DELPIERO 10

SVENTOLA LA NOSTRA BANDIERA


Rinnovo sino al 2010: ha accettato di guadagnare meno
FONTE LA STAMPA MASSIMILIANO NEROZZI TORINO Decide di non ammainare Alex Del Piero, la Juve, e il capitano accetta di rimanerne l’effigie, stampata da quindici stagioni. Sventolerà ancora la maglia numero dieci, potranno raccontare i fedeli bianconeri, e poco (o molto) conterà che il matrimonio s’è fatto per un taglio all’ingaggio: ma soldi (non spiccioli, comunque) e percentuali son faccende più da uomini d’affari, che da leggende, territorio sul quale corre ormai da tempo Pinturicchio. Il protagonista della telenovela, è arrivato in sede poco dopo le dieci di sera, per il prezioso autografo: al primo piano di corso Galileo Ferraris, a Torino, domicilio Juve, il fratello-manager Stefano, l’amministratore delegato Jean Claude Blanc e il direttore sportivo Alessio Secco stavano trattando da oltre undici ore. L’arrivo del capitano è stato solo il timbro di ceralacca, perché anche senza la firma in fondo al plico, arrivata alle 23, era chiaro da ore che quelle carte avrebbero raccontato il futuro di Alex. Sarà Bianconero a vita, come chiedeva la maggior parte del popolo e, in fondo, come auspicavano entrambe le parti. Questo dice l’accordo biennale, che allunga l’esistenza juventina di Del Piero al 2010, quando il capitano vedrà l’alba dei 36 anni. Troncare adesso una storia iniziata nel settembre del 1993 avrebbe lasciato graffi su due icone del pallone che il destino ha intrecciato nella memoria di tutti, adoranti sudditi o accaniti nemici. Non c’è Juve senza Del Piero e non c’è Del Piero senza Juve, è stato lo spot in cima ai forum del web. E così sia. «Abbiamo raggiunto un risultato importante - ha detto alla fine Blanc - perché Del Piero è un campione del mondo e un esempio di stile. Continuerà a scrivere pagine importanti della nostra storia». Come in tutti gli affari, ognuno ha dovuto smussare spigoli. La Juve aveva fatto un passo di avvicinamento, abbandonando quella clausola d’uscita dal contratto esercitabile da entrambi alla fine del primo anno che aveva reso inaccettabile a Del Piero la proposta. Blanc e Secco avevano concesso due anni, ma non avevano ceduto sulla riduzione dello stipendio, che ora viaggia a poco meno di 5 milioni di euro a stagione: l’età usura pure i campioni. All’incasso, la nuova parcella per le pedate s’abbasserà ai 4 del primo anno, e ai 3,6 del secondo. Bella cifra, in ogni caso: «Del Piero non puoi comunque trattarlo come un giocatore normale», hanno ragionato nell’accampamento bianconero. Sulle cifre s’era insabbiata la trattativa, da settimane, dopo i primi tre incontri. Da lì, però, la Juve non si sarebbe mossa: «Non abbiamo fretta di chiudere», fu lo spiffero uscito dall’ultimo cda, che aveva cementato la fiducia attorno a Blanc, l’uomo del negoziato. Il francese, come con Trezeguet e Deschamps, aveva fatto l’offerta: prendere o lasciare. Attorno, s’è aggiunto il lavoro diplomatico di Alessio Secco, che Del Piero lo conosce da oltre dieci anni. Fu il ds, un giorno prima del ritiro, ad andare a cena con Nedved, trovando l’accordo, ed è stato lui, giovedì scorso, con il cielo ancora cupo, a far quattro chiacchiere con il capitano, a Vinovo. Ovvio, nel frattempo, ci ha ripensato pure Del Piero. La fiducia in te stesso ti fa scalare pareti tremende, come pure lui ha fatto in carriera, ma può anche modificarti l’immagine ai tuoi occhi. «Il tempo passa, ma quando pensi a te, fai fatica a riconoscerlo», aveva ammesso Donadoni. E il capitano, forse, si è sempre sentito in grado di giocare qualsiasi sfida, anche quella contro il tempo. Qui c’è stato l’aiuto del fratello, da due mesi unico manager: «Saprà fare il meglio per me», aveva giurato Alex. Semplicemente, guardava da fuori. D’accordo, il taglio dell’ingaggio, ma non così robusto da intaccare una cifra che, a questi livelli, in Italia, forse nessuno gli avrebbe mai offerto. Chissà, forse pepite erano nascoste negli Emirati Arabi, in Giappone, o nell’amata America, da epigono di Beckham: non sarebbe stata la stessa cosa. «Questa è una storia che resterà impressa per decenni - disse Blanc - quella dei campioni del mondo che scesero in B e riconquistarono la Champions per fedeltà alla squadra». Uscire dalla favola adesso, sarebbe stato un peccato.