Creato da frattale58 il 06/04/2012

il vecchio prof

«Quando miro in cielo arder le stelle; Dico fra me pensando: A che tante facelle? Che fa l’aria infinita, e quel profondo Infinito seren? che vuol dir questa Solitudine immensa? ed io che sono?»

LETTERA A DANTE

 

AREA PERSONALE

 
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Allora quando il lavoro è finito

(e, magari, sembra averci ammazzati per non lasciar più spazio altro che per il sonno e magari neppure per quello);

quando ci si alza dai tavoli delle cene perché gli amici non bastano più;

quando non basta più nemmeno la figura della madre (con cui, magari s'è ingaggiata, scientemente o incoscientemente, una silenziosa lotta o intrico d'odio e d'amore)

e si resta lì, soli, prigionieri senza scampo, dentro la notte che è negra come il grembo da cui veniamo e come il nulla verso cui andiamo,

comincia a crescere dentro di noi un bisogno infinito e disperante di trovare un appoggio, un riscontro;

di trovare un "qualcuno"; quel "qualcuno" che ci illuda, fosse pure per un solo momento, del poter distruggere e annientare quella solitudine;

di poter ricomporre quell'unità

lacerata e perduta.


G.Testori

su L'Espresso 1975

 

LA GOCCIA

 

 

« CHE GIORNATA!LAVORARE PER CHI? »

Lettera di un condannato a morte della Resistenza

Post n°13 pubblicato il 26 Aprile 2012 da frattale58

CRUDA MA VERA

(è solo una parte della lettera)

Cari amici, dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa?

Noi stessi.

Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo nei nostri mali.

Qui sta la nostra colpa: come mai, noi Italiani, abbiamo abdicato, lasciato ogni diritto, di fronte a qualche vacua, rimbombante parola?

che cosa abbiamo creduto? creduto grazie al cielo niente, ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente.

Questa ci ha depredato e questo è il lato più roseo io credo.
Il brutto è che le parole e gli atti di quella minoranza hanno intaccato la posizione morale, la mentalità di molti di noi.

Credetemi la “cosa pubblica” è noi stessi.

Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo insomma.

E se ragioniamo il nostro interesse e quello della cosa pubblica finiscono per coincidere. Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante.

Perchè da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri.
Se non ci appassioniamo a questo, se noi non lo trattiamo a fondo, specialmente oggi, quella ripresa che speriamo, a cui tenacemente ci attacchiamo, sarà impossibile.

Come vorremmo vivere domani?

No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere.

Pensate che tutto è successo perché non ne avete voluto più sapere!

Giacomo Ulivi, 19 anni, studente di giurisprudenza.

MI COLPISCONO IN PARTICOLARE LE ULTIME RIGHE
CHE MI SEMBRANO IL SENTIMENTO DOMINANTE
ANCHE IN QUESTO MOMENTO

 
 
 
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...per certa gente

è serio il problema dei soldi,

è serio il problema dei figli,

è serio il problema

dell'uomo e della donna,

è serio il problema della salute,

è serio il problema politico:

tutto è serio

eccetto la vita.

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Chiedete a un padre

se il miglior momento

non è quando i suoi figli

cominciano ad amarlo

come uomini,

lui stesso, come uomo,

liberamente,

gratuitamente....

quando i suoi figli

cominciano a diventare uomini

.... E lui stesso, lo trattano

come un uomo libero..

Peguy

 

DAL PRIMO POST

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