il vecchio prof

Lettera di un condannato a morte della Resistenza


(è solo una parte della lettera)Cari amici, dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa?Noi stessi. Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo nei nostri mali. Qui sta la nostra colpa: come mai, noi Italiani, abbiamo abdicato, lasciato ogni diritto, di fronte a qualche vacua, rimbombante parola?che cosa abbiamo creduto? creduto grazie al cielo niente, ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente.Questa ci ha depredato e questo è il lato più roseo io credo. Il brutto è che le parole e gli atti di quella minoranza hanno intaccato la posizione morale, la mentalità di molti di noi. Credetemi la “cosa pubblica” è noi stessi. Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo insomma.E se ragioniamo il nostro interesse e quello della cosa pubblica finiscono per coincidere. Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante.Perchè da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri. Se non ci appassioniamo a questo, se noi non lo trattiamo a fondo, specialmente oggi, quella ripresa che speriamo, a cui tenacemente ci attacchiamo, sarà impossibile.Come vorremmo vivere domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete voluto più sapere!Giacomo Ulivi, 19 anni, studente di giurisprudenza.MI COLPISCONO IN PARTICOLARE LE ULTIME RIGHE CHE MI SEMBRANO IL SENTIMENTO DOMINANTE ANCHE IN QUESTO MOMENTO