro che la amano.
La vitalità con cui è riuscita ad affrontare ogni momento e la capacità di ri/trovare coraggio e forza nella lotta e nella rinascita, sono la grande eredità che ci ha lasciato e che ogni donna dovrebbe saper raccogliere.