beatitudineecastigo

Caro Michele


 Caro Michele,è questa la prima domenica che non sono da te, in quell’angolo di Toscana che sa di Romagna, dove amavi trascorrere i tuoi fine settimana.Sono passata davanti alla casa sul fiume, quella dove amavi stare, e ho ripercorso i rari momenti in cui ero anch’io lì, l’ultima volta tanto tempo fa, un giro in moto con Claudio e una sosta per un saluto.Non sono ancora riuscita a vedere quei boschi del Mugello dove amavi fare lunghe passeggiate con i tuoi cani e raccogliere funghi e castagne che portavi anche a mamma. Domenica scorsa, tornando a casa, le ho portato io le ciliegie che ho comprato sulla strada, forse nello stesso posto in cui le compravi sempre tu.Ora sei lì, in quel cimitero fra le colline, dove vengo a parlarti mentre cerco di infilare fiori in quelle antipatiche spugne che si frantumano. Mi siedo sul gradino, ti guardo in quella bella foto che ti scattò F. in Sardegna e tutto mi sembra così assurdo e impossibile. C’è il sole e una brezza leggera che mi piace immaginare ti accarezzi, riesco anche a provare un senso di pace e di serenità, forse perché è quello che, se credessi, vorrei provassi tu.Mamma avrebbe voluto che tu fossi seppellito sui nostri monti dove da bambini giocavamo liberi fra prati e boschi e dove negli ultimi anni andavi spesso … le ho detto che tu, lì, ci sei comunque, nella memoria dei tanti che ti hanno voluto bene e non dimenticheranno il tuo saper essere umile e il tuo splendido sorriso. Le ho promesso che metteremo la tua foto e una targhetta vicino a quel fratellino che hai tanto amato.In queste tre lunghissime settimane, mamma piange e ti chiama, anche di notte, senza tregua. Io mi invento che tu non sei felice di vederla così, che da lassù le dici: “Mà, mò basta!”, che sei in cielo con Vincenzo e i nonni, che stai di certo bene e che un giorno saremo tutti, di nuovo, insieme. Le dico che stiamo peggio noi in questo mondo di merda, che è l’unica cosa che so essere vera, fra le mille che le racconto per tentare di tranquillizzarla. Papà non dice, non piange, accenna a volte un pianto, che poi trattiene. Entrambi non sanno darsi pace. “Toccava a noi” – dicono, con le tue foto fra le mani - “non a te!”Per non preoccuparmi, non mi avevi neppure detto che avevi un problema e che avresti dovuto fare quel maledetto esame. Te ne sei andato così, senza un accenno, in un modo assurdo che non meritavi, che ha reso noi increduli, basiti, assenti e che non ci dà pace.Vorrei poterti dire che la vita è solo un momento di passaggio e che ci rivedremo, sarebbe tutto più semplice da sopportare, ma né tu, né io, crediamo a questa storia.La verità è che la vita è solo una dolorosa, dolorosissima, illusione.Ti voglio bene.