il vecchio prof

L’alunno è una storia che si compie


Mi sembra interessante una parte di intervista fatta ad Alessandro D’Avenia, professore e scrittore, famoso per il libro “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, che riguarda la scuola italiana, e che io condivido: D’Avenia, il nostro sistema scolastico italiano, per come è organizzato, permette agli studenti di sviluppare il loro potenziale?Questo è il punto centrale della debolezza della scuola italiana nel contesto storico attuale. La scuola è sempre stata un po’ fuori tempo e va bene così, non deve preparare immediatamente ma mediatamente al mondo del lavoro, perché è vera palestra di conoscenza di se stessi. Molti ragazzi però finiscono un percorso durato ben 13 anni e non sanno che facoltà universitaria scegliere o non sanno se è bene far altro rispetto all’università. Lo trovo intollerabile dopo 13 anni di studio. E cosa abbiamo fatto con te per 13 anni? Ti abbiamo riempito di nozioni, ti abbiamo addestrato a fare dei test e delle prove e non ti abbiamo aiutato a conoscere i tuoi punti forti e i tuoi punti deboli? È paradossale. Non abbiamo niente da invidiare a nessuno al mondo come contenuti e percorsi didattici. Lo dico per esperienza dopo aver conosciuto sistemi educativi stranieri e aver fatto un corso di aggiornamento in una delle migliori scuole americane. Quello che ci manca invece è proprio l’approccio vocazionale e opzionale allo studio. Come dovrebbe cambiare allora la scuola italiana?L’alunno è una storia che si compie. Se siamo capaci di coltivare un seme, come è possibile non farlo con l’umano? Come è possibile riuscire persino a rovinare quelle qualità? Serve un maggiore coinvolgimento dei ragazzi nella scelta dei percorsi, che devono avere alcuni elementi comuni, forti, non opzionali. Serve inoltre un lavoro di equipe dei docenti, che oggi in Italia sono ottimi solisti. Ognuno va per conto suo (e vorrei vedere con tutto il lavoro che c’è da fare e lo stipendio da miseria…), ma alla crescita del ragazzo nel suo percorso storico non ci pensa nessuno.I genitori andrebbero coinvolti molto di più. Sono loro a conoscere quella storia e a chiedere ai docenti di incoraggiarla, sostenerla, accompagnarla, sfidarla.