Lavoro, le solite fandonie!!! Pensavamo di aver voltato pagina riguardo alla disinformazione? Del resto il primo ministro non è più il proprietario di oltre il 50% dei media nazionali, ed invece il pozzo non ha mai un fondo e l’ennesima enorme bugia sull’incremento degli occupati grazie ai provvedimenti governativi ne è l’ennesima prova. Prima il presidente dell’Inps Boeri, poi il ministro Poletti e da ultimo il presidente del consiglio Renzi annunciano la creazione di nuovi 79.000 posti di lavoro a tempo indeterminato tra gennaio-febbraio 2015 e gennaio-febbraio 2014. Peccato che si tratti dell’ennesima bugia che purtroppo pochi riveleranno all’opinione pubblica, purtroppo stiamo combattendo una guerra asimmetrica, da una parte un’esercito vero e bene armato, dall’altra qualche volontario armato di sassi e fionde. I consulenti del lavoro, persone più serie della compagine governativa, financo del presidente Boeri, ricordano che nell’80% dei casi si tratta di regolarizzazioni di collaborazioni a progetto, partite Iva ed altra inutile precarietà. Quindi solo il 20% è “nuovo lavoro”. Se poi consideriamo il naturale turnover del mercato del lavoro, gli 8.060 euro di contributo pubblico per i nuovi assunti, a cui dovrebbero aggiungersi 1,5 mld di euro per il piano Youth Guarantee, un insuccesso epocale, abbiamo un effetto nullo. Alla fine il lavoro aggiuntivo è in realtà lavoro sostitutivo, pagato con i soldi pubblici. Alla faccia del rischio di impersa. Purtroppo incredibilmente ha ragione a Brunetta quando dice: «I nuovi contratti non sono necessariamente posti in più ma trasformazione di vecchi rapporti di lavoro». Ma non è tutto. Uno studio di Mediobanca esamina l’impatto del Jobs Act e della legge di Stabilità, sgravio Irap e più, sul sistema delle imprese. Nel documento si legge: quelle che più beneficeranno del Jobs Act sono Rcs, con un incremento atteso dell’utile per azione del 19,7% in tre anni, l’Espresso (+17,8%) e Mondadori (+13,5%) tra tlc, media e tecnologici. Seguono Finmeccanica (+7,7%) e Italcementi (+5,5%) tra i ciclici, Banco Popolare (+6,5%) e Bpm (+5%) tra le banche e Hera (+9%) tra le utility. L’informazione è sostituita dalla notizia. I giornalisti hanno certamente delle colpe, mentre l’occhio vigile di chi vede la realtà è cambiato. Il tasso di occupazione, già molto basso rispetto alla media europea, è calato del 5% dal 2008 al 2014, rispettivamente 58,6% e 55,7%; il tasso di disoccupazione dal 2008 al 2014 cresce dell’88,6%, rispettivamente 6,7% e 12,7%; il tasso di inattività rimane stabile al 36%. Complessivamente abbiamo più di 6 milioni tra disoccupati e inattivi che non lavorano ma quello che importa è far guadagnare alle imprese (che comunque non assumono) che comunque sono tra quelle che in Europa pagano meno i lavoratori (peraltro sempre più precari e senza diritti)
LA SOLITA PROPAGANDA SULLA DISOCCUPAZIONE
Lavoro, le solite fandonie!!! Pensavamo di aver voltato pagina riguardo alla disinformazione? Del resto il primo ministro non è più il proprietario di oltre il 50% dei media nazionali, ed invece il pozzo non ha mai un fondo e l’ennesima enorme bugia sull’incremento degli occupati grazie ai provvedimenti governativi ne è l’ennesima prova. Prima il presidente dell’Inps Boeri, poi il ministro Poletti e da ultimo il presidente del consiglio Renzi annunciano la creazione di nuovi 79.000 posti di lavoro a tempo indeterminato tra gennaio-febbraio 2015 e gennaio-febbraio 2014. Peccato che si tratti dell’ennesima bugia che purtroppo pochi riveleranno all’opinione pubblica, purtroppo stiamo combattendo una guerra asimmetrica, da una parte un’esercito vero e bene armato, dall’altra qualche volontario armato di sassi e fionde. I consulenti del lavoro, persone più serie della compagine governativa, financo del presidente Boeri, ricordano che nell’80% dei casi si tratta di regolarizzazioni di collaborazioni a progetto, partite Iva ed altra inutile precarietà. Quindi solo il 20% è “nuovo lavoro”. Se poi consideriamo il naturale turnover del mercato del lavoro, gli 8.060 euro di contributo pubblico per i nuovi assunti, a cui dovrebbero aggiungersi 1,5 mld di euro per il piano Youth Guarantee, un insuccesso epocale, abbiamo un effetto nullo. Alla fine il lavoro aggiuntivo è in realtà lavoro sostitutivo, pagato con i soldi pubblici. Alla faccia del rischio di impersa. Purtroppo incredibilmente ha ragione a Brunetta quando dice: «I nuovi contratti non sono necessariamente posti in più ma trasformazione di vecchi rapporti di lavoro». Ma non è tutto. Uno studio di Mediobanca esamina l’impatto del Jobs Act e della legge di Stabilità, sgravio Irap e più, sul sistema delle imprese. Nel documento si legge: quelle che più beneficeranno del Jobs Act sono Rcs, con un incremento atteso dell’utile per azione del 19,7% in tre anni, l’Espresso (+17,8%) e Mondadori (+13,5%) tra tlc, media e tecnologici. Seguono Finmeccanica (+7,7%) e Italcementi (+5,5%) tra i ciclici, Banco Popolare (+6,5%) e Bpm (+5%) tra le banche e Hera (+9%) tra le utility. L’informazione è sostituita dalla notizia. I giornalisti hanno certamente delle colpe, mentre l’occhio vigile di chi vede la realtà è cambiato. Il tasso di occupazione, già molto basso rispetto alla media europea, è calato del 5% dal 2008 al 2014, rispettivamente 58,6% e 55,7%; il tasso di disoccupazione dal 2008 al 2014 cresce dell’88,6%, rispettivamente 6,7% e 12,7%; il tasso di inattività rimane stabile al 36%. Complessivamente abbiamo più di 6 milioni tra disoccupati e inattivi che non lavorano ma quello che importa è far guadagnare alle imprese (che comunque non assumono) che comunque sono tra quelle che in Europa pagano meno i lavoratori (peraltro sempre più precari e senza diritti)