Creato da amoildeserto il 08/12/2006

beatitudineecastigo

Blog per pochi. Sono gradite menti elastiche ed eleganti. Eleganti … di chi è capace di umiltà (non solo intellettuale). Elastiche … di chi ama il confronto. Non è quindi gradito chi ama autoincensarsi.

 

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Femminicidio

Post n°148 pubblicato il 25 Novembre 2008 da amoildeserto

25 novembre giornata mondiale contro la violenza alle donne




Per tutte le donne che hanno subito violenza.
Per le donne di Ciudad Juarez, stuprate, massacrate, uccise e sepolte nella sabbia.

Ciudad Juarez, città messicana ai confini con gli Stati Uniti, città della morte e dell'impunità,
Dal 1993 ad oggi, più di 400 donne orribilmente assassinate .. 4000 scomparse, assassinate anch'esse.
Nel 2008 sono state uccise 75 ragazze.

 
Rispondi al commento:
marcos19771
marcos19771 il 04/12/08 alle 20:09 via WEB
BORDERTOWN: LE CROCI ROSA NEL DESERTO Un film-denuncia degli omicidi impuniti di donne a Ciudad Juárez, Messico - Ciudad Juarez, la città dell' orrore, la città che uccide le ragazze. L' orrore è cominciato negli anni Novanta, quando fu scoperto un corpo femminile mutilato e a poca distanza una sorta di fossa comune dov' erano sepolte decine di cadaveri ammassati, irriconoscibili. Da allora il massacro a Juarez, città di frontiera - a quattro chilometri da El Paso (Texas) - continua, sarebbero oltre 700 i corpi ritrovati, donne stuprate, torturate e barbaramente uccise, ma è impossibile calcolare il numero delle scomparse, perché negli ultimi anni i killer sciolgono i cadaveri nell' acido. Juarez è a quattro chilometri di El Paso (Texas), città di frontiera «dove, nell' intreccio di due culture, non è facile trovare la propria identità. È la stessa cultura in cui sono cresciuto io, tra San Diego e Tijuana», dice Gregory Nava, autore del film Bordertown - sarà in anteprima a Berlino - che racconta l' orrore di Juarez. «Ho studiato cinema a Los Angeles, ma sono e resto messicano, latino. Le vicende di Juarez mi toccano da vicino, ho fatto molte ricerche, ho consultato Amnesty International che si sta occupando del problema, a Juarez ho conosciuto tante giovani donne, che vengono dall' interno, spinte dalla miseria a cercare lavoro nelle "maquiladoras", le migliaia di fabbriche dove si assemblano prodotti elettronici per il mercato americano. Sono viste come lavoratrici per pochi soldi, quattro dollari al giorno per dieci ore di lavoro, una situazione inaccettabile, mi sento coinvolto come persona. Perciò ho fatto il film, perché voglio che la gente sappia gli orrori di Juarez». Nava vorrebbe che Bordertown fosse un film popolare, per questo ha cercato un cast di richiamo, a cominciare dalla sua amica Jennifer Lopez che grazie al suo film Selena s' impose sul mercato cinematografico. «J.Lo. è Lauren, una giornalista di Chicago che all' inizio accetta malvolentieri l' incarico di un reportage da Juarez, poi rimane coinvolta, fino a rischiare la vita. Il suo personaggio, come quello di Antonio Banderas, che nel film dirige un giornale locale, sono costruiti sulla realtà di tanti cronisti che si sono occupati del caso, alcuni sono stati uccisi». Il percorso di Lauren si svolge attraverso il rapporto con Alfonso (Banderas), con cui aveva vissuto un' intensa storia d' amore e la passione rivive, e attraverso l' incontro con le donne della città, in particolare la giovanissima Eva, una ragazza scampata al massacro che l' aiuta a cercare i colpevoli. «Le vittime si somigliano fisicamente, sono giovani, di pelle scura, sottili, fragili. Spesso vengono rapite di notte all' uscita dalla fabbrica, altre volte è l' autista dei bus pubblici che le trasportano in zone isolate e le consegnano ai criminali. Ci sono stati alcuni arresti, ad esempio il figlio di una famiglia potente come nel film, ma è difficile trovare le prove, anche per via della corruzione di molti poliziotti, anche per il maschilismo che domina la cultura locale». Sembra impossibile che dopo tanti anni il tragico mistero di Juarez non sia stato risolto. «Il problema è che ormai i media danno scarso rilievo ai ritrovamenti dei cadaveri, quelli messicani non vogliono infangare la città, gli americani non vogliono coinvolgere le "maquiladoras", è un business troppo conveniente. L' unica speranza è solo nelle donne stesse. Le madri, le sorelle, le amiche delle vittime si sono unite in migliaia, con delegazioni che girano il mondo per raccontare e chiedere aiuto. Il loro motto è "Ni una màs", non una morta in più». - MARIA PIA FUSCO
 
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Antigua il luogo dove vorrei vivere, non so se questo mai accadrà, mi sono però fatta la promessa di trascorrervi almeno un anno dei miei giorni.

 

LEI. FRIDA KAHLO

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In un articolo su Leon Trotskij, comparso su Frigidaire nei primi anni ‘80, venni per la prima volta a contatto con la figura di Frida Kahlo.
Mi parve da subito una donna di grande coraggio e intelligenza e decisi di approfondire attraverso alcune letture.
Moglie del più grande muralista messicano, Diego Rivera, ebbe, oltre la poliomelite, due gravi incidenti: il primo a 18 anni quando, in uno scontro fra un tram e l’autobus su cui viaggiava, rimase trafitta e ciò le comporterà nel corso degli anni la non possibilità di vivere la maternità e il dover subire un gran numero di interventi, fino all’amputazione di un piede prima, della gamba poi … il secondo … l’incontro con Diego, che lei soleva dire, a volte per scherzo, a volte per rabbia, essere stato un incidente decisamente più grave del primo!
Frida dipinse nelle opere, in modo crudo e aspro, ma al contempo dolce e delicato, la parte dolorosa della sua realtà.
Nonostante l’handicap e le grandi sofferenze è riuscita a vivere coraggiosamente, anche in modo estremo, giorni pieni di ideali, di passioni, di amori, di incontri.
E’ stata adorata da Diego e lo ha adorato nonostante i ripetuti tradimenti: non era, di questi, il rapporto fisico che la distruggeva, ma il tradimento mentale, la mancanza di lealtà e, in quelle sue ferite, penso ci si possano riconoscere e ritrovare molte donne.
Divorzieranno, si cercheranno di nuovo e si sposeranno ancora … fa venire alla mente i tanti rapporti indefiniti, a volte conflittuali, così difficili da recidere, coppie addomesticate, in cui nessuno riesce a fare a meno dell’altro, forse, per amore.
E’ stata amata da tanti per quella vivacità, trasparenza, duttilità e finezza mentale, che le hanno permesso di vivere e coltivare, nei momenti in cui tutto luccicava, i fiori del giardino della sua vita e di sostenere, con grande forza, la solitudine nei tanti momenti bui.
Fosse lo stesso per tutte quelle donne che, da regine, si ritrovano un giorno, non più accolte!
Nella sua casa, Casa Azul, ora museo, fra le sue cose, i suoi colori, le sue opere, si respira un’aria tersa, linda, che ti entra dentro e ti riempie l’anima .
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(scritto nel giorno del 50° della sua morte 13 luglio 1954 - 2004)


 

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