THE FLOWER OF SIN

NEW YORK NEW YORK


28 Settembre 2012Prefazione. Ogni cosa che ho scritto è nata da me, non c'è mai stato un tentativo di copiare o di cercare emozioni per poi tradurle in pagine di blog, se chiudo gli occhi vedo te che mi sorridi, è passato tanto tempo, è vero, ma è rimasta sempre uguale la mia voglia di giocare e sorriderti. So che tutto quello che scrivo può essere preso, usato, copiato, per ogni tipo di situazione, per creare qualcosa, per riuscire a fare e ricreare... C'è solo una cosa che non ricreerà mai. Quello che provo per te.  Quel sabato sera di fine marzo era stato davvero senza un attimo di pace, aveva aperto il ristorante da poco più di un mese e non aveva conosciuto un attimo di tregua, dopo i sessanta giorni precedenti trascorsi a sistemarlo e a preparare i cuochi, in modo da avere un operatività accettabile, David aveva trovato tre ragazzi che facevano al caso suo, appena usciti da una scuola di cucina del Queens, aveva trovato un locale all'interno del Rockfeller Center ed era proprio quello cercava nel suo progetto originale, era al trentacinquesimo piano con vista sulla città e un affitto annuale particolarmente vantaggioso.L'idea di aprire un Ristorante Italiano gli era venuta anni prima quando parlando con alcuni amici americani avevano espresso il loro rammarico sulla scarsità di locali e sull'abbondanza di pizzerie. Così presi armi e bagagli aveva lasciato l'Italia e grazie ad un socio più o meno visibile che si era impegnato a fornire il cinquanta per cento del capitale aveva dato il via a questa nuova e stimolante avventura.David aveva iniziato da solo, il socio aveva solo fornito un appoggio economico rimanendo del tutto estraneo all'impresa, aveva altri impegni e non si era mai visto in quei tre mesi, ma in cuor suo sperava prima o poi di averlo al suo fianco con una padella in mano.Aveva chiamato il locale "La Quintessenza" aveva chiesto a tutti i cuochi un periodo di tempo per imparare al meglio i piatti che avrebbero eseguito, non dovevano essere ricercati e neppure complicati, dovevano essere semplici e decisi, a tal proposito aveva avuto due cuochi fuori quota, suo padre e sua madre erano stati con lui per insegnare alcuni passi per gli ingredienti e le quantità, tortellini, tortelli, sughi, ragù, pesce, carne, verdure, voleva e cercava di colpire i suoi clienti, accettava dai sui chef i loro consigli e aveva deciso di prendere da ognuno di loro tre portate tre cavalli di battaglia da inserire nel menù, integrandoli con altre quaranta pietanze per lo più di spiccata tipicità italiana.Appena aperto aveva cucinato per una settimana a una cifra simbolica di cinque dollari a cliente, non voleva trovare nuovi clienti, bensì correggere il più velocemente possibile gli eventuali errori nelle varie portate, il sale, i condimenti, la cottura, ma allo stesso tempo voleva capire il gradimento delle stesse.Qualche anno prima aveva avuto lo stesso compito con il ristorante che suo Zio aveva aperto sulle rive del Po, era stato molto critico con lui, indicandogli per molte sere le correzioni che lui avrebbe fatto, si conoscevano bene e si fidava del nipote perchè dopo anni trascorsi spalla a spalla in ogni tipo di lavoro ne aveva apprezzato la determinazione e la sincerità che avevano fatto superare ad entrambi più di qualche ostacolo nonostante la differenza di età e la diversità di veduta.
Aveva fatto amicizia con molte persone importanti, che avevano in qualche modo cercato di coinvolgerlo nel tranello degli affari, borsa soldi facili, ci aveva sguazzato per un po' in Italia, aveva visto molti cadere senza rialzarsi, non voleva più rischiare, ma quello che gli era capitato quattro settimane prima, il giorno successivo all'apertura era qualcosa veramente unico, in ascensore mentre saliva nel suo locale aveva incontrato due stilisti e il loro commercialista, avevano chiacchierato un attimo e poi a pranzo erano andati da lui, si erano trattenuti fino a tardi e si erano ripromessi di rivedersi di lì a qualche ora al Buddha Bar.In un primo momento ci aveva pensato ma poi anche per la curiosità di capire cosa volessero da lui aveva accettato con piacere ed ebbe la risposta ai suoi dubbi, cercavano per l'italia una persona che si occupasse del marketing e di ramificare i loro affari che negli Stati Uniti era più che un business, un punto di contatto tra i continenti, se possibile a Roma.Il primo impulso fu di chiedere ad entrambi perché proprio a lui quella richiesta per un operazione così delicata, in fondo era un perfetto sconosciuto!I suoi dubbi furono fugati all'unisono bisogna fidarsi di qualcuno che non si conosce, perché chi si conosce davvero alla fine non si conosce mai abbastanza. A quella risposta non seppe ribattere, ripromise ad entrambi di contattare un paio di persone e che nel giro di 24 ore gli avrebbe fatto sapere la sua decisione.
David era tornato a casa, un appartamento con due stanze un bagno con vasca idromassaggio e una cucina americana spaziosissima, aveva trovato questa delizia a Rosveelt Island, quasi non ci credeva, aveva delle finestre che fungevano da parete verso l'esterno a picco sul fiume, era al settimo piano e quando si affacciava vedeva lo skyline in tutta la sua maestosità, si sentiva piccolissimo, passare da una città alla campagna era stato facile, passare dalla campagna ai grattacieli impossibile, aveva scritto immediatamente una mail, la destinataria era un'amica che aveva appena perfezionato gli studi in marketing, nonostante fossero coetanei lei aveva deciso con caparbietà di iniziarli e li aveva anche conclusi brillantemente pochi anni addietro.Si erano conosciuti nel modo più improbabile e assurdo, nel solo modo che poteva far incontrare due persone così distanti eppure così vicine, il caso... La mail di lui era molto lapidaria un paio di righe, dopodomani hai un appuntamento a Roma, due persone vorrebbero conoscerti, ascolta la loro proposta, domani ti chiamo, fatti trovare.Il giorno dopo si erano sentiti e la titubanza iniziale di lei si era trasformata nell'entusiasmo di entrambi, lui rideva mentre l'ascoltava, lei tartagliava mangiandosi le parole per l'emozione, da lì a due giorni avrebbe incontrato i due stilisti e poi accettato il lavoro quasi senza pensarci. L'incarico si presentava davvero improbo ma lei, Julia, aveva perfezionato il suo inglese e dopo anni passati a lottare per farsi spazio in un mondo del lavoro nonostante tutto sessista aveva ora un'occasione davvero irripetibile, non se la sarebbe fatta sfuggire di mano per nulla al mondo.Ora in quel sabato sera David aveva spento tutto nel locale, aveva guardato la finestra, luci lampeggianti sul tetto dei grattacieli e il pensiero a una settimana prima quando questa volta il destinatario della mail era stato lui.Vengo a New York domenica prossima, starò lì tre giorni, vienimi a prendere, fatti trovare. Era stato un tuffo al cuore, non si vedevano da quanto? Si, doveva essere più di un anno e quel "domenica prossima" era domani, erano ormai le quattro, l'aereo sarebbe atterrato l'indomani sera alle sette, voleva riuscire a riposare, ci doveva riuscire anche se sapeva che ogni volta che si trovava davanti lei succedeva qualcosa di strano.L'aereo era partito in perfetto orario da Fiumicino, Julia ogni volta che si doveva spostare sentiva la tensione crescere, non riusciva più a mangiare fino a che non era a destinazione, così quel volo le sembrò subito troppo lungo, ma soprattutto sembro lungo al suo stomaco che aveva cominciato a brontolare proprio nel momento in cui l'aereo si staccava da terra, tra se e se brontolava anche lei per tutto quel nervosismo.
La sua vita trascorsi quei tre giorni a New York sarebbe cambiata, aveva trovato un appartamento vicino a Roma che sarebbe stata la sua centrale operativa, a pochi metri un piccolo capannone nuovo, aveva trovato quattro ragazzi in gamba che avrebbero viaggiato per l'Italia e due che avrebbero tenuto i contatti con gli altri paesi europei e aveva trovato un'assistente che sarebbe stata il suo braccio destro in tutto e per tutto, che confusione così all'improvviso, quel tipo l'aveva sempre irritato era sempre riuscito fargli venire i nervi quando volevo, quanto lo detestava, però era stata felice che avesse pensato subito a lei.Come poteva essere altrimenti pensò tra se e se ridendo. Aveva un vestito nero aderente, era elegantissima e nelle sue due valigie aveva portato questo mondo e quell'altro, voleva essere sicura che il resoconto preliminare fosse perfetto e anche lei voleva esserlo.Aveva preso una laurea in marketing alla soglia dei quarant'anni, aveva deciso di riprendere gli studi da poco e in un lasso di tempo altrettanto breve era riuscita a laurearsi, aveva trovato un lavoro che non la soddisfaceva del tutto, cercava uno stimolo più deciso che fosse in grado di sconvolgerla con maggiore trasporto, una nuovo sfida che la facesse crescere in tutto quello che adorava fare e alla fine, tanta caparbietà era stata premiata.Ora era su quell'aereo, sarebbe arrivata intorno alle 18 e 30 ora di New York, il viaggio era ancora lungo, odiava volare e le turbolenze erano particolarmente fastidiose, di dormire neanche a parlarne, abbassò lo sguardo sui suoi appunti e si concentrò sul discorso che avrebbe dovuto fare.David entrò in casa stravolto, andava sempre a finire così il sabato sera, si ripeteva che arrivati ad una certa ora avrebbe dovuto cominciare a chiudere e invece, tra le chiacchiere dei clienti nelle quali veniva coinvolto, qualche battuta, qualche italoamericano che veniva a cenare con la famiglia e che ricordava i vecchi tempi, qualche amico di passaggio, insomma non era mai a casa prima dell'alba, ma tutto sommato non era neanche tanto male, parcheggiò la macchina nel garage e salì in casa, invece di andare a dormire rimase a guardare la città e l'East river, il silenzio a quell'ora della notte era quasi irreale, molto diverso dal frastuono giornaliero che accompagnava ogni singolo istante della vita della grande mela; rimase così in silenzio ancora un attimo si voltò e guardò la stanza in penombra, i libri che aveva deciso di portare con lui erano ordinati sulla mensola guardava le copertine e pensò a quello che ogni singola pagina raccontava, ma soprattutto pensava a quello che aveva letto insieme a lei. Strane certe emozioni, quando arrivano, come arrivano, come ti stravolgono, cosa ti danno, cosa riescono a dare ad un'anima che si perde in una vita fatta di apparenza.Al buio accese l'impianto stereo, nell'aria l'inizio di una musica lieve, pianoforte, il volume bassissimo, si era mosso verso la camera, togliendosi scarpe, pantaloni e camicia rimase così, con i soli boxer, si sdraiò e guardando il soffitto pensò ad un pomeriggio che l'aveva incontrata, i loro baci, le loro mani, il corpo di lei, il silenzio, le parole, i sorrisi, il pianoforte accompagnava i ricordi la mente li viveva in quel momento, sentì un brivido e un tocco lo fece rabbrividire, l'avrebbe rivista e a quel pensiero abbracciò il cuscino e si addormentò.Julia aveva acceso il suo portatile, davanti a se una serie di proposte, foto di abiti, scarpe, accessori, cercava spunti in mille pagine internet, il piccolo mouse scartava velocemente sul minuscolo tavolino dell'aereo, un attimo prima sbirciava la collezione di Armani, un attimo dopo era da Prada, poi Hilfiger e Klein, non si fermava, scaricava foto, filmati, cercava colori e stoffe e tutto quello che trovava veniva salvato in maniera certosina in cartelle nominate meticolosamente che poi sarebbero servite per dare spunti alle idee e a quello che il mercato europeo avrebbe potuto richiedere per la prossima stagione.Doveva pensare anche a Milano, avrebbe dovuto contattare nuovamente due persone che gli aveva fatto conoscere David per la settimana della moda di fine febbraio. Aveva già trovato il posto, trovato i fotografi, i truccatori, i parrucchieri, cercava disperatamente un buon deejay per animare con gusto i passi delle modelle, ma soprattutto che sapesse conciliare le idee dei due stilisti con una musica adatta. Chi diavolo gliel'aveva fatto fare di accettare una sfida così? Chi diavolo poteva essere tanto pazzo da proporre una cosa così mastodontica? La sua mente per un attimo staccò dal monitor e sorrise, penso a lui, al suo viso, alla sua pelle liscia, al suo sorriso alle sue mani e ai suoi occhi. Si lasciò andare sprofondando nella poltroncina, a bassa voce sussurrò "Sei sempre tu quel pazzo" si rilassò quel tanto che le bastò per addormentarsi.
 Davide si era svegliato a pomeriggio inoltrato, aveva sistemato un po' la confusione che regnava perennemente nell'appartamento, aveva fatto una doccia, rinunciando all'idromassaggio, si era sbarbato e tagliato, la tensione non gli faceva tenere la linea del rasoio, aveva imprecato e riso per quanto si sentiva sciocco, aveva indossato un paio di pantaloni color sabbia e una camicia azzurra, scarpe chiare, aveva fatto una telefonata al locale, dove i preparativi venivano seguiti con la massima attenzione, quella sera il locale sarebbe rimasto chiuso e gli unici due clienti sarebbero stati il proprietario e una donna italiana.Uscì di casa in stato confusionale, non capiva dove si trovava, come un automa salì sul suo maggiolone azzurro e iniziò a guidare verso il La Guardia, tra se e se si ripeteva le frasi che avrebbe potuto dirgli, come avrebbe cominciato? Gli avrebbe dato un bacio o stretto la mano? L'avrebbe menato? Gli avrebbe detto quella parola che spesso pronunciava quando lui ne combinava di tutti i colori? Come sarebbe stato il viso di lei? Non ce la faceva più, arrivò come un missile al parcheggio degli arrivi, trovò un posto proprio vicino all'uscita ed entrò nell'atrio, guardò il tabellone, Roma atterrato, da cinque minuti, facendo i calcoli tra controlli bagagli e rituali doganali non sarebbero usciti da lì prima delle otto.Si era svegliata quando il comandante annunciava che a causa di un leggerissima deviazione sull'atlantico dovuta ad un sistema nuvoloso sarebbero atterrati almeno con venti minuti di ritardo, lei aveva pensato subito, tanto aspetta, figurati se non mi aspetta. Aveva fatto ripartire il suo portatile che era andato in standby e aveva ripreso la sua ricerca da dove si era interrotta poco prima. Quando l'aereo iniziò la discesa un vuoto d'aria l'aveva fatta sobbalzare e un attimo dopo il carrello toccava il suolo americano, l'aereo atterrò senza il minimo problema e una volta che si erano aperti i portelloni i passeggeri erano praticamente nel terminal dell'aereoporto, mentre aspettava i bagagli iniziò a guardarsi intorno, nessuno, non vedeva nessuno ad aspettarla, eppure non era piccolo, dove diavolo si era messo? E se si era dimenticato? Sul nastro trasportatore arrivarono le sue valigie, le prese e si diresse verso l'uscita delimitata da nastri. David si era nascosto dietro una colonna e l'osservava. Gli si era azzerata la salivazione, la vide passare a pochi passi da lui, i capelli neri erano lisci e perfetti, gli occhi scuri sembravano scrutare ogni più piccolo movimento, era bella da star male, minuta in quel vestito nero che azzardò fosse di Armani, le scarpe con un po' di tacco molto probabilmente LaBoutin indossate con eleganza, senza ostentare quell'indiscutibile stile che veniva esaltato e mitigato al tempo stesso con la sua semplicità.
 David si spostò rapidamente e arrivò alle spalle di lei che trascinava due specie di bauli, con un filo di voce sussurrò il suo nome, si voltò, in quell'istante forse neanche l'universo sa bene cosa dire, quando due anime si cercano e si trovano così una di fronte all'altra, come due viaggiatori che vagando per il mondo senza mai incontarsi riescono a incrociare i loro cammini, nel posto più improbabile, nella situazione più meravigliosa e assurda.In quel momento l'aeroporto scomparve, c'erano solo loro su quello scoglio del Queens, uno di fronte all'altra in silenzio, gli occhi negli occhi, niente parole, immonbili, per minuti che parvero non passare, ma che sarebbero rimasti impressi nei loro pensieri. Lui ad un certo punto sorrise. "Benvenuta a New York, vedo che gli anni passano anche per te." Lei sorrise e la sua risposta era quella che lui aspettava "Stronzo!". "Ecco vedi solo per questa espressione e per il tuo sorriso mentre la dici valeva la pena fare il viaggio fino a qui, che vuoi fare? Rimanere in piedi con le valige in mano o pensi che sia il caso che le porti io?", "Non cambi mai" e lasciò le valige avvicinandosi a lui e le braccia intorno alla vita per abbracciarlo con un gesto lento quasi misurato, lo tirò a se per sentire il suo profumo e il suo odore, rimase con il viso immersa nel petto di lui e poi staccandosi avvicinò le labbra alla sua guancia e schioccò un bacio.